Continua il gioco semiserio, la divertente ricerca sul linguaggio dei fiori, analizzandone le peculiarità con il tentativo di raccontarne la piccola storia, la simbologia ed anche un nome che si potrebbe attribuire ad ogni fiore o pianta, battezzandoli con un nome in cui ciascuno potrebbe identificarsi, proprio attraverso questo particolare linguaggio.
Tentare poi, di tradurre tutto questo in poesia, è una scommessa.
CONVOLVOLO: Il sacrificio e l’amore dei martiri e degli eroi
Il convolvolo di cui parla anche Virgilio, è dannosa per l’agricoltura essendo una pianta invadente. Le sue corolle che durano un solo giorno e non si trovano quindi dai fiorai, hanno forma di campana o di imbuto, dette per una antica leggenda, anche tazzette della Madonna. Per la resistenza delle sue profonde radici, nel linguaggio dei fiori, gli è stato attribuito il significato di amore tenace e profondo e di ricordo senza fine.
I suoi colori sono il rosa in tutte le sue sfumature: simbolo di speranza- positività- tranquillità –gentilezza. Il blu, colore dell’infinito che diventa viola, colore dell’oltre e del sacrificio.
Il nome che gli si potrebbe attribuire: Flaminio- -colui che compie sacrifici
Convolvolo
Viene sacrificato per dare spazio alle piante che appena nate, ha invece protetto e sostenuto con il suo andar controcorrente.
Il convolvolo spaventa per la forza dei viticci e la velocità dell’espansione, e lo chiamano invadente.
Viene così estirpato, senza pietà, lasciando cadere sul terreno, come gocce di sangue, impalpabili fiori viola carichi di semi.
Come martire ed eroe del mondo vegetale, va ad incontrare negli Elisi, i martiri e gli eroi del regno umano.
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NONTISCORDARDIME : Il messaggio del tempo)
Plinio il vecchio ricorda che il Myosotis ovvero il Nontiscordardime era considerato simbolo di Salvezza da tutto ciò che poteva rattristare o addolorare. Il suo nome nasce da una leggenda medioevale tedesca. Due innamorati passeggiano lungo le rive di un fiume raccogliendo i piccoli fiori azzurri. Il fidanzato purtroppo incespicò nelle pietre della riva e cadde nel fiume, quando comprese che non si sarebbe salvato, lanciò alla sua innamorata il mazzolino che aveva in mano, gridando “ non ti scordar di me!”
Il nome che le si potrebbe attribuire è: – Angelo (messaggero)
Nontiscordardime – Miosotys
Scorre gelata l’acqua del torrente e trascina con sé l’istante e poi l’istante.
Quello solo, mai un altro. Scorre sui sassi addolcendone la forma, trasformando l’apparenza.
Testimone del veloce e indifferente andare, sboccia sulle sponde, un minuto fiore azzurro, messaggero del tempo al suo passare.
Il nontiscordardime.
SAMBUCO: La magia dei simboli
Primordiale nutrimento dell’uomo primitivo nelle regioni germaniche. Grandi quantità di semi di sambuco sono stati trovati nelle abitazioni della svizzera e dell’Italia settentrionale. Il sambuco veniva chiamato l’albero di Holda, dal nome di una fata che si diceva, abitasse fra i suoi rami e alla quale si rivolgeva chi volesse essere guarito da qualche malanno, diventando così panacea di tutti i mali, farmacia degli dei, sentinella della vita e della morte. Riporta la giovinezza ai candidi capelli con il succo delle sue bacche, diventa così simbolo dell’illusione dell’eterna giovinezza.
Il sambuco nasce nei luoghi dei rifiuti decomposti, preferisce le rovine di antichi monasteri nascosti tra gli alberi del bosco. Gli uccelli si cibano delle sue bacche, mentre gli insetti e i parassiti ne sono allontanati. Durante il medioevo il sambuco fu tenuto in grande considerazione e Sant’Alberto Magno, studioso di alchimia, ne riconosceva virtù terapeutiche .
Il dio Pan è un’antica divinità, per tradizione nato da Ermes e da una ninfa, conosceva l’arte di guarire ed il futuro ed utilizzerebbe i suoi rami più vecchi per costruire la mitologica siringa.
Nelle leggende celtiche i rami del sambuco sono utilizzati dagli elfi, piccoli abitanti dei boschi, come flauti essendo cavi e spugnosi, mentre i maghi ne facevano bacchette magiche con i giovani rami.
Il nome che le si potrebbe attribuire è – Speranza panacea di tutti i mali
Sambuco
C’era una volta..
Cominciavano così le storie di bambini e usando l’imperfetto, inventavamo un’altra vita.
Bastava poco per varcare i mondi paralleli del sogno e della fantasia.
Ed è così, che in una notte bianca, sono entrata nel bosco silenzioso e col coraggio che prendeva per mano la paura, mi sono avvicinata al vecchio monastero circondato dai sambuchi.
Nel cerchio del tempo che non c’è, ho visto le Fate sospirare, gli Elfi danzare al suono di musiche flautate, i Maghi agitare nodose bacchette di sambuco. E tutti, a raccontarsi il mito del dio Pan.
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UVA NERA: La durata del tempo (Cristo Signore del tempo)-
La coltivazione della vite è antichissima e risale al 3000 a.C. e l’uva nera/viola veniva denominata Occhi di Horus – il dio egizio, mentre i romani lo associavano al sole ovvero il Cristo Signore del Tempo Cronocratore che fissa la durata del giorno e così come sole, lo dipingono –
La vendemmia è il simbolo del giudizio universale alla fine dei tempi-
L’uva come simbolo del ricordo della terra profanata dal sangue di Abele che produsse allora il nuovo nettare e la saggezza tornò nuovamente ad essere attiva.
Noè trovò la vite selvatica e ne fece vino, ma era aspro ed allora prese il sangue di quattro animali: Un leone- un agnello- un maiale ed una scimmia e lo versò sulle radici della vite come concime. Il simbolismo legato a questi animali e a ciò che il vino fa diventare è più che evidente. Il vino che infonde coraggio e stimola saggezza ( in vino veritas) ma quando si esagera fa commettere all’uomo terribili atti.
Nella settimana santa i paramenti sacri sono di colore viola perché ricordano la passione di Cristo
Il viola è dato dal colore rosso e blu rispettivamente colori della passione e della spiritualità
La vite è la vita che si rinnova in Cristo il cui sangue è simboleggiato dal vino “Io sono la vite” afferma Gesù.
Il nome che le si potrebbe attribuire è Elio–
Uva nera
Trascolora tra le foglie della vite, l’aria dell’autunno.
Ed è in quel tempo, che con rispetto, amore e desiderio di riunione, vengono adagiati nelle ceste e poi nei tini, grappoli recisi di occhi neri, destinati al vino dell’altare.
UVA SETTEMBRINA: Il dono divino sulla terra-)
Si racconta che il primo figlio del sopravvissuto Deucalione, di nome Oresteo, seppellì un ceppo partorito da una cagna, in quel punto nacque la prima vite. In realtà Oresteo altro non era che il mitico Orione che diventò la costellazione del Cane di cui Sirio è la stella più luminosa della volta celeste; splende per cinquanta giorni nel periodo più caldo dell’anno, da luglio a metà settembre, che per derivazione dalla costellazione del Cane, si definisce Canicola. Quando la costellazione di Orione è al centro del cielo, è il segnale di inizio della vendemmia. Sirio faceva maturare i chicchi d’uva, dorati e gonfi, che riflettevano la luce del dio, diventavano quindi il dono divino sulla terra.
Il nome che le si potrebbe attribuire è Matteo (dono di Dio)
Uva settembrina
Cavalcando il cielo dell’estate, Sirio dà il segnale e inizia la vendemmia dei grappoli di luce caduti sulla terra.
Tra i canti e le ballate, si intrecciano ghirlande di miti e di leggende che abbracciano l’umana conoscenza.
Nadia Farina
Nella foto -Sanbuco- Opera di Nadia Farina