Gio. Nov 21st, 2024

Per puro caso mi sono imbattuta su You Tube nella Enciclopedia  del doppiaggio e come se il Tablet avesse sentito la mia curiosità ed immediata esigenza di conoscenza di questo mondo oscuro e perciò affascinante,  ha snocciolato una dopo l’altra, brevi, lunghe e lunghissime interviste a coloro che sono la voce italiana, ovvero i doppiatori, della cinematografia che viene distribuita nelle sale e in televisione.

Dalle molte interviste che ho ascoltato, davvero tante per poterle visionare tutte, condotte con appassionata intelligenza soprattutto da Gerardo di Cola  e  Andrea Razza … ho cercato di estrapolare i punti salienti che mi dessero un quadro sufficientemente esaustivo del mondo del doppiaggio. Ne ho ascoltato la storia unita al racconto di  vicende personali, ricordi, aneddoti e riflessioni. Mi limiterò qui a raccontare le riflessioni comuni ai più, tralasciando con dispiacere l’aneddotica vastissima, intrigante, curiosa,  che riguarda Incontri  divertenti o importanti, momenti non sempre sereni, a volte irritati, insoddisfatti, o al contrario, appaganti.

Ascoltare le interviste è stato come scorrere l’audiolibro di un feuilleton in cui si intrecciano tutti i sentimenti umani: Rivalità, invidie, gelosie, recriminazioni, rimpianti, nepotismo, incompetenze… per questo, è difficile se non impossibile farsi un’idea completa di ciò che é il doppiaggio, e pensare di poter scrivere un articolo esaustivo sull’argomento è impresa ardua ed impossibile. Non scriverò quindi, la storia del doppiaggio intesa come tale, ma tenterò di tradurre i sentimenti e le emozioni che i doppiatori nelle loro interviste mi hanno trasmesso e di raccontare come ho detto,  le riflessioni comuni  ai più.

 La figura del doppiatore nata al tempo dei telefoni bianchi anche per indirizzare in qualche modo un certo pensiero, si è evoluta in un doppiaggio definito poi doppiaggese, in cui le voci erano ampie, molto impostate ed ampollose provenienti dalla gavetta del teatro con alla base studi di recitazione soprattutto, nella Accademia di arte drammatica.. Si è poi compreso che un viso in primo piano non poteva assimilarsi al viso visto dal pubblico del teatro. Qualcosa andava cambiata. Mario Maldesi, storico doppiatore e direttore di doppiaggio, sostiene che  un  bravo doppiatore, dice qualcosa e ne fa intuire un’altra,  quindi comunica pensieri non parole – Non è sufficiente infatti  parlare in sincrono con l’attore sullo schermo, più che la bocca, deve guardare gli occhi, entrare nel pensiero.  Un gran risultato si ha quando un attore ha naturalmente le qualità dei personaggi, purché però sappia recitare. Non sempre è necessario avere una bella voce, anche quella definita brutta,  può regalare più emozioni. Il doppiatore deve trasmettere intenzioni più che intonazioni. Deve poter interpretare molti ruoli e non essere immediatamente riconoscibile in un determinato personaggio. Il grandissimo Giuseppe Rinaldi doppiava anche trenta ruoli in un film assumendo voci diverse per diventare tutt’uno con l’attore sullo schermo.

Ma chi è il direttore di doppiaggio? E’ colui che deve scegliere le voci che maggiormente si adattano al viso dell’attore ( ogni volto ha la sua voce )  Molti attori diventano direttori, ma non sempre un grande attore è anche un grande direttore e viceversa. Ci sono quindi  direttori bravi e quelli non bravi  e lo si comprende dal risultato di ciò che arriva allo spettatore. Un mixer di emozioni e di partecipazione attiva alla visione di un film o di uno sceneggiato.

 Tra tutte le cose che ho letto, studiato, per scrivere i miei articoli, quello sul doppiaggio e senz’altro il più difficile, Il più faticoso, come dicevo,  ho ascoltato una innumerevole quantità di interviste,  e per alcuni versi, anche il più triste. Non bisognerebbe mai andare dietro le quinte ( si perde il fascino del mistero) ed è una idea condivisibile da molti, anche se viene riconosciuta l’importanza di “catalogare” i nomi dei doppiatori che se negli anni cinquanta erano circa duecento, adesso sono 2500. La quantità  però, è andata spesso a detrimento della qualità. I doppiatori italiani, universalmente conosciuti come i più bravi del mondo, hanno dovuto subire comunque, gli insulti dell’ ingordigia, delle esigenze di mercato e del commercio, che sono alla base di molti errori del doppiaggio attuale. Mi spiego meglio:

Un tempo, prima di poter entrare in sala di doppiaggio, si facevano molti provini, si passava poi alla visione del film in lingua originale. Questo era utile ai doppiatori per entrare nella  atmosfera  della storia, dava loro,  la possibilità di assimilare la voce ai personaggi del film e non agli attori. Dopo la visione del film, le prove  duravano giorni e giorni. Oggi questo non è più possibile. I tempi di lavorazione e di consegna di un film sono troppo veloci. L’improvvisazione non dà qualità.  I nuovi attori non sempre possono essere anche dei buoni doppiatori; un certo uso e consumo della voce, deve essere studiato analizzato e portato infine in sala di doppiaggio come accadeva quando i doppiatori nascevano in teatro e poi nella prosa televisiva.  Purtroppo non avendo colleghi esperti  dei ritmi e di tanto altro del doppiaggio, accade a  volte che l’attore doppiatore, qualificato cioè nella sua professione,  oggi, deve cedere, direi sacrificare,  parte della sua voce alla non bravura, alla inesperienza, dei suoi colleghi.  Essere un attore non sempre corrisponde ad essere doppiatore che quando è non “adatto” fa del karaoke e non del doppiaggio. Ecco una delle ragioni per cui troppo spesso si ascoltano suoni e non parole, parole  che non si capiscono. Non basta infatti aprire una bocca in sincrono per essere definito un bravo doppiatore. E non è di certo una professione facile e adatta a chiunque. Una bella voce, lo ripetono in tanti, non è sufficiente.

Perché inoltre, il doppiaggio sia un buon doppiaggio, le categorie che lavorano nelle sale  devono essere di qualità. il traduttore,  onesto,  che si spera traduca il pensiero del personaggio del film, immaginate un film coreano. (Chi è in grado di affermare che quel pensiero sia tradotto con onestà?).  L’adattatore, Il direttore di doppiaggio, Il dialoghista, l’attore  e naturalmente il fonico.

Molte altre cose sarebbero da dire, un aneddoto però, che oggi farebbe sorridere, mi sembra simpatico da ricordare per dimostrare di quanta serietà fosse avvolto il mondo del doppiaggio. Nella sala in cui si registrava infatti, era d’obbligo stare in giacca e cravatta ed una volta che un’attrice si tolse le scarpe prima di leggere, fu sospesa per alcuni giorni.

Molti nomi da ricordare o da citare, ma preferisco demandare la curiosità del lettore, all’ascolto di qualche intervista sulla citata Enciclopedia del doppiaggio e finisco però col sottolineare che nei vecchi doppiatori, quelli definiti storici”  è grande la nostalgia di un tempo in cui la qualità era prioritaria sul tempo, su compensi  anche non sempre adeguati all’impegno e alla  bravura, e in cui il  tempo aveva un valore e non un costo,

Nadia Farina

(foto di Annabella Torre)

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