- Al tempo degli uomini delle caverne…
- Degli uomini?- Interruppe la studentessa- E le donne, non c’erano?
- C’erano, c’erano, ma forse, è meglio che ricominciamo da capo e facciamo un po’ di ordine.
Il professore prese in mano il libro di storia, e in modo poco ortodosso, davanti agli studenti sbigottiti, lo gettò in aria.
- Sarebbe quasi ora di spiegare come stanno veramente le cose.
E cominciò la sua lezione
- Viviamo in un’epoca in cui femminismo e femminicidio vanno a braccetto. L’uno antitesi dell’altro- Il desiderio, la necessità dell’affermazione della donna e al contrario, il suo annientamento da parte degli uomini che non accettano la sua indipendenza, hanno condotto questa società sul ciglio di un burrone. Basta un niente perché esplodano episodi di sopraffazione e violenza. Ma perché è accaduto che queste parole invadessero il nostro vivere? Si parla sempre degli “ Uomini delle caverne” dimenticando che sono state le donne, nel momento in cui lasciavano una comunità, a creare le prime fusioni e contaminazioni in fatto di usi e tradizioni, creando così il progredire della società. Per secoli le donne sono state invisibili quasi inesistenti. Cosa che porta poi le donne ad un esasperato bisogno di rivalsa che sfocerà nel femminismo in epoca moderna.
- Come è accaduto?
- Sono stati gli uomini, per secoli, a dare invisibilità alle donne, a raccontarle come inutili ed incapaci di fare qualunque cosa fosse utile al sostentamento della “famiglia” nelle caverne, In particolare, negli ultimi due secoli, seguendo una ideologia che divideva gli esseri umani in base alla razza e al genere, imponendo una divisione marcata dei ruoli, sono state relegate all’unico compito loro concesso: Riprodursi e curare la casa senza porsi troppe domande, né fare troppi ragionamenti. Questo modo di pensare, difficile da sradicare, è andato avanti fino a quando le donne non sono diventate esse stesse antropologhe, archeologhe, ricercatrici di filosofia e sociologia. Poco importa che la Storia ci abbia tramandato grandi figure di donna, Giuditta, Cornelia, Sant’Elena, Santa Caterina, Giovanna d’arco, Anita e tante tante altre ancora, poiché le loro vicende sono passate nella memoria comune come fatti eroici ed isolati, ma difficilmente come quelle che hanno creato un nuovo modo di pensare, che ha fatto poi la differenza.
- Ma chi era la “donna della età della pietra?
- Nel più antico ritratto che ci è dato conoscere, risalente a 30000 anni fa, ha il collo lungo, un viso ovale e una acconciatura elaborata. La donna della età della pietra usa un pettine di osso: il primo pettine, un bastoncino al quale erano state legate spine o denti di animali. La prima acconciatura fu una lunga spina che teneva i capelli raccolti. Usa unguenti e polveri colorate che conserva in recipienti di argilla. A parte questi dati puramente estetici sarebbe interessante leggere il libro La preistoria è donna, della storica francese Marylène Patou-Mathis , in cui la realtà di una donna sottomessa, spesso violentata, inutile al progresso della umanità, viene completamente rivalutata.
La moderna archeologia ha infatti scoperto che le donne fin dagli albori furono abili cacciatrici, artigiane, nonché artiste. Le Grotte delle “mani” ritrovate in Argentina, in Spagna, sono oggi attribuibili non solo alla creatività e capacità maschili, ma anche a quella femminile e sono ben otto le grotte che portano i segni distintivi della creatività femminile. Per quanto riguarda invece l’universo femminile, soffermandoci al momento solo al mondo antico passando attraverso varie culture, e una documentazione anche iconica, cerchiamo La Donna Egiziana, Assiro Babilonese, Fenicia, Ebrea, Cretese, Persiana, Greca- nei due periodi Dorico e Ionico ed altro ancora…Nel momento in cui però non troviamo immagini femminili come ad esempio, della donna persiana che doveva risultare invisibile, si può comprendere anche la mentalità di un popolo. La storia del costume quindi, la storia della vita e dei compiti di una donna attraverso i secoli, rende una visione sufficientemente chiara del valore che veniva dato alle donne, sorvolando sul fatto che in ogni epoca la donna ha portato innovazioni, invenzioni, che ancora oggi riscontriamo e non solo nell’abbigliamento femminile. Se come si è portati a credere, le donne abbiano fatto tutto e di tutto solo in funzione degli uomini, la storia smentisce questa credenza. Anche se può sembrare strano, ha pensato soprattutto alla valorizzazione ed al piacere di sé stessa e agli uomini da lei scelti in piena libertà. Fin dagli albori ha pensato di profumarsi e di rendere la pelle come seta. La donna egizia sfoggiava un cono di pasta profumata sul capo, che con il calore del corpo diffondeva odorose fragranze. Quasi tutte le donne hanno amato contornare gli occhi di un bistro nero che serviva ad ingrandirli, coloravano le palpebre e indossavano parrucche, da quella blu scuro egiziana, a quella bionda, greca. Si sono ingioiellate anche quando il compagno, marinaio, mercante, o pirata, la lasciava sola per molto tempo perché cultrici della bellezza e della armonia. Hanno ideato collane di fiale di profumo da portare intorno al collo, hanno acconciato i capelli nei modi più svariati arricciati, ondulati, con le treccine, ma sempre lunghi, ritenendoli un segno distintivo di femminilità e seduzione, ma anche di forza. La donna cretese inventa il vitino di vespa, la coda di cavallo- la donna greca, dopo avere camminato per un lunghissimo tempo sempre a piedi scalzi, in casa e fuori, crea il primo stivaletto (una suola di cuoio trattenuta da nastri in pelle, da portare sotto la pianta del piede, chiamato Carbatina. Gioielli, monili di ogni tipo, collane, braccialetti, anelli, fibule, frange, specchi di metalli riflettenti, cammei, spilloni, cavigliere, nel quinto secolo anche la comparsa di ventagli, furono il corredo di ogni donna insieme alla creazione di oggetti di uso comune e pratico.
La donna persiana, e qui siamo alle radici dell’abominevole usanza di non poter mostrare alcuna parte del corpo, comprese le mani, ma soprattutto i capelli, nascosti sotto veli e tuniche, cercavano di valorizzare l’unica parte scoperta, il viso, con i trucchi creati dai Kosmetai, maestri nell’uso di creme, belletti e polveri colorate da loro inventate, mentre le donne del popolo raccoglievano “l’iris Tuberosa”, una radice che triturata fino a ridurla in poltiglia, procurava anche un forte bruciore sopportato stoicamente.
Senza andare oltre, il risultato di una cultura e di un racconto maschilista ha portato in modo subliminale gli uomini a credere di essere padroni della donna, di essere i registi della sua vita, nonché nei casi esasperati, anche della sua stessa vita. Ecco perché ragazzi, ho gettato per aria il libro di storia. Proviamo tutti insieme a riscriverla, armati di verità e buona fede. Forse, fra cento anni, qualcosa cambierà.
Nadia Farina
La foto è un’opera di Nadia Farina- Forza di donna