La guerra che verrà non è la prima.
Prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente faceva la fame.
Fra i vincitori faceva la fame la povera gente.
Questa poesia, in verità molto nota, è di Bertolt Brecht, poeta, drammaturgo, regista teatrale, compositore e saggista tedesco. Nato ad Augusta il 10 febbraio del 1898, ha vissuto i due grandi conflitti mondiali del XIX sec. Inizialmente era orgoglioso per il lavoro dei militari tedeschi in Belgio, durante la Grande Guerra , ma ben presto, dopo aver prestato servizio militare come infermiere presso l’ospedale, perse qualsiasi entusiasmo davanti alla condizione in cui versavano i feriti del conflitto.
Un’altra sua famosa poesia contro la guerra è Die Legende vom toten soldaten (la leggenda del soldato morto) in cui un giovane soldato morto viene fatto resuscitare per farlo di nuovo combattere. Per questo poema l’autore, nel 1923, entrò nella lista nera del Fuhrer.
E siccome non c’erano speranze
di pace dopo quattro primavere,
il soldato tirò le conseguenze:
da eroe volle cadere.
Ma la guerra non era ancora in porto,
per questo al Kaiser spiacque
che il suo soldato se ne fosse morto;
in anticipo gli parve.
[…]
La commissione medica si spinse
fino al cimitero,
disseppellì con vanga benedetta
il defunto guerriero.
Ed il dottore visitò con scrupolo
il soldato o i resti del soldato.
Dichiarò ch’era “abile-arruolato”
e s’imboscava di fronte al pericolo.
[… ]
Davanti la banda fra il chiasso dei piatti
suona una marcia briosa.
Ed il soldato, esperto del mestiere,
scaraventa le gambe dal sedere.
[…]
E quando i villaggi traversano
un mucchio di donne era là.
Si chinano le piante. Splende la luna piena.
E tutti gridano hurrà.
[…]
Le stelle non ci sono sempre
e l’aurora sorge.
Marcia il soldato, esperto del mestiere,
verso un’eroica morte.
Questa poesia, di cui ho riportato alcuni versi, è stata interpretata da Milva dopo un adattamento di Strehler.
Sulla figura del soldato, vittima della logica spietata e disumana della guerra, che lo vuole a tutti i costi eroe, molti autori si sono espressi, e spesso anche in modo caricaturale.
Indimenticabili sono a tal proposito alcuni capitoli del libro di Emilio Lussu: “ Un anno sull’Altopiano”. Si tratta dell’Altopiano di Asiago dove lo stesso autore prestò servizio nel corso del Primo conflitto mondiale. La guerra di trincea viene rappresentata come violenta e assurda.
Tra tutti i personaggi che si muovono in quelle pagine, vi è il tenente generale Leone che ha sostituito il precedente perché ritenuto responsabile dell’abbandono di monte Fior.
Riporto qualche battuta del dialogo tra Il Lussu, allora tenente, e il generale, che si meraviglia del fatto che il suo sottoposto non avesse ancore riportato alcuna ferita. Dubita pertanto del suo
amore per la guerra e del suo spirito fermamente patriottico.
Sull’attenti, io gli davo le novità del battaglione.
– Stia comodo, – mi disse il generale in tono corretto e autoritario. –
Dove ha fatto la guerra, finora?
– Sempre con la brigata, sul Carso.
– È stato mai ferito?
– No, signor generale.
– Come, lei ha fatto tutta la guerra e non è stato mai ferito? Mai? […]
– Ama lei la guerra?
Io rimasi esitante. Dovevo o no rispondere alla domanda? Attorno v’erano ufficiali e soldati che sentivano. Mi decisi a rispondere.
– Io ero per la guerra, signor generale, e alla mia Università, rappresentavo il gruppo degli interventisti.
– Questo, – disse il generale con tono terribilmente calmo, – riguarda il passato. Io le chiedo del presente.[…]
– Che cosa ritiene lei, insomma?
– Ritengo, personalmente, voglio dire io, per conto mio, in linea generale, non potrei affermare di prediligere, in modo particolare, la guerra.
– Si metta sull’attenti!
Io ero già sull’attenti.
– Ah, lei è per la pace?
Ora, nella voce del generale, v’erano sorpresa e sdegno.
– Per la pace! Come una donnetta qualsiasi, consacrata alla casa, alla cucina, all’alcova, ai fiori, ai suoi fiori, ai suoi fiorellini! È così, signor tenente?
– No, signor generale.
– E quale pace desidera mai, lei?
– Una pace…
E l’ispirazione mi venne in aiuto.
– Una pace vittoriosa.
Il generale parve rassicurarsi. Mi rivolse ancora qualche domanda di servizio e mi pregò di accompagnarlo in linea.
Ma l’episodio davvero indimenticabile riguarda l’arrivo del generale in trincea dove fa sfoggio del suo coraggio e mette in pericolo la vita di un caporale.
Il generale guardò alle feritoie, ma non fu soddisfatto.
“ Signor generale” dissi io” gli austriaci hanno degli ottimi tiratori ed è pericoloso scoprirsi così”[…]
Il generale non mi rispose. Dritto continuava a guardare con il binocolo. Dalle linee nemiche partirono due colpi di fucile.[…] Egli discese.[…]
Il generale contemplò i suoi spettatori con soddisfazione.”Se non hai paura” disse rivolto al caporale “ fa’ quello che ha fatto il tuo generale”.
“ Signor sì” rispose il caporale
“Gli austriaci, ora, sono avvertiti” dissi io “ e non sbaglieranno certo il tiro”.[…]
“ Ma non è niente” disse il caporale. Si era appena affacciato che fu accolto da una salva di fucileria.[…]
“ Bravo!” gridò il generale. “Ora puoi scendere”.
Dalla trincea nemica partì un colpo isolato. Il caporale si rovesciò indietro e cadde su di noi.[…]
“ E’ un eroe” commentò il generale. “ Un vero eroe”
Questi che ho scelto per il mio articolo sono solo alcuni scritti e opinioni sulla logica distruttiva di ogni guerra, che ha bisogno di vittime ed eroi per nutrirsene. Non sono fantasie di grandi scrittori ma di uomini che la Guerra l’hanno vista da vicino.
Vorrei terminare con alcuni celebri frasi e aforismi che ci aiutano a riflettere:
Dev’esserci qualcosa di sbagliato nel cervello di quelli che trovano gloriosa o eccitante la guerra. Non è nulla di glorioso, nulla di eccitante, è solo una sporca tragedia sulla quale non puoi che piangere”
( Oriana Fallaci)
Dobbiamo dedicare la vita a prosciugare la fonte della guerra: le fabbriche di munizioni
( Albert Einstein)
Che differenza fa per i morti, gli orfani e i senzatetto, se la folle distruzione è operata nel nome del totalitarismo o nel santo nome della libertà o della democrazia?
( Mahatma Gandhi)
“ Il sentiero della nonviolenza richiede molto più coraggio di quello della violenza”
( Mahatma Gandhi)
Anna Bruna Gigliotti