Padre Candido era un fraticello, con una felice lunga barba bianca, così con carineria si descriveva, nato ad Altavilla Silentina, un paese del Cilento in provincia di Salerno, ma poteva essere nato ovunque, tra le risaie della bassa Padana, come tra le zagare della Sicilia. Non aveva insomma, connotazioni geografiche.
Entrato in seminario a 11 anni, la sua vocazione è cresciuta nel tempo, così come la sua mente che si è allargata fino a toccare i confini più incredibili per un religioso. Le sue idee erano chiaramente definite. Aveva avuto il dono della fede, della curiosità, della facilità di scrittura. Doni che sono cresciuti insieme a lui e ai talenti che il Signore gli aveva elargito. Ha cominciato a scrivere sotto la spinta emozionale della terribile alluvione di Salerno del 1954, dove lui, appena ventitreenne arrivò, giusto in tempo per raccogliere i corpi devastati dall’acqua, dalle macerie, dai tronchi divelti, dai detriti che li avevano travolti.
Raccontò con amore, con il pianto nascosto tra le parole, il suo strazio e anche la sua paura. L’unico documento in cui questo tragico evento è stato raccontato nei minimi particolari senza per questo cercarne la spettacolarità. Da quel primo libro ne ha scritti, e vado a memoria, più di venticinque, mai per lucro, sempre invece, finalizzati ad un’opera meritoria. Lo scopo era uno solo: raccogliere fondi. Il denaro è lo sterco del diavolo, ma fa tanto bene alla vigna di Dio!- questo diceva sempre, e sempre alla ricerca di nuove iniziative per portare benessere all’essere umano, dovunque questo fosse e di qualunque colore avesse la pelle.
Che fosse per i bambini della Nigeria, per il Kazakistan, in cui raccontava l’atroce testimonianza di un ragazzo devastato dal nucleare e la lunghissima strada per arrivare ad una sorta di normalità con un infinito numero di operazioni, che fosse la storia di un contadino, quella di una suora, di un convento, di un luogo d’altri tempi, di un ospedale… e poi li diffondeva, li faceva presentare per farli conoscere.
- Più si conoscono, più se ne vendono, più possiamo distribuire acqua, penne, matite, quaderni, medicine, visite mediche…
Simpatico, ironico, acuto, intelligente, razionale e fantasioso, anche se negava questa peculiarità, consolatore, mai bigotto, aiutava senza mai colpevolizzare. Grande mediatore. Viveva in ansia perenne, forse, era il tempo a sfuggirgli, bisognava fare presto… lentamente, un ossimoro che gli piaceva.
Perché ho detto per tutte e stagioni? Semplicemente perché sapeva arare il “terreno” di chi gli si avvicinava, sapeva seminare, far crescere, potare, raccogliere i frutti della sua vocazione. Sapeva esserci sempre! E’ stato cappellano degli Ospedali Riuniti – attualmente Azienda Ospedaliero Universitaria “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno”, dove ha vissuto al terzo piano nella palazzina del reparto di infettivologia dello stesso ospedale.
Il 7 e il 23 di aprile verrà ricordato, dopo la sua morte avvenuta il 14 gennaio del 2020, giorno anche della sua nascita, così come accade per gli amati da Dio e ai geni, a Salerno, nella sua parrocchia e poi nelle sale del nosocomio cittadino. Verrà presentato anche il busto in bronzo dello scultore Pierfrancesco Mastroberti. Scrivendo di padre Candido penso che sarebbe contento di questi ricordi dedicati, soprattutto perché sperava che qualcuno continuasse quel raccolto per chi ne aveva bisogno. Oggi, dopo la cosa a cui teneva di più “ La culla della vita” in cui le mamme potevano abbandonare i neonati in tutta sicurezza, credo che il suo impegno sarebbe nell’aiuto per i bimbi della Ucraina, soli, sperduti, rimasti orfani a causa di una guerra infame.
- Padre- gli chiedevo- come può Dio permettere le brutture del mondo?
- Perché Dio ha voluto il libero arbitrio per l’uomo e gli ha lasciato anche il diavolo, sappi però che il diavolo di cui non possiamo negare l’esistenza, è legato ad una corda, che seppure apparentemente lunghissima, è tenuta dalle Sue mani-
Nadia Farina