Mar. Dic 3rd, 2024

In occasione del Safer Internet Day  all’assemblea regionale M5S a Faenza il 3.2.2024 ho fatto un intervento pubblico in merito ai contenuti tratti da “Humanistic Digital Governance” di D. Snower e P. Twomey.

Ecco un riepilogo dei punti cardini affrontati.

Un tempo internet non era così come la viviamo oggi. Agli albori internet era un luogo di libertà. Oggi è un luogo di schiavitù.

Al tempo di Richard Stallman, libertà su Internet significava libertà di espressione. In particolare la libertà di scrivere ed eseguire il proprio codice, il proprio programma e di metterlo a disposizione degli altri per condividere e accrescere la conoscenza collettiva.

Attualmente non è più così. Il concetto di libertà su internet si e trasformato nel concetto di gratuito. Non è la stessa cosa. Prima avevo la libertà di espressione. Oggi ottengo un servizio senza pagare. Ma il servizio ha un costo di produzione e di gestione.

Ci siamo noi che usiamo il servizio gratis. C’è il fornitore di servizi, che produce servizi che hanno un costo. Allora chi è che paga? Chi paga?

Chi paga il servizio se non è l’utente che lo usa? Dobbiamo metterci in testa che i servizi digitali sono finanziati da terze parti: da chi fa pubblicità per vendere un prodotto, dai politici per prendere voti (Salvini pare sia stato un mago in questo, ma anche altri non italiani) e dagli influencer per varie motivazioni, tre categorie che cercano di arraffare i nostri dati personali e lavorano per influenzare le nostre scelte. La consapevolezza di fornire i nostri dati a questi soggetti è solo parziale. È considerata una cosa ineluttabile. E il consenso rilasciato non è ben informato.

Invece chi governa i dati sono quelle terze parti finanziatrici insieme con i  fornitori di servizi. Le terze parti hanno 3 interessi: che il servizio funzioni, che vengano raccolti molti dati e che si possano manipolare le nostre scelte.

Solo se c’è convenienza economica tra il fornitore di servizio e la terza parte va in porto il loro contratto Noi veniamo esclusivamente sfruttati.

Gli interessi della terza parte non sono mai allineati a quelli dell’utente. In questo senso il sistema attuale di governo digitale non è umanistico. Il governo digitale non è fatto in ultima istanza per valorizzare l’azione dell’essere umano nel mondo digitale. Questo sistema di governo digitale non è progettato per promuovere i bisogni fondamentali delle persone come individui e come esseri sociali. Loro non sono interessati a promuovere la libertà, la crescita personale, l’appartenenza sociale.

Il modo di funzionamento che sperimentiamo quotidianamente non deve essere considerato il funzionamento normale, dobbiamo considerarlo un malfunzionamento. Tutti i social network oggi sono un malfunzionamento di internet. Questi malfunzionamenti in definitiva minacciano i nostri sistemi di mercato economico perché

sono anti-concorrenziali;

indeboliscono la nostra salute mentale, ci espongono a manipolazione dell’attenzione, del pensiero, dei sentimenti e del comportamento;

non ci permettono di capire quale sia la verità, indeboliscono i nostri processi democratici e deteriorano la coesione delle nostre società.

Allora, ci chiediamo come questi sistemi possano essere resi umanistici senza sacrificare i vantaggi tecnologici? Si devono mettere gli utenti digitali – i consumatori dei servizi digitali – al posto di guida, dando loro il controllo finale, individualmente e collettivamente, sui loro dati personali e sulla loro influenza economica, sociale e politica.

Umanesimo e Governo Digitale

Mettere l’umanesimo al centro della governance digitale implica prendere sul serio i bisogni umani fondamentali. Significa costruire un sistema di governance digitale che riconosca la dignità della persona e serva a promuovere la crescita umana in tutti i suoi aspetti: vita e salute, emancipazione e libertà, amore e inserimento sociale e relazioni sostenibili con la natura. Abbiamo a disposizione tante informazioni. Dobbiamo distribuire le informazioni, e la conoscenza che ne deriva, a tutti per un beneficio sia individuale che collettivo. Per le relazioni tra noi e per la solidarietà tra noi, elementi fondamentali alla società umana.

Quindi occorre cambiare. Abbiamo delle remore? Questi cambiamenti sono già successi. Non bisogna avere paura dei cambiamenti. I monarchi e i feudatari non esistono più, perché dovrebbero esserci i feudatari dei dati?

Disfunzioni degli attuali regimi di governance digitale: Schiavitù 2.0

L’attuale sistema di governance digitale la possiamo chiamare Schiavitù 2.0 in cui per gli schiavi esiste solo il baratto. Lavoro gratuito in cambio di un accesso gratuito ad un social network.

Come la schiavitù non era né efficiente, né equa, nemmeno la schiavitù 2.0 sarà efficiente ed equa.

Il sistema è iniquo poiché i proprietari degli aggregatori di dati e i fornitori di reti digitali detengono un potere schiacciante, simile al possesso di schiavi nel passato.

Questo lavoro gratuito consente un complesso ecosistema di aggregatori e mercati di dati, che sono invisibili alla stragrande maggioranza delle persone i cui dati personali vengono raccolti, al vertice del quale si trovano alcuni fornitori di servizi digitali, come i “Big Nine” ( Apple, Facebook, Amazon, Google, IBM e Microsoft, Tencent, Baidu e Alibaba) – che hanno accumulato vaste fortune senza precedenti nella storia dell’umanità.

Questo sistema è inefficiente, è iniquo, è manipolativo e sfrutta le debolezze psicologiche dei consumatori, contribuisce alla frammentazione sociale e politica, promuovendo la discordia sociale e il conflitto politico.

Ci sentiamo impotenti. Noi non siano pienamente consapevoli delle modalità pervasive con cui la nostra attenzione viene catturata attraverso i nostri dispositivi mobili e le nostre preferenze, tuttavia sentiamo un diffuso senso di impotenza di fronte a disparità enormi.

Il sistema attuale danneggia la produttività e la salute degli utenti. I fornitori di servizi digitali, desiderosi di massimizzare l’attenzione, progettano servizi che interrompono le attività quotidiane con nuove informazioni e stimoli personalizzati. Gli utenti sono spinti a cercare ulteriori informazioni, compromettendo la concentrazione su compiti complessi e minando la pazienza necessaria per progetti a lungo termine. L’incoraggiamento al multitasking porta a un’alternanza stressante tra attività, con impatti negativi sulla tranquillità emotiva. Questo stress costante, supportato da adrenalina e cortisolo, può influenzare negativamente le cellule cerebrali, collegandosi potenzialmente alla depressione.

Insomma, i continui stimoli che riceviamo attraverso i nostri smartphone e altri dispositivi digitali fanno male alla nostra concentrazione e ci mettono ansia. La nostra risposta istintiva a questi stimoli è quella di rimanere in un costante stato di allerta e di alleviare la nostra dipendenza digitale monitorando continuamente lo schermo senza mai prestare piena attenzione a nulla.

Questo stato di distrazione e interruzione prolungata danneggia le nostre facoltà cognitive, danneggia la nostra intelligenza e danneggia la nostra produttività. Sosteniamo che tutti questi problemi siano sintomi di una disfunzione sistemica fondamentale, che chiamiamo baratto digitale finanziato da terze parti.

Il baratto digitale finanziato da terze parti

Gli attuali regimi di governance digitale si basano sul mito dell’”Internet gratuita”, ma la realtà è diversa. I servizi Internet apparentemente gratuiti per i consumatori richiedono un costo nascosto: i dati personali e l’accettazione di un’esperienza digitale manipolativa. Questo baratto digitale finanziato da terze parti crea inefficienze, compromette la crescita economica e mina la concorrenza nei mercati. La mancanza di allineamento tra gli interessi dei consumatori e quelli dei finanziatori terzi genera disuguaglianze, violazioni della privacy e una tendenza alla manipolazione. Le scelte limitate imposte ai consumatori alimentano il senso di impotenza e hanno impatti negativi sulla salute e sulla produttività. I problemi associati a questo sistema rivelano un difetto fondamentale: la mancanza di allineamento tra gli interessi dei consumatori e quelli dei terzi finanziatori.

Conclusioni

Abbiamo proposte politiche per garantire che il nostro sistema digitale funzioni nel migliore interesse della società, ma è naturalmente fondamentale che queste proposte siano integrate da una serie di altre iniziative politiche, come quelle che promuovono l’acquisizione diffusa di competenze digitali e orientano gli sviluppi tecnologici in direzioni umane.

Proviamoci perché queste proposte costituiscono un passo importante verso una governance digitale umanistica. Le proposte lo fanno adottando misure semplici attraverso le quali il controllo dei dati personali viene trasferito dai fornitori di servizi digitali agli utenti digitali. In un sistema di governance digitale guidato dai bisogni e dagli scopi degli utenti digitali, molte delle inefficienze, delle disuguaglianze, delle manipolazioni delle preferenze dei consumatori, dei costi sanitari derivanti dell’influenza digitale, delle fonti di conflitto sociale e di disinformazione e delle asimmetrie dell’informazione e del potere di mercato verrebbero automaticamente mitigati. Inutile dire che gli utenti dei servizi digitali non hanno alcun interesse a prolungare questi problemi. Tutto ciò di cui hanno bisogno è il controllo sui propri dati personali e il supporto nell’affrontare le asimmetrie informative e di potere.

Lalla Maria Laura Mantovani

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