Le prime mosse del governo Meloni sono già un pezzo significativo di narrazione. Un governo, come l’ha definito Gianfranco Fini (padre caduto in disgrazia della destra missina e poi post-missina) di “destra-centro”. Già nella elezione dei presidenti della Camera e del Senato era possibile leggere in filigrana un disegno netto. Fratelli d’Italia ha la golden share e intende esercitarla. Se gli alleati intendono andare in fibrillazione, sembra il messaggio, che vadano pure in fibrillazione. L’egemonia si esercita a ogni passo e Giorgia Meloni marca ogni propria scelta. È stato, così, appunto, nella individuazione di due esponenti piuttosto radicali come seconda e terza carica dello Stato (La Russa e Fontana). È stato così, ancora, nella scelta dei Ministri e delle deleghe. È così anche con l’ultimo atto per la formazione del Governo, la scelta di Sottosegretari e Viceministri. Fratelli d’Italia domina, in maniera netta. Fa pesare i propri numeri. E quando si tratta di assegnare agli altri partiti della coalizione posti e cariche, prova a giocare nuovamente su identità forti. Non è solo questione di nomi, se è vero, come è vero, che dal Consiglio dei Ministri del 31 Ottobre, viene partorito un decreto legge che tocca le corde dei militanti e degli elettori di Meloni e di Fratelli d’Italia. C’è il tema della giustizia, con un focus sull’ergastolo ostativo: un provvedimento che anticipa e previene la mannaia della Consulta, utilizzando il testo votato dalla Camera nella scorsa legislatura. Il tema è assai controverso, anche molto tecnico, ma sicuramente è un argomento che solletica un certo elettorato, un evergreen della destra italiana (e non solo). Così come il rinvio di due mesi della riforma Cartabia (non oltre perché, come spiegato dalla stessa Presidente del Consiglio, si tratta di una riforma legata al PNRR): un altro segnale, forse più di forma che di sostanza, a un elettorato che su questi e altri temi ha poco gradito il governo tecnico.
Su questi temi Forza Italia, raccontano le cronache parlamentari, è entrata invece in agitazione. Così come sul tema dell’obbligo vaccinale. Come noto, esso era rimasto in piedi solo per il personale sanitario fino a fine anno. Il Governo anticipa la fine dell’obbligo al 1° Novembre, permettendo così il rientro o l’assunzione del personale che non si era vaccinato. Due rintocchi di campana per l’elettorato di Fratelli d’Italia, ma due campanelli d’allarme per Forza Italia. Berlusconi e i suoi hanno davanti a sé scelte complicate: accettare nuovi tempi e nuovi temi, rischiando però l’assimilazione completa; provare a tirare il freno, insistere sui propri cavalli di battaglia, rischiando però lo scontro e l’estinzione. Troppo presto per dirlo, ma sicuramente il Cavaliere ha compreso, suo malgrado, quanto la politica italiana muti in fretta, assai più di quanto accadesse negli anni Novanta.
Mentre Meloni fa valere tutto il peso del proprio consenso (persino crescente, a leggere i sondaggi di queste settimane), e mette in pista i primi provvedimenti del primo Governo guidato da una donna e da una forza politica erede del MSI, nel campo dell’opposizione, al momento, è bellum omnium contra omnes, guerra di tutti contro tutti, come nello stato di natura hobbesiano. La guerra, ma stavolta quella in Ucraina, è uno dei temi a più alto tasso di divisione. Un tema che divide, spacca, semina sospetti e fa lanciare contumelie. In Italia, in realtà, è (quasi) sempre stato così. E quindi, dal Terzo Polo di Renzi/Calenda al M5S, attraverso il PD, Più Europa, Sinistra Italiana/Verdi, ci sono: pro-Putin, pro-Zelensky, sostenitori della pace tramite resa senza condizioni, sostenitori della pace tramite invio di armi, dialoganti, intransigenti, pacifisti integrali, falchi, colombe, e altre strane creature. Le divisioni sono tra i partiti e anche, a volte, all’interno dei partiti. Una Babele. Ma in realtà questo schema si ripete anche per ogni tema in agenda o in discussione. Vale per la giustizia, per le riforme, per l’economia, per il fisco, per il lavoro, per la scuola (interessante, ma un po’ surreale, il dibattito ad esempio sul merito), per la sanità, per le autonomie regionali. Non c’è tema su cui l’opposizione sia oggi coesa, e soprattutto abbia proposte alternative alla maggioranza. Grande è la confusione sotto il cielo, ma la situazione, spiace contraddire il vecchio Mao, non è affatto eccellente.
Alessandro Porcelluzzi