Gio. Nov 21st, 2024

La maternità surrogata, o gestazione per altri, o utero in affitto, è diventata reato universale. Il dibattito, come per qualsiasi altro tema, è scontro tra tifoserie. “Progressisti” da una parte, “tradizionalisti” dall’altra. Uso le virgolette, che non amo, perché queste stesse etichette sono oramai logore, mordono assai poco la realtà. Lontano dalla analisi della realtà è dunque tutto il discorso pubblico.

 Nessuno che si chieda chi e perché, nel nostro Paese e altrove, decide di ricorrere a questa pratica. Interrogarsi su questo punto è invece essenziale per non usare la coperta, comoda ma sempre corta, delle ideologie, e invece disvelare angoli nascosti del reale.

Le coppie che si rivolgono alla GPA, ci dicono le statistiche, sono: uomo-donna, uomo-uomo, donna-donna. Vado a memoria: l’ordine in cui ho elencato è anche l’ordine in valore assoluto.

Dunque, partendo dal gruppo più consistente: perché una coppia uomo-donna cerca un figlio con maternità surrogata? Esistono oggi, per fortuna, molti metodi per superare e risolvere problemi di infertilità sia maschili che femminili. Le tecniche di procreazione assistita hanno percentuali di successo altissime (e che crescono all’aumentare dei tentativi).

In tutte queste tecniche ( lo specifico perché su questi temi l’ignoranza e, di nuovo, la coperta ideologica è più diffusa di quanto si creda), la donna che tiene in grembo il feto è la stessa che gli farà da madre. Mi si potrebbe obiettare, tuttavia, che può sempre esistere una minuscola percentuale di coppie uomo-donna che non riesce ad avere un figlio nemmeno con le tecniche di procreazione assistita.

Ammesso che sia così (non ho dati né a conferma né a smentita), mi chiedo, senza entrare nel merito di categorie penali e/o economiche: perché una coppia uomo donna, totalmente sterile, totalmente impossibilitata ad affidare alla donna della coppia la gravidanza, sceglie la GPA? Perché, se quel figlio non è geneticamente di nessuno dei membri della coppia, se non sviluppa con la futura madre il legame intrauterino, perché, data la similarità del dato finale, quella coppia sceglie la GPA e non l’adozione? Ripeto, non vi è in me alcun pregiudizio ideologico e nessun intento persecutorio-repressivo.

L’unica, a mio parere, risposta all’interrogativo è però inquietante. Ovvero: la coppia donna-uomo totalmente sterile sceglie la GPA invece che l’adozione non solo, e non tanto, perché “le adozioni sono difficili e lunghe”, ma perché questa pratica consente, quasi ovunque, di determinare, scegliere, decidere a priori i caratteri (genetici, somatici ecc.) del nascituro. Cosa che ovviamente non avviene né nelle gravidanze naturali né in quelle da fecondazione assistita né nella adozione. Se questa è la principale o la prevalente ragione che porta a scegliere questa strada per la coppia uomo-donna, siamo di fronte a un dilemma di eugenetica. E dovremmo dircelo con franchezza.

Come scrivevo sopra, la coppia donna donna è davvero un segmento minuscolo, per ovvie ragioni: una coppia di due donne raddoppia le probabilità di poter portare avanti una gravidanza e dunque, per vie naturali, o per fecondazione assistita, non ha, non dovrebbe avere, bisogno di ricorrere a un terzo utero.

Rimane il secondo gruppo in termini di numeri: la coppia uomo-uomo. L’unica natutaliter incapace di condurre una gravidanza. È anche quella che gode di maggiore visibilità mediatica, dagli artisti ai politici (o ex) che vi hanno fatto ricorso. Non a caso tra i più accesi interventi di questi giorni si registra la filippica di Vendola.

 Sulla coppia uomo-uomo, oltre alle considerazioni già fatte per la coppia uomo-donna, per chiunque abbia frequentato, letto, attraversato (o meglio: si sia lasciato attraversare da) tanta riflessione femminile ( ad esempio, ma non solo, il femminismo della differenza) su questi temi, a chiunque, dunque, l’esclusione, l’espulsione post parto, della donna, della madre, dalla esperienza del neonato-bambino, dovrebbe apparire, almeno: a me appare, come un gigantesco balzo indietro, come un rinnegare quel po’ di buono che ha portato il Secolo breve.

Alessandro Porcelluzzi

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