Dom. Set 8th, 2024

Perché in alcune zone d’Italia, il vaso che contiene le piante è detto anche Testa?

L’illuminazione del Pellegrino/artefice, generava la conoscenza totale dei segreti della natura ed era vista come passaggio della coscienza, senza i limiti di spazio e di tempo che chiudono i mortali in una spira che impedisce loro di vedere oltre il visibile.

L’aspirazione dell’uomo è la Luce e faticoso è il viaggio dell’uomo verso la Luce. Faticosa è la sua ricerca per cui si perdono i confini del sentire.  Una sola cosa è certa: In questo viaggio non si appartiene più! Diventa schiavo di emozioni che nascono dalle sue mani e dal suo pensiero. 

La forza creativa confonde la realtà.  Si rende conto che la sua persona fisica è il contenitore dell’Universo e implode  quando le mani non lavorano e non ubbidiscono al pensiero.

Il “ricercatore medioevale”  si riteneva fosse in grado di ridurre in piccolo ciò che la Luce divina aveva operato e di arrivare alla tre visioni: il Mondo esterno o della MateriaIl Mondo intermedio-l’Aldilà/ Vitale/ Astrale o dell’Oltre,  e il Mondo Superiore e Divino,  del fuoco/ principio, nonché, attraverso la illuminazione sacra, di poter accedere al segreto dei Numeri e dei segreti dell’Universo.

Uno dei simboli che caratterizzano la sua ricerca, è la Nuca, che è il vero “Vaso” in cui avviene la trasmutazione alchemica. L’Occiput  o Nuca, è infatti la testa stessa dell’operatore o artefice.

In alcuni dialetti, il vaso in cui germogliano le piante, è detto “Testa” a ricordo ancestrale del luogo in cui si attua la trasmutazione delle cose.

Per gli alchimisti anche la Caverna era simbolo dell’Occiput, ma anche il luogo metaforico in cui si evolvevano conoscenze, sapienza e spiritualità. Non è un caso che la caverna sia anche uno dei luoghi in cui si dice che Sara, moglie di Abramo, avesse trovato la Tavola Smaragdina o smeraldina, incisa su uno smeraldo.

La Tavola Smaragdina, conviene ricordarlo, fondamento della teoria alchimistica, e di cui si dice autore Ermete Trismegisto, è accompagnata anche da molte leggende che ne narrano la scoperta.

La Caverna è il primo tempio degli uomini che negli anfratti bui e misteriosi ponevano le residenze degli dei e delle Sibille che leggevano il futuro e davano responsi, spesso scritti questi, su  foglie che il vento disperdeva. Agli uomini non era permesso di conoscere il futuro, ma le Sibille non potevano sottrarsi al destino della predizione che a loro era stato assegnato.

La caverna rappresenta l’anticamera misteriosa di un mondo sotterraneo, di un  luogo occulto, in cui è custodito il tesoro donato da Dio agli uomini, il luogo di contatto tra la Terra e il mondo sotterraneo, abitato dalle forze e dai poteri delle profondità oscure.

Il Castello è il luogo in cui l’operatore alchemico si chiude per lavorare alla Grande Opera. Più precisamente in una torre o nelle segrete di questo, all’ombra delle luci e celato al resto del mondo. Protetto e non sempre dal signore del tempo.

Il segreto avvolge tutta la sua opera che non sempre dà risultati positivi. Nascono proprio dalla fallibilità della ricerca, alcuni modi di dire: Far castelli in aria- Lavorare di fantasia- Costruire castelli sulla sabbia destinati a crollare con un soffio. 

Nella Caverna  regna il Silenzio e una Luce aspetta al Varco.

Il Varco è il confine brevissimo, invisibile, in cui vive il momento della perfezione del supremo equilibrio, il passaggio limite, il confine tra il Tutto e Il Nulla, tra la dimensione umana e quella trascendente al Cielo o in un’altra dimensione, tra la vita e la morte.

La morte del mondo profano rappresenta la condizione di ogni nascita nel mondo sacro. Prima di questo c’è la morte, dopo di questo c’è la vita, ma in quell’attimo supremo, nell’invisibile confine tra il prima e il dopo, c’è il fermo attimo eterno.

La necessità di disegnare, costruire un varco con una porta aperta o chiusa, è insita nell’uomo per delimitare le sue proprietà, le sue conoscenze, la sua apertura o chiusura nei confronti degli altri uomini, delle proprie idee.

Ai lati degli antichi templi, prima dell’ingresso si scolpiva o si dipingeva l’immagine di Arpocrate, il dio del silenzio, per indicare che oltrepassata la soglia, il tempio andava rispettato e le cose in quel luogo conosciute, mai divulgate.

 Il silenzio come sigillo di una verità che non può essere conosciuta da tutti. Lo stesso silenzio che imponevano gli alchimisti confondendo con enigmi le loro scoperte, citando il tutto ed il contrario di tutto, al fine che solo il neofita potesse entrare nel labirinto della Grande Opus.

L’alchimista quindi deve difendersi da possibili nemici sempre dietro l’angolo, coloro che cercano di carpirne i segreti, e dalla maldicenza, furbizia, inganno, ostacoli, messi in campo dal Diavolo, entità spirituale soprannaturale con connotazioni negative e malvagie, il Male personificato, da quando Lucifero, (portatore di Luce) è caduto nelle tenebre degli inferi.Colui che divide, calunnia, maleficamente accusa – e col termine di Satanas, diventa avversario “nemico di Dio”-

Il Diavolo teme le pietre preziose, che diventano difesa dei religiosi che adornano con queste i copricapi, le loro vesti. Le odia  perché gli ricordano lo splendore del suo occhio di smeraldo e la sua Luce, prima che precipitasse ed inoltre perché molte pietre traevano la propria origine proprio dal fuoco in cui era stato gettato. Questa fu una delle ragioni per cui alcuni alchimisti si dedicarono anche alla fabbricazione di pietre preziose artificiali.

Continua…

Nadia Farina

Nella foto un’Opera di Nadia Farina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *