Dom. Nov 24th, 2024

Scrivere sul e del Presepe Napoletano, è una impresa ardua e carica di responsabilità. L’argomento infatti, è talmente complesso, ricco di notizie, e variegato,  che supera ogni capacità di racconto per quanto possibile esaustivo.

A Torre del Greco, alle pendici del Vesuvio, è sorta molti anni fa una sede periferica della Associazione Italiana Amici del Presepe, i cui soci si dicono Operatori della Vigna, intitolata ad Antonio D’Auria. Il professore Antonio D’Auria è stato grande promotore e realizzatore del Presepe ideando nuove prospettive. Socio di questa associazione da più di dieci anni,  è Liborio Rivieccio che con le sue sculture e scenografie, si inserisce a pieno merito nel contesto delle rappresentazioni presepiali.  Mi racconta di quando ragazzino  ha conosciuto il professore essendo amico dei figli, ne frequentava la casa, e lo vedeva intento al lavoro già a gennaio,  cosa che ha germinato la sua passione. Nelle case invece, la costruzione del presepe cominciava dopo l’Immacolata. Mi ricorda che molti artigiani non più in lavoro attivo, si sono riciclati nell’arte della minuteria presepiale.

I carretti di Bonagura, ad esempio, realizzati in scala perfetta con minuziosa attenzione ai particolari, dopo averne fabbricati tanti per le necessità quotidiane; gli artisti del corallo che si sono ingegnati nella lavorazione di gioielli, per i Magi, per le popolane che indossavano orecchini e collane di corallo… Quando il lavoro venne meno, tanti cominciarono a costruire pastori con la testa di terracotta, ma non tutti avevano il forno, per cui cuocevano i loro elaborati sotto la brace. Ricordi di vita vissuta quindi, ma incentrati sulla passione per il presepe, in particolare per quello napoletano.

Ma… quando è nato il Presepe Napoletano nella sua accezione storica portato ai massimi livelli di ogni arte? Pastori, animali, minuteria, strumenti, abiti, e quant’altro?

Bisogna fare un passo indietro. Le prime testimonianze della celebrazione del Natale, risalgono al I°secolo d.C., a metà del 200 e poi tra il 352 e il 355, ad opera di papa Liborio, fu allestito un presepe nella Chiesa di Santa Maria in Trastevere, a Roma.

A Napoli, invece la prima celebrazione è datata 1025. E’ dal mille in poi infatti, che la tradizione del presepe comincia a diffondersi, e raggiunge il suo acme nel 1223 con il presepe vivente diSan Francesco, a Greccio.

Il presepe napoletano che nel 700, facendo seguito a tanti presepi realizzati nei secoli precedenti, grazie a Carlo III di Borbone, appassionato, colto, artista egli stesso, assurgerà al massimo fulgore con scene in cui viene utilizzata l’architettura, la pittura e soprattutto la scultura.  Pastori di filo di ferro, imbottiti di stoppa, con occhi di vetro , testina in terracotta, mani e piedi di legno, riccamente vestiti ed adornati, cominciarono a comparire nelle case dei nobili, insieme a nature morte, animali in terracotta, cera e avorio, e strumenti musicali  perfettamente miniaturizzati in legno ed intarsi d’oro. La terracotta veniva trattata con una tinta speciale per creare toni e dare vita particolarmente ai volti. I Pastori – Hanno il significato simbolico del nomade,  che è passeggero come l’anima nel mondo. La loro funzione è quella del vegliare, per cui vegliano su tutto e vedono con la contemplazione spirituale. Benino, Il pastore dormiente: Il personaggio che induce alla spiritualità, colui che testimonia il risveglio della cristianità sul paganesimo, è colui che sarà svegliato dagli Angeli per portare la buona novella della nascita.

 L’elemento coreografico si ispira al classicismo, al sapore romantico delle rovine e degli scavi nelle città sepolte dall’eruzione del 79 d.C.. Si inseriscono scene di vita quotidiana con un numero infinito di personaggi: Il fabbro, il mangiatore di maccheroni, la contadinella la lavandaia, il cacciatore… Abbondano botteghe di salumi, frutta, verdura, pane e carne, di cui la popolazione napoletana, si nutriva gli occhi più che lo stomaco, minuterie di stoviglie realizzate nella fabbrica di Capodimonte, anche questa voluta da Carlo di Borbone. E poi ancora, le scene orientali, I Magi, i cavalli, i cammelli e il loro seguito di moretti. Il paesaggio si anima di ruderi, di case, villaggi in lontananza, il tutto costruito con veri coppi, tegole, mattoncini. Il sughero, non soggetto alla corrosione dei tarli, e non facile ad incendiarsi, è un materiale utile nel rappresentare rocce, dirupi viuzze e ancora case e ruderi.

 Una invenzione del presepe è l’inserimento di giochi di specchio che modificano spazi e prospettive rendendo profondità e mistero in fondo alle grotte, o all’incrocio dei viottoli. Bellissimo è il volo degli Angeli che salgono verso il Cielo. Ed infine la Natività che si ripara sotto le rovine di un tempio pagano, a testimoniare che il mondo sta cambiando, nascendo a nuova vita.  Alle loro spalle Il Bue e l’Asinello che  hanno diverse interpretazioni simboliche: Il buono e il cattivo – le forze positive e negative che sovrastano il mondo – il nuovo e l’antico testamento.

In particolare il bue è forte e paziente, simboleggia tutti coloro che lavorano nel “campo di Dio” e ne divulgano la Parola.

L’asinello simboleggia le forze malefiche cavalcate da Cristo,  dominandole.

In alcuni presepi, Gesù nasce in una mangiatoia, in altri, è una grotta, che lo accoglie. La Grotta,  simbolo del cosmo in cui è entrata la luce del mondo. La grotta buia e fredda,  accoglie gli stanchi  Maria e  Giuseppe, e si riempie di luce con la nascita di Gesù.

Tornando al presepe napoletano, nella sua vastità e complessità è articolato in tante scene di vita quotidiana, ma con riferimenti all’Oriente, ad Erode che invia i Magi  a scoprire chi è Questo Nuovo Re.

 Il sacro ed il pagano si intrecciano in uno scenario armonico, ricco di colori e di atmosfera, di passione di amore per l’Evento che ha cambiato il mondo. Non dimentichiamo che computiamo gli anni dalla nascita di Cristo, che però secondo studi recenti nacque sul finire del 747 e non nel 754. Sette anni dopo, quindi, per un calcolo errato, nel computo iniziato verso il 540 ad opera di Dionigi il Piccolo.

Non potendo citare tutti i presepi napoletani, mi riferirò in particolare al presepe Cuciniello, inaugurato il 28 dicembre 1879 nel Museo Nazionale di San Martino allogato nella omonima Certosa Napoletana, e quello dei Ss. Cosma e Damiano a Roma, nella cui Basilica, ai tempi di Cristo, aveva luogo l’archivio imperiale o ufficio statistico della antica Roma. Da questo luogo partì l’ordine di eseguire il censimento in Palestina, ragione per cui Giuseppe e Maria furono costretti ad incamminarsi verso Betlemme. Betlemme ovvero Casa Del Pane, il cui nome deriva forse dal fatto che anticamente la cittadina era un grande granaio. Ma  Betlemme in arabo vuol dire anche Casa Della Carne. Gesù disse” Chi mangerà di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo“ Gesù, fonte di vita e di rinascita.

E che la stella cometa, diventata il simbolo della luce da seguire, una luce che si chiama speranza, la Luce che illumina il buio in cui spesso camminiamo indicando il giusto percorso da seguire, accompagni l’umanità allora o come ora.

Nadia Farina

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