Mer. Feb 19th, 2025

La maschera fin dalle sue origini assolve varie funzioni, non dimentichiamo l’importanza delle maschere nei popoli tribali. Sono simboli della natura, del mondo animale, dell’occulto e del trascendente magico. Nel tardo medioevo il travestimento e le maschere si diffondono nei carnevali delle varie città e regioni, diversificandosi e mettendo in luce soprattutto vizi e difetti, e per schernire le gerarchie, togliendo a queste autorità ed importanza.

Grande diffusione ebbero, utilizzate fin dalla metà del cinquecento, dalla Commedia dell’arte, in risposta al teatro delle corti, che nasceva da un canovaccio che descriveva per sommi capi una vicenda, lasciando poi alla improvvisazione degli attori, mascherati e spesso dilettanti, lo svolgersi della storia.

In questo periodo, in vari momenti della storia del Carnevale, e in molti popoli,  re,  regine e tutta la corte, nonché  i cosiddetti signori, si confondevano per le strade con i poveri, ne assumevano gli abiti, e gli schiavi per un giorno soltanto, diventavano padroni. I ruoli sociali quindi, si invertivano: gli uomini si vestivano da donne e viceversa, i poveri da ricchi, i ricchi da accattoni o da giullari.

Per tutto questo però era necessario paradossalmente “gettare la maschera” facendo cadere appunto, la maschera dell’ipocrisia, e mostrandosi nella verità del proprio essere senza essere riconosciuti.  All’inizio le maschere erano dipinte con feccia di vino e succo di more, solo in seguito, ci fa sapere Virgilio, furono fatte con corteccia d’albero, legno, cuoio, perfino metallo;sono sempre presenti in ogni cultura e nascono come maschere degli antenati e dei defunti.

Vi sono poi le maschere che hanno fattezze animali, come quelle dei lupi o delle capre, e infine le maschere umane, che permettono, come si è detto, di invertire i ruoli maschio e femmina, ricchi e poveri, giovani e vecchi. Nel teatro classico le maschere erano indossate dagli attori per amplificare la voce e impersonavano tipi fissi.

Le maschere italiane nacquero a Venezia e sono già ricordate verso la fine del 13° secolo. Erano usate per diversi scopi, anche quello di nascondersi agli occhi della gente. Da Venezia si diffusero in Italia e in Europa e furono adottate dal teatro dell’arte. Ebbero la massima diffusione nei festini di Carnevale del Settecento, in cui conobbero grande fama personaggi come Rosaura la dama, Florindo l’innamorato, Lelio il bugiardo, inseriti da Goldoni nelle sue commedie.

Le maschere celebrano le tradizioni delle città e delle regioni d’Italia: il Piemonte con Gianduia, Bergamo con Arlecchino, Venezia con Pantalone e Colombina, innamorata di Arlecchino, Milano con Meneghino, la Toscana con Stenterello, Roma col Sor Tartaglia, con Rugantino e Capitan Spaventa, Napoli con il mitico Pulcinella,  la Sicilia con Peppe Nappa e i personaggi della tradizione dei Paladini.

Pulcinella, Arlecchino E Brighella: Tre maschere diverse, ma con un antenato in comune, che riassume tutte le caratteristiche delle maschere della Commedia dell’Arte da esso derivate. È lo Zanni, cioè Gianni, che già nel nome rivela il proprio luogo d’origine: la Val Padana. La maschera di Zanni nasce nella seconda metà del XV secolo e si sdoppierà in due Zanni: dal primo deriveranno i più furbi Brighella e Truffaldino, dal secondo i servi delle burle, Arlecchino e Pulcinella.

Arlecchino quindi,  nasce con ogni probabilità da Zanni, una maschera dalle attrattive particolari , ambivalenti ed ambigue, l’una il contrario dell’altra.Fin dai suoi esordi come servo sciocco,  il costume e la maschera di Zanni hanno avuto anche un che di sinistro, quasi demoniaco, come, d’altronde, Arlecchino. I suoi pantaloni e la camicia bianchi, quest’ultima legata in vita con una corda, riportano ad un certo costume del mondo contadino, ma anche a quello misterico  delle anime dei defunti.

I tratti demoniaci nella maschera dal naso lungo, l’espressione corrucciata, sono le caratteristiche della maschera sul viso e stigmatizzano il Carnevale,  il momento in cui il demoniaco e il buffo s’incontrano, per permettere alle persone di ridere delle proprie paure.

E Shakespeare? William Shakespeare dimostra di aver conosciuto questa maschera perché, intorno al 1590, la parola zany compare nella sua commedia Pene d’amor perdute. Nella scena seconda del quinto Atto, uno dei personaggi, Lord Berowne, parla di “zany”, cioè di “Qualche spione, qualche leccapiedi, qualche inconsistente buffone”.

Quindi, già a fine XVI secolo, Zanni era passato da maschera dell’orrore a maschera che diverte in modo stravagante.

Pierrot: Il nome  potrebbe far pensare che questa maschera venga dalla Francia, poiché  è in Francia che ha trovato i caratteri che lo hanno reso famoso,  Pierrot è nato in Italia, con il nome di Pedrolino , ma quali sono queste caratteristiche?

E’ una versione dello Zanni, creata a fine Cinquecento da uno dei comici della Commedia dei Gelosi,  Giovanni Pellesini. Come altre maschere della Commedia dell’Arte, all’inizio ha un carattere dalla doppia sfumatura, perché è un contadino a volte furbo, come Zanni, a volte ingenuo. I suoi tratti caratteriali sono andati definendosi nel corso del tempo.  In Francia Pedrolino ha dovuto adattarsi al gusto della corte francese e cambiare nome, diventando Pierrot ed ha perso quasi tutta la sua furbizia, trasformandosi in un eterno romantico, innamorato a volte della luna, a volte di Colombina,  che però ama Arlecchino.

In Francia vive amori impossibili e, mentre tutti gli altri servi sono ossessionati dal cibo, Pierrot pensa al suo amore, quindi è il più sentimentale tra le maschere..

I CARRI ALLEGORICI:

Nel Rinascimento i carri carnevaleschi esibivano la grandezza dei signori e permettevano al popolo sfrenati baccanali: “Quant’è bella giovinezza, / che si fugge tuttavia! / Chi vuol esser lieto, sia / del doman non c’è certezza”, cantava Lorenzo il Magnifico,  durante i grandi Carnevali di Firenze. Anche a Roma, Milano, Bologna, Ferrara, Mantova, si costruivano carri allegorici che rappresentavano scene mitologiche, episodi della Bibbia, allegorie di vizi e di virtù, storie della Grecia e di Roma, segni astrologici, favole e leggende dei santi. Antico simbolo trionfale romano, ma anche biblico, ripreso nel Medioevo con il Carroccio, simbolo di libertà cittadina e popolare, Il Carro Dei Trionfi Di Carnevale diviene nel Rinascimento strumento di una propaganda politica e culturale che costruiva una visione del mondo ricca e articolata offerta al popolo, dalla èlite al potere. Sui carri allegorici sfilano naturalmente anche le machere della tradizione, della Commedia dell’arte e dei personaggi più in voga nel momento per onorarli o schernirli.. Mascherarsi sembra essere una necessità dell’uomo, che attraverso la scelta di una particolare maschera, esprime il suo io più nascosto e profondo. Una necessità che almeno una volta l’anno lo libera dall’apparire per essere semplicemente.

Nadia Farina

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