Chissà, chissà domani
su che cosa metteremo le mani
Se si potrà contare ancora le onde
del mare
e alzare la testa
Non essere così seria
Rimani
Come avrete di certo riconosciuto, questi versi appartengono alla famosissima canzone di Lucio Dalla: “Futura”. Una canzone che parla di speranza per un mondo migliore. Ma soprattutto di Amore, generatore di rinascita e di cambiamento.
La canzone fa parte dell’album “Dalla” del 1980 ed è un capolavoro!
Forse non tutti conoscono la genesi di “Futura”, perché un testo poetico spesso non richiede altre parole di presentazione per essere amato.
Una volta reso pubblico, ognuno lo fa suo e lo riempie di immagini proprie. L’anima di ciascuno si accosta per magia a quella dell’artista.
Dalla però in molte interviste ne aveva parlato per cui non svelo nessun segreto. Solo una curiosità su un testo diventato un cult del cantautorato italiano.
L’autore stesso così si espresse in un’intervista:
–Il testo di Futura nacque come una sceneggiatura, poi diventata canzone. La scrissi una volta che andai a Berlino. Non avevo mai visto il muro e mi feci portare dal taxi al Charlie Check Point, punto di passaggio tra Berlino est e Berlino ovest. Chiesi al tassista di aspettare qualche minuto. Mi sedetti su una panchina e accesi una sigaretta. Poco dopo si fermò un altro taxi. Ne scese Phil Collins che si sedette sulla panchina accanto alla mia e anche lui si mise a fumare una sigaretta: in quei giorni a Berlino c’era un concerto dei Genesis , che erano il mio mito. Ma non volli spezzare la magia di quel momento. Rimanemmo mezz’ora in silenzio, ognuno per gli affari suoi. In quella mezz’ora scrissi il testo di Futura, la storia di questi due amanti, uno di Berlino est, l’altro di Berlino ovest, che progettano di fare una figlia che si chiamerà Futura.–
I russi, i russi, gli americani
No lacrime,, non fermarti fino a domani
Sarà stato forse un tuono
Non mi meraviglio
E’ una notte di fuoco
dove sono le tue mani
Nascerà e non avrà paura nostro figlio
[…]
Si muoverà e potrà volare
Nuoterà su una stella
Come sei bella
E se è una femmina si chiamerà
Futura
Lucio ha parlato degli orrori della guerra in molte canzoni, come Henna del 1993, che dà il nome all’album. Un brano contro la guerra nei Balcani, una preghiera laica che apriva i suoi concerti , recitata da Marco Alemanno, compagno di Dalla:
Adesso basta sangue
Ma non vedi?
Non stiamo nemmeno più in piedi
Un po’ di pietà
[…]Ma chissà se cambierà
Oh, oh, non so
Se in questo futuro nero buio
Forse c’è qualcosa che ci cambierà
[…]
Va bene io credo nell’amore
L’amore che si muove dal cuore
Che ti esce dalle mani
E che cammina sotto i tuoi piedi
Lucio Dalla ci ha parlato anche dell’ indifferenza degli uomini come nella canzone Ciao, scritta dopo la guerra in Kosovo:
C’è stato un lampo lì,
proprio in mezzo al cielo
che era blu cobalto liscio,
liscio senza pelo
La città sotto era un presepio
Le luci del tramonto la scia di un aereo
[…]
La spiaggia di Riccione, milioni di
persone
Le pance sotto il sole
Il gelato e l’ombrellone
Non l’hai capito ancora
che siamo stati sempre in guerra
Ciao è la colpa di non so chi
Ciao è la colpa di non so chi
Ciao
Quel ciao suona come un mantra e tra una guerra e una vacanza la vita scorre come sabbia tra le dita.
Ho voluto ricordare solo alcune canzoni di questo grande autore di cui a breve, il 1 marzo, ricorre l’anniversario della sua scomparsa. Moriva 12 anni fa, stroncato da un infarto a 68 anni. Quelle su citate mi sono molto care, ma tantissimi e altrettanto indimenticabili sono gli altri suoi testi, scritti in collaborazione con Sergio Bardotti e Gianfranco Balduzzi con cui cessò il proprio rapporto professionale nel 1973 per iniziare quello col poeta bolognese Roberto Roversi.
Galeotto fu un verso tratto da “La canzone di Orlando”: nevica sulla mia mano.
Di lui Lucio disse:
-[…]Mi ha fatto capire delle cose che non avrei mai capitonè a scuola, né da solo né andando tre volte sul monte Sinai.-
“La canzone di Orlando” è nell’album “ Il giorno aveva cinque teste” del 1973.
Voglio terminare questo mio articolo, scritto per omaggiare uno dei nostri più grandi cantautori, con alcuni versi della canzone, la prima, scritta in collaborazione con il grande poeta Roberto Roversi:
Se tutti i monti fossero seminati a grano
Se i cavalli in branco ritornassero al piano
Volando tra erbe e fiori,
io raccontando i miei amori
avrei ancora vent’anni
Anser, anser che va
Nevica sulla mia mano
e il mio cavallo è ormai lontano
Notte e nebbia negli occhi
Il ferro sui tuoi ginocchi
Arco e freccia non scocchi
Anser anser che va
( una curiosità: la parola “anser” vuol dire oca e rimanda al piumaggio di questi uccelli, usato per costruire frecce per gli archi dei cavalieri medievali)
Anna Bruna Gigliotti