Gio. Nov 21st, 2024

La felicità (sarebbe più corretto definirla contentezza) è una ricerca personale che prevede soprattutto un percorso individuale interiore. Questo è il mio parere! Fatta tale premessa ci sono sicuramente elementi che aiutano ad ottenerla, e tra questi ricordiamo: la salute, i soldi e le relazioni sociali. Detta così sembra quasi un luogo comune ed è per questo che proverò ad argomentare meglio le ragioni che andranno a sostegno degli elementi citati.

Ovviamente, in merito alla salute, non c’è molto da aggiungere anche se bisogna precisare che non è la salute in sé a generare la felicità (perché quando stiamo bene non ci prestiamo mai attenzione), bensì la sua mancanza a determinare l’infelicità. Chiarito il punto più semplice, passiamo al secondo elemento e cioè i soldi.

Due ricercatori, tra cui Daniel Kahneman (che ha ottenuto il Premio Nobel per l’economia 2002 per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica) e Matt Killingsworth (noto esperto per gli studi condotti sulla felicità), hanno realizzato una ricerca separata, giungendo però allo stesso risultato, e cioè che i soldi aiutano ad essere felici. A dire il vero i due studiosi hanno avuto qualche divergenza in merito ad un eventuale tetto massimo di reddito che secondo Daniel Kahneman  è stimato intorno ai 100.000 euro annui, mentre Matt Killingsworth sostiene che il livello di felicità continua a crescere indipendentemente dall’aumento dell’introito annuo. Il dibattito resta aperto, anche se in merito al fatto che un reddito alto aiuti ad essere felici, sembra mettere d’accordo entrambi gli studiosi, persuadendo completamente anche il sottoscritto.

L’altro elemento che induce alla felicità, sempre secondo “la scienza” è rappresentato dalle relazioni sociali. Alcuni ricercatori dell’Harvard Study of Adult Development hanno realizzato uno studio durato ben 85 anni e condotto su 3 generazioni in cui si evince che le relazioni sociali sono l’unico vero elemento che conduce alla felicità. Tale studio non solo va a demolire quelli condotti da Matt Killingsworth e Daniel Kahneman, ma ci fa anche tornare alla riflessione iniziale;  per raggiungere la felicità (o come dicevo sarebbe più corretto definirla contentezza) bisogna fare un percorso introspettivo e investire sulla qualità delle relazioni e  non deve diventare una corsa in contro a beni materiali. In conclusione possiamo asserire che tali studi (forse alquanto inutili ai fini pragmatici), restano comunque sicuramente utili a darci spunti di riflessione in merito ad un tema tanto articolato e controverso come è quello della felicità; anche se il mio parere personale è che queste ricerche si possono considerare complementari e non in contrapposizione tra di loro, e questo nonostante l’egocentrismo dei protagonisti voglia persuaderci della giustezza delle loro convinzioni personali.

Antimo Pappadia

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