Per giornalismo s’intende l’insieme delle attività volte a reperire, diffondere e commentare notizie, tramite qualsiasi mezzo di pubblicazione.
Il modello del giornalismo anglosassone, che poi dovrebbe essere quello del giornalismo universale, sostiene che il pilastro principale su cui dovrebbe poggiare una buona professione giornalistica è composto dalle cinque domande che cominciano con la lettera “W”: Who? [«Chi?»] What? [«Che cosa?»] When? [«Quando?»] Where? [«Dove?»] Why? [«Perché?»]. Possiamo semplificare il concetto asserendo che un giornalismo eticamente corretto dovrebbe essere alimentato dal dubbio, quel dubbio che porta (o dovrebbe portare), a far conoscere la verità dei fatti. Per dirla alla Ferruccio De Bortoli “Il giornalista deve avere sempre e comunque una religione del dubbio.”
Il giornalista è un tecnico del settore dell’informazione, se lo fa come professione unica o come attività prevalente, deve aver superato l’esame di Stato, ed è un giornalista professionista; se lo fa saltuariamente e/o come attività lavorativa complementare, allora ci troviamo di fronte ad un giornalista pubblicista. Entrambi, nei confronti dell’Ordine, hanno gli stessi diritti e gli stessi obblighi giuridici e deontologici. Un esempio di un giornalista professionista noto è Marco Travaglio, Andrei Scanzi, invece, è un giornalista pubblicista altrettanto ben conosciuto.
L’addetto stampa, invece, (che può essere sia un giornalista professionista sia un giornalista pubblicista), lavora all’interno di un ufficio stampa e il suo mandato è quello di diffondere notizie per conto di aziende, organizzazioni o enti. L’addetto stampa non ha il dovere deontologico di cercare e approfondire una notizia, il suo lavoro consiste nel comunicare e diffondere news già abbozzate o preconfezionate dal datore di lavoro.
Le due differenti mansioni sono diametralmente opposte sul piano dell’obiettivo da perseguire.
Il giornalista, almeno da un punto di vista etico, dovrebbe essere “il cane da guardia della democrazia” cioè portare alla luce ciò che il potere vorrebbe tenere nascosto; l’addetto stampa, invece, è un informatore o un amplificatore dell’ente che lo paga; il suo compito è quello di sviluppare ciò che l’Ente (indipendentemente dal fatto che si tratti di un’organizzazione politica, religiosa o economica), gli preconfeziona.
Sia il giornalista che l’addetto stampa sono figure giuridicamente riconosciute, ma lo scambio dei loro ruoli o la promiscuità degli obiettivi prefissati non solo stridono con il loro codice deontologico, ma mettono anche a rischio il diritto d’informazione sancito dall’articolo 21 della Costituzione.
Antimo Pappadia