“Devo fare presto perché il tempo passa e non ritorna più“.
Questo scrivevo a dieci anni, in un tema ritrovato tra le poche carte salvate dalla furia distruttrice di mia madre, forse per reazione ad una madre conservatrice seriale. Ed il tempo è stato uno degli argomenti che più ho indagato nel dipingere, nello scrivere, nel mio quotidiano, non perdendone un istante.
Affascinata e trascinata da quelle ore scritte dal mutevole colore del cielo e disegnate sugli orologi dalle lancette, mi sono messa alla ricerca di orologi rotti, degli ingranaggi dai meccanismi per me così misteriosi ed ho raccolto questo prezioso tesoro in una vecchia scatola di latta. Aprirla è per me, una incredibile quanto inspiegabile emozione. Come se potessi entrare nel tempo, non più una ipotesi, non più qualcosa di intangibile, ma come se ne diventassi padrona.
E torno al primo orologio della mia vita che è stato il cielo. Osservare il cammino del sole e cercare di indovinare che ora fosse, era la scommessa che facevo con me stessa, vincendo quasi sempre. Questa attitudine mi ha poi portato a cercare la luce giusta nei miei quadri.
Ma quale è l’orologio del cuore? Quello a cucù , di legno biondo. L’ho amato quando era appeso nella casa di montagna e l’ho amato nel ricordo quando non era più mio. Mille orologi potrò sentire, ma mai potranno sostituire quel ticchettio, la reiterazione di quel Cucù che testimoniava il passaggio di ogni ora. Un orologio simbolo delle cose che sono entrate nella mia vita, cose, di cui ho amato raccontare la storia. Quando, come perché erano venute in contatto con me? Perché tanta attenzione, tanta importanza, tanto affetto?
Perché?
Ancora una volta, il mio amato Borges, mi è venuto in soccorso per aiutarmi a comprendere il valore dei ricordi incollati alle cose. Dopo avere letto la sua poesia, l’elogio dell’ombra, l’ho fatta mia, l’ho elaborata e tutto mi è sembrato più chiaro e chiara la mia passione per le cose e per il tempo.
E con quell’orologio e non solo, ho parlato: Io ricordo ciò che tu non sai e non potrai mai sapere. Tu sei stato una mia cosa e ti ricorderò, ma tu non ne avrai memoria che io lo so.
E quando non ci sarò più. Tu non mi ricorderai, ma porterai in te il mio ricordo e grandi e forti energie si diffonderanno nell’aria e tu non lo saprai mai che io ti ho vissuto e che sei stato mio, mentre io non sono mai stata tua. Quando altre mani ti prenderanno io ancora sarò nel tuo ricordo e tu non lo saprai mai che eternamente io sarò, nel tuo ricordo che non c’è.
Ed ecco allora che quando ti faccio dono di una mia cosa, ti regalo non già me stessa, ma parte del mio tempo. Quello che quella cosa ha vissuto e non lo sa.
Nadia Farina