Maestro, fare una intervista a lei è come contare fagioli contenuti in un vaso, dopo averli contati tutti, si è certi che ne sfugga sempre qualcuno. Intendo dire che di lei si è scritto e detto tutto, eppure ogni volta che si legge una sua biografia esce sempre qualcosa di inedito.
“Caro ragazzo, perché lei è un ragazzo vero?”
Sa benissimo che non sono un ragazzo, ma il suo è un evidente intento provocatorio di cui faccio finta di non accorgermi
Dicevo, caro ragazzo, lei pensa che la vita sia così facile da raccontare? Quanti episodi della sua vita lei ha trasformato con il ricordo? Quanti ha volutamente cambiato di significato attraverso l’esperienza o l’emotività del momento?
Certamente ha ragione. Vogliamo allora tentare di dire qualcosa di definito?
Sono nato in Spagna a Figueres, nove mesi dopo la morte di mio fratello Salvador che aveva tre anni, e come è accaduto a Vang Gogh, mi hanno dato lo stesso nome, ma se la cosa per lui è stata devastante, per me è diventato un punto di forza. Mi sono accorto subito di essere in possesso di un’arma di ricatto nei confronti di mio padre, Salvador anche lui, l’ho martirizzato, l’ho subissato di capricci e di dispetti. Più ero coccolato e più lo tormentavo. Dunque, Salvador mio padre, Salvador mio fratello, Salvador io, e come se non bastasse, mio padre aveva fatto appendere sul mio letto la riproduzione di un Cristo morto dipinto da Velasquez. Il Salvador per eccellenza.
E con questo cosa intende dirmi?
Che avevo un destino segnato. Io ero e sono il Salvador
Maestro, non crede di esagerare?
Tutto il mio lavoro, è opera di un alchimista e cosa fa l’artefice, colui che cerca la pietra filosofale? Fa un’opera di redenzione, trasforma la materia in oro, la purifica, la spiritualizza così come ha fatto Cristo che ha riscattato i peccati degli uomini salendo sulla croce.
Alchimista?
Ha capito benissimo. Cominciamo da capo. Quand’ero piccolo, mi divertivo a guardare il mondo attraverso il tappo di una bottiglia di cristallo che tenevo sempre in tasca. Mi piaceva vedere le immagini frammentate e moltiplicate, i colori che si suddividevano e che si aprivano in altri colori. Ho imparato con il tempo e con lo studio, che in alchimia, una delle operazioni basilari per arrivare alla pietra filosofale, è frammentare la materia. Fin qui sono stato chiaro? Ed io cosa ho fatto? Ho frammentato i miei quadri, ho dato della pittura una nuova visione. Ho inventato il metodo paranoico critico che dava la possibilità allo spettatore, di vedere più immagini che nascevano da una sola apparente. Le faccio un esempio: una donna riversa, forma con il suo braccio la testa di un cavallo, mentre i suoi capelli ne diventano la criniera.
I suoi quadri hanno un che di allucinante. Stracolmi di simboli. Hanno davvero una spiegazione?
Il fatto che neanche io sappia spiegarli, non vuol dire che non abbiano un significato
E quelli in cui frantuma l’immagine in quello che diventerà il periodo “nucleare” ? Farà addirittura scoppiare la “Testa di Raffaello”.
Questi quadri nascono dalla coscienza della bomba atomica. Non dimentichiamo che nel “45 era esplosa su Hiroshima e Nagasaki. E poi sono passato attraverso l’alchimia, lo studio dei grandi del rinascimento, la psicologia, la mitologia, la fisica. Tutti i mesi mi facevo arrivare una rivista scientifica che studiavo con attenzione ed estremo interesse. In particolare ero affascinato dalla scissione dell’atomo. Ed ancora, la religione, i simboli… L’ho scritto sa, nel mio “Diario di un genio” ma quanti mi hanno creduto? Mi hanno dato del cialtrone, un imbroglione che aveva trovato il modo di fare soldi
E non è forse vero? Breton aveva addirittura anagrammato il suo nome in Avida Dollars
Caro ragazzo, – insiste– l’unico modo per non essere schiavo dei soldi, è averne.
Possiamo dire allora che lei è l’uomo più libero che io conosca. Ne ha fatti con il cinema, il teatro, la moda, non parliamo poi della pubblicità che le deve moltissimo. Senza parlare della pittura, dei disegni, delle litografie. Sa che ci sono in giro un sacco di falsi? Dicono che lei abbia firmato dei fogli in bianco e c’è il rischio di comprare, firmato da lei, un disegno fatto chissà da chi.
Queste sono leggende. Ma potrebbero essere vere…
Un altro artista che non ha avuto bisogno di morire per diventare ricco, è stato Picasso. Di lui cosa mi dice?
Ci siamo incontrati, gli dissi che avevo voluto vederlo prima ancora di andare al Louvre. Apprezzò la cosa. Dovevo ammettere la sua superiorità per essere io il più grande. Ci scambiammo uno sguardo carico di comprensione e di sfida. Lo sapevamo che non c’era posto per tutti e due. Due come noi
Posso chiederle di Federico Garcia Lorca?
Nessun problema, ormai lo sanno tutti che abbiamo avuto una storia, ma era troppo romantico, di un romanticismo per me inaccettabile, amava troppo le zingare i loro occhioni verdi e le loro canzoni.
Torniamo alla pittura. Ha dipinto diverse volte la crocifissione. Un tema quasi ricorrente nel tempo.
Nella mia ricerca di spiritualizzazione della materia, senza mediatori e attraverso tutti i simboli, vuoi che fossero alchemici, fisici, mitologici, sono arrivato al compimento di una pittura di fede.
Grande importanza, in questo senso, ha avuto la figura di Gala, sua moglie. Tanto che lei si firmerà DalìGala
Eravamo la vera figura androgina dell’alchimia in cui si fondono uomo e donna divisi eppure uniti. La incontrai che era moglie del poeta Eluard e me ne innamorai perdutamente. Siamo stati insieme quasi cinquanta anni e quando è morta lei, sono morto anch’io.
E’ finita la mia voglia di dipingere, di trasgredire,di provocare, di stupire, di vivere…
All’improvviso, il silenzio.
-“Maestro ma le uova, sul suo Teatro-Museo Dalì, quello che aveva ideato e poi iniziato a costruire nel 1960.. Maestro quei vent’anni dedicati a questo progetto che lo avrebbe consacrato alla storia, gli orologi molli … Maestro …”
Non mi ascolta più..
“… Il surrealismo … Maestro… devo chiederle ancora tante cose …”
Dalì c’è ancora, lì davanti a me. Ma non c’è più. L’altra sua metà, Gala, lo ha catturato nella sua invisibile rete abbandonandolo nel vuoto. Forse un giorno, quel giorno in cui andrà a rincontrarla, potrà riprendere il suo posto, quello che ha sempre negato a se stesso. Dalì aveva un fratello e un padre di nome Salvador, ma non avrà più bisogno di trasgredire, scandalizzare, per attirare su si sé l’attenzione, per dire a tutti che Salvador Dalì era lui soltanto. Diceva sempre che il fratello nato e morto prima di lui, altro non era che lui stesso non ancora compiuto. Freud avrebbe avuto un bel da fare ad averlo sul suo lettino!
Salvador Dalì che aveva tanti nomi Salvador Domènec Felip Jacint Dalí i Domènech,- e che dal Re Juan Carlos I di Spagna, era stato nominato Marchese di Pùbol, ne aveva scelto uno solo: DalìGala.
Raggiunse l’altra parte di sé, dopo sette tormentati anni, il 23 gennaio 1989.
Nadia Farina –
(Brano tratto dal libro “Parole oltre il tempo” di Nadia Farina – MReditori)