“La Veduta di Delft” è quel magico e ovattato luogo di silenzio senza tempo, in cui Vermeer ha acconsentito a vedermi. La premessa però è
… Se troverà qualcosa su di me, sarò felice di scoprirlo io per primo. In un tempo in cui siete tutti seguiti, controllati, schedati, guardati da un grande occhio mediatico, vi sembrerà strano se non impossibile che io non abbia lasciato traccia di me se non solo con le mie opere. Di me posso dire ciò che hanno detto i posteri
Ebbene?
So che Marcel Proust dopo quasi duecento anni mi ha tolto da quel limbo dove vanno gli artisti che non passano alla storia
Un limbo?
E’un luogo in cui i ritratti prendono vita, le nature morte possono degradare col passare del tempo e i luoghi cambiare e trasformarsi. I quadri si umanizzano, emettono energie per farsi notare. Quando questo avviene, ritornano all’immagine primaria, nella immobilità
Maestro, non riesco a seguirla
Davvero lei pensa che le opere dipinte con verità possano dormire nell’eternità della non conoscenza?
Continuo a non capire…
Vede, io ho dipinto una quarantina di quadri, non di più, potevo dipingerne al massimo due in un anno. Ero preciso, pignolo, lento. Ho comprato anche quando sono stato nell’indigenza più completa, i pigmenti migliori. Ah, quel blu oltremare che ottenevo triturando il preziosissimo lapislazzulo! Ricoprivo tutto il dipinto con microscopici puntini bianchi e poi, per dare una luce riflettente ma silenziosa, mai abbagliante, spargevo sulla tela dei granuli di piombo misti a granelli di sabbia. Ora, crede che facessi tutto questo pensando di non avere una verità da raccontare? Avrei impegnato la mia vita, da quando avevo diciannove anni, nel cercare un nuovo modo di vedere? Lo sapevo che il tempo sarebbe stato galantuomo, ero certo che qualcuno un giorno, si sarebbe accorto di me
Maestro, non le sembra triste questo riconoscimento così tardivo? So che ha dovuto contrarre molti debiti e che alla sua morte, sua moglie ha faticato non poco per soddisfare le richieste dei creditori.
Il riconoscimento tardivo purtroppo accomuna molti artisti così come la povertà. Io sono stato anche fortunato, ho avuto dei momenti di piccola celebrità locale come notabile, ho potuto per un certo periodo mantenere la mia famiglia come pittore, ma anche come mercante d’arte e devo ammettere, anche con l’aiuto di mia suocera una borghese benestante. Ma quattordici figli, sono davvero tanti da sfamare! Purtroppo, quando la Francia invase la Repubblica Olandese ci fu un momento terribile di crisi per tutti e con le mie attività, considerate un bene di lusso, non ero nelle migliori condizioni per garantire stabilità alla mia famiglia
E nonostante tutto questo non ha mai smesso di dipingere?
Gliel’ho detto, la pittura era una necessità irrinunciabile.
Col senno di poi, devo ammettere che è stata davvero una scelta felice. Forse non avrebbe dipinto quella che chiamano la Gioconda del nord, ovvero “ La Ragazza con l’Orecchino di Perla”
Bella vero? Ho cercato la perfezione nella geometria, nello spazio. Volevo che la perla e le pupille della fanciulla avessero la stessa luce, che la figura totalizzasse lo sguardo dello spettatore. Ho cercato continui rimandi di luci e di ombre. Volevo che la ragazza chiedesse con gli occhi : -“ Perché mi stai guardando?” E la bocca, con un lampo di luce si aprisse in qualcosa che sembrasse forse una domanda forse una risposta. Niente di definito e di definitivo. Un attimo di silenzio colto nel tempo. La pittura è un vero miracolo. Marcel Proust non poteva non entrare in sintonia con il mio lavoro. Lui usava le parole come io usavo il mio pennello, un tocco dietro l’altro fino ad arrivare allo spasimo della perfezione di un linguaggio che arriva sulle onde sconosciute di una profonda emozione. Sospendere il tempo, quella è stata la vera scommessa, sospendere in un istante fotografico “La Lattaia”- “La Merlettaia”- “La Pesatrice Di Perle” … Come vorrei sentire i palpiti della mente e del cuore di chi si è fermato sulle immagini in cui una lettera è scritta, letta, forse spedita. Quante lettere nei miei quadri senza mai scrivere quella che ha raccontato la mia vita! Ma non era necessario. Io sono qui a raccontare non ciò che sono o sono stato. Io sono qui per far rinascere ogni volta una tela dal limbo.
Maestro, ma ormai lei non appartiene più al limbo, lei oggi è nell’Olimpo. Impressionista ante litteram, senza mai essere impressionista, lei ha aperto le porte alla geometria di Mondrian, ha costruito gli spazi del futuro.
E lei crede che questo basti? La verità è che avrei voluto continuare, morire a quarantatré anni di stress dovuto a problemi economici, è un vero insulto! Quanto magico silenzio, avrei potuto ancora raccontare? Ho fatto senza accorgermene la storia dell’abbigliamento, dell’arredamento, delle piccole cose, dell’architettura di interni, di questa terra contesa dal mare e volevo tramandare il segreto della luce. Quella vera, quella sentita, quella vissuta, quella percepita come un moto dell’anima.
Non posso più ascoltarlo. Avrei voluto dirgli che Thoré-Bürger un critico d’arte e giornalista francese e Han van Meegeren, sono passati alla storia grazie a lui. Il primo, avendolo tolto dall’oblio, regalò a Proust la possibilità di conoscerlo e che della sua “Veduta di Delft” disse che era [… il quadro più bello del mondo] e il secondo, come il più grande falsario di Vermeer, che lo ha portato sull’altare della cronaca, inducendo critici esperti e storici di tutto il mondo a studiarlo, analizzarlo e a cercare quello che forse mai si troverà: il suo autoritratto.
Ma l’emozione è troppo grande, le lacrime si fermano nella gola. Non ho imparato nulla di più di ciò che la poca biografia su di lui ha tramandato, eppure è come se fossi entrata anch’io in quel limbo silenzioso alla ricerca di un pittore che non è passato alla storia. Il suo insegnamento è stato aprire la porta del tempo.
Johannes van der Meer, ovvero Jan Vermeer, nato a Delft in Olanda, nel 1632. Morto troppo presto il 15 dicembre 1675.
Tratto dal libro: “Parole Oltre Il Tempo” di Nadia Farina Edito da Mreditori