Gio. Nov 21st, 2024

Mettete dei fiori nei vostri cannoni,

perché non vogliamo mai nel cielo molecole malate,

ma note musicali

che formino gl’accordi per una ballata di pace, di pace, di pace.

Questo è il ritornello della canzone “Proposta” del gruppo pop “ I Giganti” che, in coppia con il gruppo irlandese The Bachelors, fu presentata al Festival di Sanremo nel 1967, posizionandosi al terzo posto.

Col tempo questo incipit è diventato uno slogan del movimento pacifista.

Tanti gruppi musicali o singoli cantautori  si sono espressi nel tempo contro la guerra e le sue devastazioni, mettendo l’accento sul fatto che sono sempre i più deboli, alla fine, a pagare.

Ricordiamo” Generale” di Francesco de Gregori  del 1978 che racconta i pensieri di un reduce di guerra al suo ritorno a casa:

Generale, dietro la collina
ci sta la notte crucca e assassina,
e in mezzo al prato c’è una contadina,
curva sul tramonto sembra una bambina,
di cinquant’anni e di cinque figli,
venuti al mondo come conigli,
partiti al mondo come soldati
e non ancora tornati.

Oppure, quel  “C’era un ragazzo”del 1967, di Migliacci e Lusini. Canzone cantata da Gianni Morandi,  incisa poi da vari artisti stranieri come Johan Baez.

C’era un ragazzo
Che come me
amava i Beatles e i Rolling Stones
Girava il mondo e poi finì
a far la guerra nel Viet-Nam
Capelli lunghi
non porta giù
non suona la chitarra ma
uno strumento
che sempre dà
la stessa nota
“ta.ra.ta

E ancora “A cosa serve la guerra” di Edoardo Bennato del 2003.

A cosa serve la guerra diciamo la verità
serve soltanto a vincer la gara dell’inutilità
A cosa serve la guerra – la guerra non serve mai
serve soltanto a trovare rimedi che sono peggiori dei mali

 E non posso non citare “ Chi non lavora non fa l’amore”, canzone tra l’ironico e il politico, presentata a Sanremo da Adriano Celentano e Claudia Mori nel 1970.

“Chi non lavora non fa l’amore!”
Questo mi ha detto ieri mia moglie!
A casa stanco ieri ritornai
mi son seduto…niente c’era in tavola
arrabbiata lei mi grida che ho scioperato due giorni su tre…

[…]

Non so più cosa far! Se non sciopero mi picchiano
Se sciopero mia moglie dice:
“Chi non lavora non fa l’amore!”
Dammi l’aumento signor padrone
così vedrai che in casa tua
e in ogni casa entra l’amore.

Ma il testo più strabiliante, lungimirante, di inaspettata attualità, che ci parla di pace, sebbene ci giunga da lontano, dal V secolo, è quello di Lisistrata, una commedia di Aristofane, commediografo greco antico (446/386 a C), l’unico di cui ci siano pervenute alcune opere complete.

Con quest’opera, Aristofane, in piena guerra del Peloponneso tra le due grandi “super potenze” del tempo, Atene e Sparta, mette in scena nel 411 aC  lo sciopero sessuale e l’occupazione dell’Acropoli di Atene da parte delle donne, per porre fine alla logorante guerra che dura ormai da vent’anni.

Lisistrata trae il nome da Lisimaca, sacerdotessa ateniese di Minerva, che significa letteralmente: colei che scioglie gli eserciti. Questo è il suo compito.

Per ottenere il suo scopo, coinvolge tutte le donne della Grecia, per prime le antagoniste spartane.

La cosa sorprendente dell’opera è quella di mettere il desiderio sessuale maschile e femminile sullo stesso piano. Infatti, alla proposta de Lisistrata, le donne non aderiscono a cuor leggero, anzi fanno resistenza:

LISISTRATA:

Ci dobbiamo astenere dall’uccello…

(Sgomento generale)

Che mi vi rivoltate? Dove andate?

Perché torcete il labbro, e fate segno

di no? Quei visi perché mai si sbiancano?

Perché scorron le lagrime? Volete

o non volete? O a che vi preparate?

MIRRINA:

Io non potrei: séguiti pur la guerra!

VINCIBELLA:

Nemmeno io: séguiti pur la guerra!

LISISTRATA:

Sogliola, tu parli cosí? Volevi

farti spaccare, adesso adesso, in due!

VINCIBELLA:

Ogni altra cosa, ogni altra cosa! Andrei,

di preferenza, fra le fiamme. Meglio

lí, che lontano dall’uccello! Niente

c’è che lo possa equivaler, Lisistrata!

LISISTRATA (A Mirrina):

E tu?

MIRRINA:

Le fiamme, anch’io scelgo le fiamme!

Lisistrata però è una donna intelligente e tenace e riuscirà a convincere le sue alleate  a portare avanti questa grande battaglia nel nome di un obiettivo ben più nobile: la pace.

Finalmente dal ruolo di emarginate dalle decisioni pubbliche, le donne cercano un riscatto e usano quel  mezzo potentissimo che la natura ha dato loro: la libido.  L’intelligenza prevale sulla brutalità.

LISISTRATA:

E dunque, in casa e zitte! Qualche altra decisione

ci giungeva all’orecchio, dell’altre piú funesta,

e chiedevamo: «Sposo mio, cosí senza testa

fate le cose?» E lui, guardandomi in tralice:

«Bada al telaio, o povere le tue spalle! S’addice

agli uomini, il pensiero della guerra!»

COMMISSARIO:

Ben detto,

sangue di Giove!

LISISTRATA:

Come bene, se, maledetto,

neppure potevamo dare un consiglio a voi,

cosí mal consigliati! Ma quando udimmo poi,

dire un per via: «Rimasto non c’è uno uomo in paese!»

e un altro: «Neppur uno, perdio!», tosto si prese

il partito, noi femmine raccolte in assemblea,

di trarre in salvo l’Ellade. Che mai piú s’attendea?

Noi non diremo dunque cosa che non profitti:

se a vostra volta udire volete, e stare zitti,

vi si rimette in piedi.

La resistenza delle donne preoccupa e spaventa:

Ché per poco che qualcuno di noialtri dia lor presa,

non vorranno piú desistere da veruna audace impresa,

ma navigli le vedremo costruire anche, e per mare,

contro noi, come Artemisia, si vorranno misurare.

Se ai cavalli poi si dànno, vi saluto, cavalieri!

Niuno supera le femmine per trottare sui corsieri,

ferme in sella: ed il galoppo non le sbalza giú d’arcione!

Vedi un po’ come le Amazzoni ci stan salde, che Micone

pinse, in zuffa contro gli uomini? Acciuffare ormai bisogna

tutte queste, ed infilarle per il collo entro la gogna.

Gli uomini vengono provocati e poi sul più bello respinti!

Il gioco non piace ai signori uomini e davanti a tanta ostinazione, alla fine cedono le armi “ al vincitore”: il sesso.

LISISTRATA:

Come, quando la matassa s’imbroglia,

il capo a questo modo noi pigliamo, e, tirandolo

or qua, or là, su gli aspi, troviamo alfine il bandolo,

cosí, se n’avremo agio, sbroglieremo la guerra,

mandando ambasciatori qua, là, per ogni terra.

COMMISSARIO:

E sperate risolvere sí gran faccenda, o giucche,

con lana, filo ed aspi?

LISISTRATA:

E se non foste zucche

senza sale, trarreste esempio dalla nostra

lana, per governare ogni cosa.

[…]

COMMISSARIO:

Ma questa è una congiura universale

delle donne! Ora, sí, ci vedo chiaro.

Dunque, non perder tempo, di’ che mandino

qui plenipotenziari per la pace.

Altri ne farò scegliere al Senato

io qui: farò valer questo argomento!

(Gesto equivoco)

Alla fine le donne dimostrano di essere utili e indispensabili allo Stato, che hanno il diritto, come cittadine, di proteggere.

La loro lotta, rappresentata in scena  in chiave umoristica e a tratti grottesca, in un momento critico della storia ateniese,  costringe gli uomini  ad una riflessione.

Pazienza e strategia sono le armi che le donne sanno mettere in campo quotidianamente e ora la usano per il bene comune e  per il raggiungimento di una pace duratura.

Anna Bruna Gigliotti

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