Un gatto che dorme il pomeriggio
nel larghissimo letto padronale
in un punto qualunque, però comodo,
che si sveglia in un’ora qualunque,
perché qualcuno passa e lo carezza
non si sveglia del tutto né si chiede
chi è che lo carezza, ma si sporge
dal sonno solo un po’
per stirarsi in arrendevole lunghezza
perché duri di più quella carezza.
Forse così potrebbe essere l’amore.
Questa bellissima poesia di Patrizia Cavalli, la più ironica, musicale, folgorante voce della poetica contemporanea, è tratta dalla silloge: “Sempre aperto teatro “ del 1999.
Da pochi giorni, il 21 giugno, la grande poetessa si è spenta in un ospedale romano, all’età di 75 anni.
Nata a Todi il 17 aprile del 1947, negli anni ’70 scelse di vivere a Roma dove conobbe la scrittrice Elsa Morante che divenne la sua mentore. A lei dedicò la sua prima silloge “ Le mie poesie non cambieranno il mondo” del 1974.
Qualcuno mi ha detto
che certo le mie poesie
non cambieranno il mondo.
Io rispondo che certo sì
le mie poesie
non cambieranno il mondo
La sua è una poesia lieve e aforismatica, semplice e colloquiale, e proprio per questo amata da tutti.
Un dialogo poetico aperto e contemporaneo, ma che si avvale spesso di versi dalla metrica classica, quali settenari ed endecasillabi che gli conferiscono musicalità e ritmo.
Il titolo del libro lo ha scelto la stessa Morante, che ha sempre creduto nel suo talento.
La stessa Cavalli in un’intervista confessò : ”Quando questo libretto di poesie è uscito, non me ne importava molto. Non mi importava degli altri, volevo solo essere accettata e amata da Elsa, che era per me il massimo che si potesse essere”.
Tra le sue sillogi io amo soprattutto “Datura” del 2013 che deriva il titolo da un fiore dolce e nauseabondo da cui si estrae lo stramonio che ha effetti ipnotici.
Così schiava . Che roba!
Così barbaramente schiava. E dai!
Così ridicolmente schiava.
Ma insomma!
Che cosa sono io?
Meccanica, legata, ubbidiente,
in schiavitù biologica credente.
Basta, scivolo nel sonno, qui comincia
il mio libero arbitrio, qui tocca a me
decidere che cosa mi accadrà,
come sarò, quali parole dire,
nel sogno che mi assegno.
Nel 2019 la Cavalli ha pubblicato la raccolta di prose, “Con passi giapponesi” (Einaudi), finalista al Premio Campiello 2020.
In verità sono racconti che conservano della poesia l’introspezione visionaria, scelte lessicali e ritmo.
Il primo testo, che dà il titolo all’opera, parla di una donna sarda che cammina con piccoli passi giapponesi. E’ minuta e tarchiata, sproporzionata nelle forme, tanto che se ne vergogna per cui evita il contatto con gli altri, anzi scivola lungo i muri per passare inosservata. Per invidia si sofferma ad osservare i corpi delle altre donne per cogliere il passare del tempo nelle rughe del collo, del labbro, sulla cosce non più floride, sulle braccia ormai decadenti. Il suo ossessivo scrutare i corpi femminili in verità l’accomuna alle altre donne per quella paura di invecchiare che ha come contraltare il desiderio di arrendersi finalmente al passare del tempo.
Sempre del 2020 è la raccolta in versi: “Vita meravigliosa”
Che suonano come un commiato:
Cosa devo fare
per togliermi di torno
la mia nemica mente:
ostilità perenne
alla felice colpa di essere quel che sono,
il mio felice niente.
e ancora
E me ne devo andare via così?
Non che mi aspetti il disegno compiuto
ciò che si vede alla fine del ricamo
quando si rompe con i denti il filo
dopo averlo su se stesso ricucito
perché non possa più sfilarsi se tirato.
Ma quel che ho visto si è tutto cancellato.
E quasi non avevo cominciato.
Certo le sue poesie non hanno cambiato il mondo, ma di certo lo sguardo con cui abbiamo imparato a scrutare dentro e fuori di noi. Grazie Patrizia.
Anna Bruna Gigliotti