Gio. Nov 21st, 2024

Ci ho provato ad essere una donna del volontariato , una che ci crede, lotta, si espone, si dona, si racconta ; una madre attivista che ha fatto della sua esperienza di fragilità di suo figlio e della sua famiglia  un progetto di vita a disposizione dell’altro, diverso, lontano dalla malattia  che vivi, eppure così vicino , che  gli basterebbe allungare una mano per cambiare il corso della tua storia e di quella di molto altri…. 

Ma in realtà nella vita, quella vera , non arriva  mai nessuno a salvarti, a prenderti la mano e a tirare così forte da toglierti dalle sabbie mobili dell’indifferenza, del giudizio , della saccenza …  sono tutti più bravi di te, più capaci, meno permissivi, più veloci nel decidere cosa fare di fronte a ciò che ti lascia sgomento e senza respiro, perché mai avresti pensato che potesse accadere … 

Eppure continui a raccontare, continui a confrontarti e a chiederti ma l’autismo, quello vero, quello dell’imprevedibilità , delle  cose che succedono ma non si dicono, per dignità, per pudore, per protezione, ma che è esistono e che tutti le conoscono, anche i professionisti del settore, medici, psichiatri , psicologi, educatori , dov’è’? E’ finito sepolto da viaggi in moto e pizze  , che ormai sono l’attività preminente nell’ autismo che vengono sfornate e buttate in faccia alla maggior parte degli autistici, quelli veri, che ahimè non le porteranno mai, ma non perché non vogliono, ma perché non possono!!!!!! 

E’ molto bello allontanare da sé una visione di una condizione, perché i “ puristi dell’autismo” sono attenti all’uso del termine malattia, che in realtà non lascia tante possibilità e soprattutto non dà opportunità’… 

Quello che da un ventennio ormai ho capito, vivendo la “ condizione” autistica in modo trasversale da madre e da attivista, è che se ti va bene incontri persone che si preoccupano, ma non si occupano della condizione . 

Sì ci occupa prendendosene cura con un pensiero proattivo che mette in campo innanzitutto risorse mirate e progetti con visioni e a lungo termine , che accompagnino la vita della persona , monitorandola , prevenendo l’abbandono socio sanitario che ormai è’ prassi consolidata, superata la fase della pubertà . 

La diagnosi serve ad indirizzare la condotta e dovrebbe essere l’inizio del viaggio educativo , ma spesso coincide con l’aborto di ciò che non verrà mai attuato da chi dovrebbe occuparsene. 

Nei tavoli socio sanitari e dagli psichiatri che oggi gestiscono l’autismo negli adulti, in realtà più che occuparsi della persona autistica, si studiano le famiglie , sembra quasi di essere a dei colloqui di lavoro, quando ti fanno dei test psico-attitudinali, e quasi sempre alla fine dell’‘incontro ti rendi conto di non aver risolto nulla, anzi di trovarti con minori certezze e con più sensi di colpa che il giorno dopo andrai a scaricare dalla tua psicoterapeuta. 

E per non lasciare nessuno indietro in questa drammatica, ma vera, analisi dell’autismo , due righe meritano anche le famiglie che pur affaticate , preoccupate, massacrate da gestioni insostenibili , rinnegano e nascondono a loro stesse una verità incontrovertibile , ovvero che il figlio autistico gli sopravvivrà

Le verità sono dure da digerire, ma più la digestione è’ lenta , più il predominio di una progettualità frammentata , frammentaria e priva di contenuti si allargherà a macchia di olio rendendo poi impossibile la risalita verso la dignità al diritto alla cura dei nostri figli.

Rosa Ruggiero

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