Gio. Set 19th, 2024

Maria Rosaria Boccia ha dichiarato di aver iniziato a registrare le conversazioni con il ministro della Cultura perché Sangiuliano le avrebbe detto:  “Sono il ministro, io sono un uomo, io rappresento l’istituzione e in futuro nessuno crederà a tutto quello che tu dirai'”. 

Le affermazioni di Genny Sangiuliano confermano che il potere politico, in Italia, è ancora fallocentrico, (carno-fallogocentrico, direbbe Deridda),  cioè basato sul pene, sulla virilità maschile e, per estensione, su qualsiasi pensiero adotti una prospettiva della sacralità del potere. 

Nella vicenda Sangiuliano – Boccia,  la politica, intesa come Potenza sessuale maschile, è onnipresente e prepotente, riflesso di una “Italietta”  governata da personaggi da avanspettacolo, da nostalgici del Ventennio di infimo rango, espressione del  radicalismo fascista al potere e  di un passato che non vuol passare.  Rivive Farinacci, insomma! 

In quanto al potere fallocentrico, Ida Magli aveva già capito tutto: in “Sesso e potere”, scritto all’epoca dell’affaire Clinton- Lewinsky, l’antropologa spiega con estrema chiarezza, in che senso il potere non può mai allontanarsi dalla propria fonte: il sesso, scagliandosi, tra l’altro, contro la giustizia-spettacolo, a livello planetario, l’ipocrisia dei sepolcri imbiancati, la morbosità di chi si dichiara puro. 

Vi regalo alcuni brani tratti dal saggio di Ida Magli, oggi particolarmente attuali.

Buona lettura! (Michele Lagano)

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Miss nessuno 

in realtà dalle donne non ci si aspetta nulla. Ed è logico che sia così. Dal femminismo in poi, le donne, almeno come gruppo, non si  sono mosse in base ad una nuova visione del mondo, non hanno teorizzato o proposto un nuovo modello di società. Sono invece caduta nel facile, tragico inganno che il nuovo modello fosse di per sé la distruzione del vecchio. Nessuno però, vedendo le rovine di un palazzo le scambia per un palazzo in costruzione. 

Ma, al fondo  del comportamento dei giornalisti, si intravede l’antica convinzione dei maschi: che tutte le donne siano, se lasciate libere, più o meno prostitute. A pagamento oppure no, con dei regali oppure no. Di fatto gli uomini sanno, l’hanno sempre saputo, che, se lo vogliono, possono riuscire a fare proprio qualsiasi donna.

Naturalmente, alla fine bisogna pur vivere. Le donne, perciò, in grande maggioranza collaborano, senza infamia e senza lode, alla routine della società diretta dai maschi. 

Spazio sacro e sessualità

Per quanto riguarda in particolare il nostro argomento, una norma ha sempre  e ovunque regolato lo spazio dove abita la “potenza” . Per capire questo meccanismo non dobbiamo dimenticarci mai che  “potenza virile”,  “potenza del potere”  e “potenza sacra”  sono la stessa cosa, ed è per questo che non possono rivelarsi,  dispiegarsi simultaneamente. Laddove c’è il Sacro quindi non c’è la sessualità. O meglio: la potenza della sessualità non può  coesistere, deve cedere davanti alla potenza sacra.

Di conseguenza le donne per, per esempio,  in quanto non possiedono la potenza virile ma potrebbero con la loro presenza provocarne la manifestazione, in molte società sono del tutto escluse dall’ingresso nel tempio e negli altri “templi”: palazzi politici, club, o, per dirla con i i primitivi che sono più espliciti” Case degli uomini”. 

In altre società, come, per esempio, quella ebraica, quella musulmana, e fino a poco tempo fa, quella cristiana, le donne hanno un posto non visibile, appartato, devono entrare da un ingresso apposito, diverso da quello dai maschi, oppure sono collocate, una volta ammesse con il cristianesimo nello spazio sacro, nel settore di sinistra separato da quello a destra dei maschi. Inutile dire, poi, che non possono salire i gradini dell’altare e, ovviamente, non possono diventare sacerdoti.

Il primo motore

Il pene è, per il maschio, correlato in forma analogica, simbolico- concreta, con la sua stessa capacità di vivere la gara della vita.

Per comprendere, sia pure soltanto approssimativamente, il comportamento sessuale di un maschio bisogna partire da una premessa, che si tende a tenere nascosta.

Non per una esplicita e consapevole volontà, ma perché la potenza del pene è appunto “La Potenza”, con la sacralità e  il mistero che questa comporta. 

Il pene è un “utensile” fondamentale, il primo di cui l’uomo abbia sperimentato la capacità di agire nello spazio esterno al corpo, aumentando enormemente le proprie proporzioni e proiettando un liquido fuori di sé che va a colpire un oggetto, un bersaglio. Questi termini: “oggetto”, “bersaglio”, che adoperiamo con tanta semplicità, descrivono e definiscono una esperienza primaria sia di azione sia di pensiero sulla quale abbiamo costruito il nostro modo di vivere.

Non dobbiamo mai dimenticare che si tratta dell’esperienza primaria che l’uomo-maschio ha fatto attraverso lo strumento pene: quella del soggetto che diventa consapevole, attraverso l’energia motoria che sente accumularsi dentro di sé, il controllo visivo che può farne nel getto del liquido (è un gioco comune dei bambini a chi colpisce con l’orina il bersaglio più lontano),  di essere lui che compie un atto su qualcosa che appunto ne è ”oggetto”. 

Sonno, alimentazione, respiro, defecazione, coito, nascita, morte sono i materiali di cui l’umanità si è servita per pensare e per agire in tutti i campi dell’esistenza.  Non ha senso, dunque, escludere le funzioni organiche dalla riflessione cognitiva, tecnica e simbolica dell’uomo. Sulla potenza del pene è fondata la potenza tout-court. 

Ma proprio perché quest’organo è terribilmente fragile, non del tutto controllabile con la volontà, il maschio è indotto a verificarlo di continuo, a tentare di conoscerlo, di metterlo alla prova, senza mai sentirsi del tutto al sicuro da un sempre possibile fallimento (di nuovo, prestiamo attenzione al linguaggio:  fallire è “venir meno” , “non assolvere proprio debito”, “non colpire il bersaglio”, “non tenere duro” ecc.)

Tanto più poi il meccanismo diventa un circolo vizioso quanto più l’uomo è in gara per il potere. La “potenza virile” copre infatti, come abbiamo già tentato di dimostrare, tutto il campo dei poteri al punto che non siamo ancora stati capaci di coniare termini diversi l’uno dall’altro per definirli.

Più l’uomo è potente agli occhi del mondo, più può  sentire la propria fragilità,  e più ha bisogno di verificare la potenza del proprio pene. 

È un gioco primario, essenziale, come quello famoso narrato da Freud: il bambino snoda instancabilmente il gomitolo “lanciandolo” lontano da sé per poi richiamarlo tirandone il filo. E’ per assicurarsi di essere lui a dominare  il rischio della situazione che lo ripete di continuo: Il filo rimane sempre nelle sue mani, ma anche il dubbio.

Starr e il totalitarismo

Il conflitto che si è svolto in questi duemila  anni è lo stesso per il quale Gesù è stato immediatamente condannato a morte: ci si libera dal Sacro, dalle barriere del Sacro, ci si libera dal potere. Lo abbiamo già visto il Sacro è il potere. Non ci sono distinzioni possibili. La logica del potere e la logica del sacro sono la stessa cosa. Per questo dunque, perché sesso e potere sono analoghi, quella del sesso è una via privilegiata per il dominio sull’uomo; e nessuno lo ha sperimentato meglio del mondo cristiano. La sessualità, per la sua stessa natura di potenza totale è stata sin dai primi secoli cristiani oggetto assoluto del potere teologico ed ecclesiastico.  

libertà e l’uguaglianza portate da Gesù di Nazareth facevano venire meno le basi stesse  del potere. Per recuperarlo rimaneva una sola strada, quella del sesso, sulla quale è stato così ricostruito tutto l’edificio. Malgrado l’immensa, interminabile discussione su chi ha ucciso Gesù, non ci sono dubbi: sono stati i detentori del potere, non potevano non farlo. L’eversione vera era lì, nel distruggere la barriera tra sacro e profano. 

La storia incredibile del cristianesimo è quella di essere riuscito a fare sopravvivere al suo interno, malgrado e attraverso i tremendi conflitti che non gli hanno dato tregua, l’eversione contro il Potere in nome del Sacro,  e l’eversione contro il Sacro in nome del  Potere.

Chi giura il falso è impotente

Sulla impossibilità di scindere la persona dalla sua attività sessuale, ci siamo già a lungo soffermati. Ma c’è un aspetto sul quale è necessario ritornare perché è così profondamente nascosto nelle radici della cultura ebraica e di conseguenza di quella cristiana, che in pratica, pur conoscendolo, non lo conosciamo.

Per far emergere lo sfondo, dunque, dobbiamo tornare a quel concetto di potenza virile che è, come ormai sappiamo bene, alla base di tutte le “potenze”. 

Se nelle religioni rivelate Dio è necessariamente il Verbo, ossia la parola, in quanto è attraverso la parola che si rivela, manifesta se stesso agli uomini, è evidente che la parola è “potente”. Ci ritroviamo così nella solita area  del concetto di “potente”, quella coperta dalla “potenza virile”. Inutile dire che, quali che siano le  speranze delle donne che sono avventurate a ventilare una possibile femminilità materna Dio, il Dio ebraico e cristiano essendo “onnipotente” è  Maschio, e non può non essere Maschio. Ma questa è soltanto una parentesi, che semmai può servire a spiegare come mai la parola delle donne sia sempre stata debole, ininfluente, inefficace, falsa. Insomma, “impotente”. 

La parola è realmente parola quando è in grado di creare la realtà- verità affermandola. Gli ebrei giuravano mettendoci le mani sui genitali: la loro potenza sessuale garantiva la potenza della parola giurata, a sua volta garantita dalla potenza di Dio. Il giuramento, infatti, è questo: “testimonio”, ossia parlo in forza dei miei testicoli (“testicolo” appartiene all’ambito semantico di testis), che questa è la “verità”, le pongo in essere così.

Dio infatti ha creato il mondo emettendo parole: “disse “sia fatta la luce e la luce fu”, e così via. Possiamo capire bene, perciò, perché giurare il falso sia impensabile, inammissibile. Non perché mentendo dico il  falso a Dio, ma perché nego la potenza di Dio negando la potenza tour-court, quella virile e metto perciò in crisi tutta la realtà, la certezza sulla quale è basata la nostra vita, che la realtà sia vera, corrisponda alla “verità”; insomma che la “verità” esista. Oppure, invertendo l’equazione: se giuro il falso significa che sono impotente (di qui, il mentitore = vile, privo di vis)

Per questo le donne non potevano testimoniare, non potevano giurare, stipulare contratti (un contratto è lo scambio di parole potenti), non  potevano esercitare l’avvocatura, diventare magistrati. Non era un’assurdità, un’ingiustizia, un capriccio, ma la conseguenza logica del principio costitutivo della “potenza”.

Adesso comunque le donne, giunte a possedere un potere sociale, sono riuscite a far condannare con la formula ambigua di molestie sessuali buona parte dello scambio fra i sessi. Ma è difficile dire fino a che punto questa decisione dipende dall’incapacità, dall’impossibilità, da parte delle donne, oltre che degli uomini, di comprendere che nell’ambito della cultura, fondata sulla sessualità maschile, non sono possibili “aggiustamenti”, soluzioni parziali. 

Ma soprattutto che la “potenza virile” non si  definisce come tale se non secondariamente nel rapporto uomo- donna perché essa è, consiste in sé, ed è nel suo essere che pone l’essere della Cultura. 

(Ida Magli, Sesso e potere, Bompiani)

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