L’arte è una madre generosa che genera molti figli, l’unica cosa che pretende, senza chiedere mai altro, è la sincerità di intenti, l’onestà intellettuale. Poco importa se chi opera in nome suo sia importante o sconosciuto, riesca ad emergere e invece, pur dotato di grande talento, sia da fortune contrarie, costretto nell’ombra. La capacità di creare non sempre purtroppo risponde ad un risultato pratico. Ma l’artista quello vero, sente già di essere un privilegiato.
Ma la domanda come diceva qualcuno, nasce spontanea: Ha ancora un senso fare, parlare, vivere d’arte? Ha ancora un senso, in un mondo in cui il denaro sembra essere l’unico scopo della vita di un mondo di folli? L’arte, ha ancora un posto, una nicchia in cui rifugiarsi e dare rifugio alle angosce del cuore e della mente? L’arte come una preghiera si eleva al cielo e chiede giustizia per l’uomo che crede in un diverso possibile esistere, e come una preghiera è detta anche per chi non crede. Deve pur esserci nell’arte un valore assoluto se tanti hanno sofferto per comunicarla, se tanti hanno speso la loro vita alla ricerca di una possibile verità, quella che si nasconde tra le parole di un libro, tra i colori di un quadro, tra le linee di un disegno. Una ragione deve pur esserci se per l’arte un artista dimentica di bere o di mangiare, rifiuta il sonno ristoratore alla ricerca di un colore, quello, non un altro; una parola, quella, non un’altra.
Sarebbe più facile per lui, ma non più felice, se riuscisse ad accettare l’impossibile compromesso con se stesso, se riuscisse ad accontentarsi, se sapesse adeguarsi a come vanno le cose. Ma l’arte, quella con la A maiuscola, è una cosa seria, troppo seria per finire in mano ai giocolieri della parola e del pensiero, agli imbonitori di un vacuo mercato, ai critici senza scrupoli, ai venditori di fumo. L’arte va rispettata come un bambino innocente, solo così l’uomo potrà farla tornare nella sua vita, solo così, gli potrà restituire onore e dignità.
E attaccare una banana su una tela, è rispettare l’arte? Ma prima ancora, dalla famosa merda d’artista di Piero Manzoni, è stata rispettata l’arte? E allora, Che cosa è l’arte?
La risposta non è facile. Posso dire cosa io, credo che sia.
L’arte è la somma di una infinità di tessere che si racchiudono in una parola sola: Armonia.
Armonia che non vuol dire opera “bella”, anche la terribilità di un quadro può essere armonica, ma un’opera d’arte deve rispondere a quel mixer di sentimenti che coinvolgono occhi mente cuore pelle. In una parola deve entrare prepotentemente in colui che guarda e poi moltiplicargli il pensiero, farlo viaggiare.
Ma può il mio gusto personale stabilire cosa è arte e cosa non lo è?
Basta che un’opera non risponda al mio gusto, perché non la consideri arte? E ancora, non è un profano dell’arte che può stabilire la qualità di un’opera, (ma il profano può sentire senza capire), non è neanche la sua grande divulgazione (spesso pilotata da altri interessi) che la rende Grande opera.
Il mondo dell’arte ricco e variegato con migliaia di protagonisti, confonde le certezze.
E allora?
Penso che la risposta a questa domanda possano darla solo il tempo e lo storico, che questo tempo studia, non il critico.
Chi può infatti affermare in tutta certezza cosa sia l’arte: perfezione, provocazione, rottura con gli schemi del passato, intelligenza, capacità di vedere e di rifare?
Credo che nessuno potrà mai dare una risposta che abbia un valore assoluto, mentre invece, solo lo storico può fare luce sul valore dell’arte, solo lo storico a cui è dato descriverne il racconto, rivela come l’artista non sempre può convivere con le sue opere che mostreranno il loro valore solo se riusciranno a sopravvivergli.
Ma quando l’arte diventa specchio dei tempi? Una società che macina immagini, e non solo, che riflettono un tempo, ma non dà il tempo di riflettere, può ancora definirsi creatrice d’arte?
Tornando alla Banana di Cattelan che è stata venduta al prezzo di 6 milioni ed oltre, più che il prezzo, provocatorio, dissacratorio ciò che più sconvolge è il commento fatto dall’acquirente di tale opera: Perchè l’ho comprata? Semplice: La mangerò.
E perché la mangerà? Per diventare egli stesso opera d’arte diventando protagonista del gioco dell’assurdo, poiché ciascuno allora, dopo avere creato e non solo concretizzato un pensiero per cui quel pensiero diventa un’opera, sarebbe autorizzato a pensare “Avrei potuto farla anche io”
E’ bene ricordare a questo punto un aneddoto che riguarda Picasso.
Durante una mostra, una signora gli si avvicinò e gli disse “ Maestro, ma è facile, avrei potuto farla anche io” al che Picasso rispose “ “Certo, ma io ho impiegato molti anni ”. E allora? L’arte si definisce tale quando vale per se stessa o è tale quando un artista vi appone la firma? Bastano gli studi e una approfondita ricerca per dire di avere creato un’opera d’arte? Da cosa nasce il valore milionario di un’opera d’arte, dove non sempre il prezzo corrisponde al valore. Infatti un’opera di prezzo può non avere grande valore, ed un grande valore non sempre ha grande prezzo.
Tiziano Terzani nel suo libro “ La fine è il mio inizio” scrive:
L’arte, quella vera, quella che viene dall’anima, è così importante nella nostra vita. L’arte ci consola, ci solleva, l’arte ci orienta. L’arte ci cura. Noi non siamo solo quello che mangiamo e l’aria che respiriamo. Siamo anche le storie che abbiamo sentito, le favole con cui ci hanno addormentato da bambini, i libri che abbiamo letto, la musica che abbiamo ascoltato e le emozioni che un quadro, una statua, una poesia ci hanno dato.
Alla fine di queste confutabili e non esaustive dissertazioni, ho pensato al funerale dell’arte:
Di lei non sapevano nulla o quasi, non sapevano neanche dove e quando fosse nata; ciononostante ognuno si era sentito in diritto di dirne pregi e difetti, ognuno aveva scritto e parlato di lei ma nessuno sapeva con certezza che cosa fosse. Chilometri di carta erano lì a testimoniare la sua presenza, ciò indicava che era vissuta così come adesso dicevano che era morta e tutti intorno a lei a farle il funerale.
Avevano deposto ai piedi della sua bara, rivestita di ombre colorate, di linee essenziali, di luci tonali e di colori intonati, poggiata su un catafalco di simboli e concetti, grandi fasci di fiori dipinti e altri dipinti ancora, che chiamavano fiori in nome suo. Intorno tanta malinconia, e mescolate ai detriti, mattoni nuovi e tante gru sostenute dal pensiero della ricostruzione, perché era morta l’Arte, sotto il terremoto delle nuove idee delle nuove coscienze.
Ma era davvero così?
Se aveva avuto tanti figli che si chiamano artisti, era impossibile che fosse veramente morta, così come non muore veramente mai chi ha generato.
Nadia Farina
(Nella foto un’opera di Nadia Farina.: (-Riflessioni-)