Clinicamente è importante distinguere il sintomo come messaggio, come metafora che ha a che fare con il linguaggio e permettere la decifrazione del godimento che contiene, dal sintomo come spostamento, che aiuta la migrazione del godimento.
Ciò che appare costante in Freud, a partire della teoria della seduzione sino alla fine dell’elaborazione della sua pratica come analista, è l’associazione tra il sintomo, la nozione di curabile/incurabile e la questione della direzione della cura.
Quando si interpella un medico, è con l’idea che egli avrà la soluzione per sopprimere il sintomo, di cui si tratta. Quando qualcuno si rivolge a uno psicoanalista, la prima cosa è piuttosto sapere che cosa vuole. Vale dire, ci si attende che formuli una domanda, che essendo inesauribile finirà per costruire un sintomo. Dal punto di vista psicoanalitico il sintomo esiste soltanto a partire dalla formulazione della domanda. Si comprende perciò importante il sintomo esiste soltanto a partire dalla formulazione della domanda. Si comprende perciò come innanzitutto sia importante, nei colloqui preliminari, far si che sorga una domanda che si interroghi sul rapporto tra soggetto e inconscio, un sapere supposto. Possiamo perciò dire che ogni sintomo è un segno, ma che in psicoanalisi dobbiamo domandarci di che cosa sia fatto un segno. La prima risposta di Freud è stata che il sintomo, fenomeno di corpo, è segno di un altro fenomeno di corpo, che ha chiamato pulsione. Il sintomo assicura il ritorno di una pulsione rimossa. E’ un rebus proprio come il sogno, in cui c’è dunque la presenza nascosta di qualcosa di pulsionale.
Il sintomo è quindi, secondo la prima formulazione freudiana, il sostituto di un soddisfacimento sessuale, vale a dire la realizzazione criptata di un desiderio sessuale. Quello che Freud intende per sessuale è la presenza delle pulsioni parziali che ha cominciato a enumerare nei “tre saggi della teoria sessuale (1905): la pulsione orale, la pulsione anale, alle quali si aggiungono la pulsione invocante e quella voyeuristica, che sono asessuate. Il desiderio eterosessuale o omosessuale e lo stesso. Negli esseri parlanti è un problema e che si tratta di capire come i parlanti, a partire dalle pulsioni parziali, giungono a una relazione con un altro corpo.
La posta in gioco della fine analisi si pone a livello del sintomo come Freud non manca di ribadire in “analisi terminabile e interminabile (1937). Questo testo scritto due anni prima di morire, è una risposta ai suoi allievi che vorrebbero accorciare le analisi. Questo saggio cerca di rispondere ai suoi allievi come Otto Rannk a farli desistere alla suggestione dello stile Americano. Per mettere in guardia gli analisti di questo errore Freud cita il caso “dell’uomo dei lupi” per fare intendere che un analisi può fallire se si mira ad ottenere successi veloci, poiché l’Io potrebbe essere incapace di reggere a forte spinte pulsionali.
Alessandro Nenna