Artemisia Gentileschi è bellissima e lo sa. Non ha voglia di parlare perché sa che inevitabilmente scivoleremmo su un campo minato. Ma io insisto. Le dico che è importante, che questa intervista potrà forse essere utile per comprendere qualcosa in più delle donne e delle donne artiste. Le chiedo carta bianca e con questo una sincerità totale nelle domande, ma soprattutto nelle risposte.
Non so bene perché ho accettato di parlarle, ma visto che c’è, mi chieda quello che vuole.
Sarà sincera come promesso?
Nei limiti del possibile
Sa che il suo nome nei manuali di storia dell’arte o è sconosciuto o viene liquidato con poche righe? Mentre invece viene ricordato come esempio di coraggio dal mondo femminista degli anni 70? Un po’ come Franca Viola, la prima donna siciliana a non aver voluto sposare il suo violentatore. Perché lei ha subito il più orribile affronto che si possa fare ad una donna, non è forse vero?
Anche lei, come tutti, tende ad unire le due cose. L’arte e lo stupro che ho subito, sono due cose diverse. Una riguarda l’artista che è in me, nata con me, affinata nel tempo nella bottega di famiglia, l’altra è la donna. Per un caso del destino, le due cose si sono unite nella stessa persona.
Mi dica allora cosa posso chiederle
Può chiedermi ad esempio come viveva una donna nel 600 e una donna che in più aveva il sacro fuoco dell’arte dentro di sé e se poteva studiare, lavorare o di più, cercare di affermarsi
Glielo chiedo
Una donna che voleva lavorare artisticamente non poteva che farlo di nascosto, non poteva andare a bottega, né frequentare accademie. Ci sono state è vero delle donne pittrici, ma quale fatica e quanti pregiudizi hanno accompagnato la loro vita! Io sono stata fortunata. Mio padre era un pittore che ha comunque creduto nelle mie qualità artistiche e che ha anche cercato di promuovere le mie opere. Ho avuto la possibilità di conoscere e di frequentare grandi artisti. Ho imparato come si dice, sul campo.
E come donna?
Io sono nata a Roma, l’8 luglio 1593. Per me e per le donne come me, l’indipendenza non era argomento di cui discutere. Non esisteva. La donna era destinata ad avere un ruolo sociale di moglie di qualcuno già scelto dal padre ed il mio non ha fatto eccezioni, anzi, in maniera esasperata, ha invaso la mia vita.
Quel poco che si conosce di lei è legato ad immagini molto forti “ maschili” si direbbe, come il suo “Giuditta e Oloferne. E non mi dica che lo stupro di cui è stata vittima, non è la ragione per cui ha dipinto la scena con violenza estrema
E allora lasci che le parli di questa cosa orribile. Ho subito la violenza fisica di Agostino Tassi e la morbosa presenza di mio padre. Due forme di violenza inaccettabili. Ma come accade alle donne vittime di violenza, sono stata accusata di avere provocato con i miei atteggiamenti chiamiamoli disinvolti, il Tassi, perché ero scollata forse troppo, perché mi allungavo in pose sensuali. Ero una ragazzina, una voglia adolescenziale di mostrarmi e una vanità di essere, tutta femminile. Ma questo dà diritto ad un uomo di farle violenza?
Sono passati quattro secoli e mi creda, non è cambiato poi molto il modo di giudicare una donna violentata. “ Glielo ha permesso, l’ha guardato con fare ammiccante, l’ha semplicemente guardato troppo, era troppo svestita…” Ecco perché è importante la denuncia, una denuncia che lei ha fatto in un’epoca in cui la donna era poco più che una cosa.
Sicuramente ma quanto ho pagato? Mio padre mi ha fatto sposare un brav’uomo per tacitare le bocche maligne, ma sono stata costretta ad allontanarmi da Roma, dove non le dico con quanta passione e tenacia, ero riuscita a ritagliarmi una fetta di notorietà nel mondo artistico. Molti degli artisti che frequentavano la bottega di mio padre, apprezzavano il mio lavoro e mi incoraggiavano, ma lo scandalo ha rimesso tutto in gioco. Ma non mi sono pentita. Mai!
E poi?
Sono andata a Firenze dove ho conosciuto il nipote di Michelangelo e Galileo Galilei con i quali, dopo avere imparato a scrivere, perché non sapevo neanche scrivere, ho avuto un lungo rapporto epistolare. Ho lavorato in molte città, ho lasciato un numero notevole di opere. Ho frequentato tanti artisti di cui ho goduto la stima e ho avuto alcuni riconoscimenti, eppure lei mi dice che sono praticamente una sconosciuta nel mondo della storia dell’arte. Forse non ho avuto genialità pittorica, forse non sono stata una grandissima, ma mi creda se le dico che quell’episodio brutale, ha condizionato tutta la mia vita. Ero diventata nota come pittrice, dopo il processo al Tassi, balzata agli onori della cronaca perché lui lavorava insieme a Orazio Gentileschi, mio padre. Forse il mio nome non sarebbe mai venuto fuori, o forse no. Sono comunque rimasta relegata nel ruolo di vittima provocatrice, pittrice per notorietà di cronaca.
Comunque a guardare la sua vita, ci si meraviglia di come una donna possa avere vissuto in tanti luoghi in un’epoca in cui anche il più piccolo spostamento richiedeva giornate di viaggio tra la polvere che levava il respiro e mille ostacoli
La mia forza è stata quella di non fermarmi mai e di vivere ogni giorno come una conquista. Anche se questo mio essere libera ha dato adito alle chiacchiere, alle considerazioni sulla mia moralità, ragione per cui non mi hanno mai affidato pale d’altare o cicli affrescati.
Sarà per questo che la sua vita è diventata un film ed ha intrigato scrittori che hanno per lei speso molte parole? Sarà per lo stupro subito, per la denuncia coraggiosa, sarà per avere accettato di sposare un uomo che ne lavasse l’immagine, per questo ed altro ancora che gli scienziati hanno chiamato col suo nome un asteroide? Sarà stato perché una donna non poteva studiare scienza e mai e poi mai frequentare l’università o sarà stato per avere dipinto la Venere dormiente, che le hanno dedicato un cratere del pianeta Venere?
Morì A Napoli, nel 1653, senza che ne fosse riportato il giorno o il mese, Artemisia Gentileschi.
Esempio di coraggio in un mondo ricco di ostacoli al femminile.
Tratto dal libro di Nadia Farina “Le parole oltre il tempo” (Mreditori)