Le azioni del mondo non influenzano il Sole
E i nemici è sicuro sono dentro di noi
Com’è possibile restare ciechi per così lungo tempo
Mi trovavo a lottare contro i miei fantasmi
Spostandomi in avanti per quanto lo permette la catena
Scopersi per caso lo stato che ascende alla Gioia
Questi versi sono tratti dalla canzone “Stati di gioia” del maestro Battiato e inclusa nell’album
“ Il vuoto”. Mi piace pensare che le grandi Anime camminino su un filo sospeso che li unisce,
e nello stesso tempo ci costringono ad alzare lo sguardo per coglierne il cammino. Il loro modo di respirare e intendere la vita, il dolore, le illusioni, il piacere, la gioia.
Azzardare delle comparazioni di pensiero è il mio gioco preferito. Coglierne sottili somiglianze mi porta a comprendere meglio un messaggio filosofico o artistico o poetico.
E così che, riflettendo sulla nostra umana statura, rispetto alle forze dirompenti della Natura, specie in questo periodo storico in cui si susseguono inondazioni devastanti, movimenti tellurici inquietanti, naufragi dolorosi, guerre, mi sono venuti in mente i magnifici dipinti del pittore inglese William Turner con la loro imprevedibile Natura. Turner ( 1775- 1851), uno degli artisti più noti del Romanticismo, è considerato il precursore dell’Impressionismo.
Il colore è stato per lui al centro della sua ricerca, contemporaneamente alle emozioni suscitate in lui dalla visione di un paesaggio, o di eventi naturali. La natura nelle sue opere risulta imponente rispetto all’insignificanza dell’essere umano. In molti suoi dipinti come “Bufera di neve” (1812) l’uomo è vittima di una natura implacabile e furiosa.
E allora come non pensare alla Natura matrigna e ingannatrice del Leopardi che in “A Silvia” recita:
“O natura o natura, perché non rendi poi quello che prometti allor? Perché di tanto inganni i figli tuoi?”
Qui il poeta recanatese , che ha attraversato varie fasi di pensiero, definite poi come Pessimismo individuale, storico e cosmico, e a cui si aggiungerà una quarta, quella del Pessimismo eroico, assiste alla caduta dei sogni e delle illusioni.
La canzone “ A Silvia” fa parte dei “Grandi Idilli” ed è stata composta tra il 19 e il 20 Aprile del 1828.
Il poeta si sofferma su una terribile verità: solo la giovinezza permette di avere illusioni, mentre l’età matura porta con sé solo delusioni e dolori.
Leopardi non si limita di certo a parlare del suo personale dolore, ma critica aspramente i suoi contemporanei per la visione errata del mondo circostante: antropocentrica.
Rispetto all’Egocentrismo, il suo pensiero risulta visionario e quanto mai attuale.
Nell’ Operetta Morale “Dialogo di uno gnomo e di un folletto” del 1824, dimostra che l’uomo non conta niente di fronte alle forze della Natura.
Nell’operetta, le due creature fantastiche si incontrano in una terra desolata in cui l’umanità si è estinta a causa di diversi fattori quali guerre, omicidi, esplorazioni, ozio. L’umanità si era illusa di poter governare il mondo ed era stata artefice della propria rovina. Nel frattempo però il ciclo della natura con le sue stagioni, e gli stessi pianeti, continuavano ad esistere indifferenti.
Natura quindi indifferente, che a volte il Poeta spia con sguardo malinconico. A volte, nascosto da una siepe, riflette sul contrasto tra l’immaginazione umana e i limiti imposti dalla realtà, fino a…
“Così tra questa immensità, s’annega il pensier mio: E il naufragar m’è dolce in questo mare”.
E’ a Napoli che si conclude la vita tormentata, fatta di fughe e ritorni, del nostro Poeta.
La bellezza che ha sempre ammirato, ora ritorna al suo sguardo in tutta la sua fragilità eroica con la poesia “ La ginestra”, fiore che cresce sulle pendici del Vesuvio e rappresenta la fragile condizione umana . Diventa simbolo dell’atteggiamento del Poeta verso la vita.
Entrambi rassegnati e consapevoli della loro condizione esistenziale, resistono dignitosamente
in una resilienza ostinata ed eroica:
E tu lenta ginestra,
che di selve odorate
queste campagne dispogliate
adorni
Anche tu presto alla crudel
possanza
soccomberai del sotterraneo
foco
[…]
E piegherai
sotto il fascio mortal non
renitente
il tuo capo innocente:
ma non piegato insino allora
indarno
Nell’ultima fase della sua vita il suo pensiero si evolve in un pessimismo eroico.
Di fronte ad una vita che giudica insensata, propone come antidoto la resistenza e la solidarietà umana. La fratellanza come unica risposta alla indifferenza dell’Universo.
Il Leopardi muore per una crisi cardiaca il 14 giugno 1837, all’età di 38 anni.
Verrà sepolto nel Monastero di San Vitale a Fuorigrotta, un quartiere di Napoli.
Anna Bruna Gigliotti