Sab. Feb 1st, 2025

Prima di raccontare le origini del Carnevale, sarà bene ricordare che la tradizione popolare ne fissa l’inizio il 26 dicembre, subito dopo il Natale, tuttavia viene ormai celebrato in ogni luogo in Italia, il 17 gennaio, festa di Sant’Antonio abate, e si conclude il martedì grasso, giorno che precede il mercoledì delle Ceneri, quando comincia la Quaresima. Questa data non vale per il Carnevale ambrosiano che perdura fino al sabato compreso.

Le origini del Carnevale sono inizialmente religiose. Sin dalla notte dei tempi, i popoli solevano celebrare l’inizio dell’anno con feste riti e cerimonie che fossero portatrici di buoni auspici. Gli egiziani offrivano  in olocausto al dio Nilo dei buoi bardati a festa con le corna ricoperte di tessuti d’oro. Se ne ha notizia anche in Grecia, ma fu a Roma, che ai primi di gennaio, si offrivano doni al dio Giano, a cui era consacrato il primo del mese, considerato protettore della casa, che le feste cominciarono ad avere una identità che potesse essere ricondotta al Carnevale.

 E’ la grande festa del periodo invernale. Nei tempi antichi il Carnevale era anche la festa della fecondità della terra, che doveva svegliarsi dopo il sonno invernale e nutrire le mandrie, le greggi e gli esseri umani. Univa i riti di fecondità con l’allegria. Ridere sconfigge la morte e il lutto: tradizioni antichissime collegano il riso, le danze e le burle, alla fertilità della natura e degli uomini.

 Il passaggio dall’inverno alla primavera permetteva un contatto con il mondo dell’aldilà; i morti reclamavano cerimonie in loro onore, come oggi accade nelle società primitive che venerano i morti nei periodi del cambio di stagione. A febbraio, dice il poeta Ovidio  “si onorano anche le tombe, si placano le ombre degli avi e si portano piccoli doni sui sepolcri. Poco chiedono i Mani, (anime dei defunti che ogni tanto si credeva tornassero) gradiscono la pietà come un ricco dono… Basta coprire la lastra con corone, offerte, basta spargere grano con un poco di sale, con preghiere e gesti del rito”.

Nello stesso periodo a febbraio si celebravano nell’antica Roma vari riti che hanno lasciato le loro tracce nel Carnevale attuale. Febbraio  infatti, era il mese delle purificazioni. Lo scrittore latino Macrobio ricorda che il mese era dedicato al dio Februus: “Durante questo mese bisogna purificare la città e celebrare i riti funebri per i Mani, divinità del mondo sotterraneo”.

Ma prima della purificazione ci si doveva divertire. In onore di Dioniso, si celebravano festeggiamenti orgiastici e senza limiti, che sfociarono poi nei Baccanali, dove la gente si portava nelle strade mascherata e senza freni. L’intera città si trasformava in un postribolo dove uomini e donne di ogni età e ceto, si  lasciavano andare ai peggiori istinti. Il Senato romano dovette perciò imporre un freno offrendo al pubblico ludibrio, i “ colpevoli” di questi eccessi,  con  lo spettacolo dei loro corpi martoriati dalla frusta, per le donne, e agli uomini era invece riservata una corsa dietro a vecchie matrone, completamente nudi, imponendo poi un rigore morale di comportamenti che durò per un certo tempo.

Esiste una data che ufficializza la festa del Carnevale, tempo di spasso e di baldoria,  ed è a Roma, nel 263, durante i i Saturnali, all’epoca della costruzione del tempio In onore di Saturno,  che secondo il credo dei tempi, aveva reso felici gli uomini e fecondata la terra,  che si organizzavano feste di piazza con giochi e tornei dove si eleggeva il Re della Festa durante la quale alla fine veniva bruciato sulla piazza, un fantoccio gigantesco vestito in modo sgargiante con un viso corrucciato conscio della sua fine.  

Il Carnevale segna comunque, in tutti i popoli, il passaggio dall’inverno alla primavera. Facendo morire poi, il fantoccio che lo rappresenta, i contadini bruciano anche Belzebù, che ostacola la rinascita della natura. Ai Saturnali si pensò di riunire le Opalia, in onore della moglie di Saturno, e le Sigillaria, in onore di Giano e di Strenia, la dea dei doni (le strenne natalizie hanno quindi origine da lei?). Altre feste caratteristiche che si vivevano in grande allegria e sfrenatezza sono  I Lupercali, , feste antichissime in onore di Marte e del dio Fauno, in ricordo della lupa che aveva allattato Romolo e Remo. Durante le cerimonie di purificazione e di commemorazione si intrecciavano riti di fecondazione, durante le quali ogni scusa era buona per lasciarsi andare e assoggettarsi a qualunque piacere in virtù di una desiderata e sospirata nascita futura

Con l’avvento del Cristianesimo, le feste persero sempre più la connotazione pagana e profana, ma non per questo diventarono morigerate, anzi, per certi versi, furono addirittura più sfrenate dei Baccanali. Il nuovo cristianesimo cercò infatti di porre fine alla lussuria e alla sfrenatezza di queste feste, senza riuscirvi tanto è vero che proprio con  la  festa di Sant’Antonio abate, patrono del fuoco e degli animali, si dà inizio alla festa di Carnevale. Per moralizzare gli eccessi, comunque,  venne nominato addirittura un “ assessore ai divertimenti”.  

In questo periodo, in vari momenti della storia del Carnevale, e in molti popoli,  re,  regine e tutta la corte, nonché  i cosiddetti signori,  indossando una maschera, si confondevano per le strade con i poveri, ne assumevano gli abiti, e gli schiavi per un giorno soltanto, diventavano padroni. I ruoli sociali quindi, si invertivano: gli uomini si vestivano da donne e viceversa, i poveri da ricchi, i ricchi da accattoni o da giullari.

Con la storia del Carnevale si può ripercorrere la storia degli uomini, del bisogno di rivalersi su chi vive una migliore condizione, di ribellione alle ingiustizie, alle prevaricazioni, del desiderio di rivincita, di trasgressione, della voglia di liberare gli istinti più nascosti, diventare altro da ciò che si è, con un momento però di verità assoluta se pure nascosti dietro una maschera. che può oggi però,  diventare  metafora dei social dietro i quali si nascondono spesso offese ed inganni, lasciando ai benpensanti il desiderio di urlare quel liberatorio: Giù la maschera!

Nadia Farina

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