“ Bisogna cambiarlo er monno, frate Ciccillo: è questo che nun avete capito! Un giorno verrà un uomo dagli occhi azzurri e dirà: sappiamo che la giustizia è progressiva e sappiamo che man mano che progredisce la società, si sviluppa la coscienza della sua imperfetta composizione e vengono alla luce le disuguaglianze stridenti e imploranti che affliggono l’umanità. Non è forse questa avvertenza della disuguaglianza fra classe e classe, fra nazione e nazione, la più grande minaccia della pace?”
Questa sequenza è tratta dal film “Uccellacci, uccellini “ di Pierpaolo Pasolini, del 1966. Chi parla è frate Francesco che ordina ai due frati Ciccillo e Ninetto, rispettivamente Totò e Ninetto Davoli, di evangelizzare i falchi e i passeri. A narrare la storia dei due frati è un corvo che accompagna due uomini, padre e figlio, sempre interpretati dagli stessi attori, e che riescono a stento a sopravvivere a se stessi. I due, alla fine, stanchi delle sue chiacchiere saccenti e moraleggianti, finiranno per mangiare lo stesso corvo, personificazione dell’ideologia dell’intellettuale di sinistra. Un’allegoria fiabesca e grottesca dei nostri tempi.
La cosa straordinaria è che questo dialogo fa da sfondo al murales con il volto di Fedor Dostoevskij che lo street artist Jorit Agoch ha realizzato sulla facciata dell’Istituto tecnico industriale Augusto Righi a Fuorigrotta, un quartiere di Napoli.
Un grande murales per dire no alla censura che come una mannaia cieca si è abbattuta sul corso di Paolo Nori su Dostoevskij, all’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Il corso per fortuna è stato poi ripristinato in seguito alle proteste di molti docenti, ma l’atto stesso nelle sue intenzioni deve essere comunque condannato. L’artista infatti ha voluto manifestare la propria indignazione e il proprio dissenso riguardo a tutte quelle forme coercitive che colpiscono l’Arte, soprattutto quando è maestra e portatrice di un pensiero libero al di là di confini e appartenenze.
Grandi sono stati il mio stupore e la mia ammirazione per il gesto artistico e altamente simbolico di Jorit, uniti all’orgoglio per questa città, che lo stesso scrittore russo, nato nel 1821, nel suo romanzo “L’Idiota”, ha descritto come un luogo in cui si respira il mistero , una nuova Gerusalemme piena di bellezza, dove si può andare oltre l’orizzonte.
Dostoevskij più volte nel corso della sua vita l’ha visitata e ora ritorna a Napoli . Sul volto una doppia linea tribale, la stessa che l’artista napoletano porta sul volto. Un segno di pace.
Tornando al romanzo dello scrittore russo, che è uno dei miei preferiti, il protagonista Myskin, figlio di una nobile famiglia decaduta e vittima per la sua ingenuità di un altro giovane dal carattere deciso che lo raggira, pronuncerà questa frase : La bellezza salverà il mondo”.
Questo messaggio è costantemente presente in ogni artista, anche se a volte viene travolto da eventi pieni di difficoltà e sofferenze. Solo con la cultura , che è un valore universale, ha detto Jorit, si comprendono le cause delle ingiustizie, delle guerre e si costruisce la pace.
Lo street artist napoletano, conosciuto in tutto il mondo per i suoi celebri murales, in una intervista, ha spiegato il perché della scelta del testo del Pasolini, che oltre ad essere stato un grande intellettuale e critico spietato del degrado morale della politica, ha sempre anelato al cambiamento. Il suo è un messaggio di pace.
In tutti i suoi murales, come in quest’ultimo, sono nascoste delle frasi che ne amplificano il significato e ne svelano la chiave di lettura.
Infatti, nel grande murales dedicato a Lucio Dalla, nel decimo anniversario dellasua scomparsa, e realizzato sulla facciata di un palazzo vicino alla Circumvesuviana, a Sorrento, città che gli ha conferito la cittadinanza onoraria, si leggono due frasi del cantautore tratte da
“Se fossi un angelo”: “ E più giù in Sudafrica a parlare con l’America e se non mi abbattono anche coi russi parlerei” .
Due strisce rosse sulle guance di Dalla. La firma di Jorit. I simboli della pace.
Vorrei terminare questo mio articolo con alcuni versi della bellissima canzone di Dalla “Henna”, scritta per un’altra guerra, quella della Bosnia, ma oggi purtroppo ancora attuale. La canzone, per volontà dei commercianti del Consorzio di via D’Azeglio a Bologna, città dove ha vissuto Dalla, viene trasmessa tutti i pomeriggi . Un inno canoro alla pace, contro questa guerra in Ucraina.
Adesso basta sangue ma non vedi
Non stiamo neanche più in piedi, un po’ di pietà
Invece tu invece fumi con grande tranquillità
Così sta a me, a me che debbo parlare fidarmi di te
Domani domani domani chi lo sa che domani sarà
Oh oh oh chi non lo so quale Dio ci sarà
Io parlo e parlo solo per me
Va bene io credo nell’amore
L’amore che si muove dal cuore
Che ti esce dalle mani e che cammina sotto i tuoi piedi
L’amore misterioso anche dei cani
E degli altri fratelli animali
Delle piante che sembra che ti sorridono
Anche quando ti chini per portarle via
L’amore silenzioso dei pesci che ci aspettano nel mare
L’amore di chi ci ama e non ci vuol lasciare
Anna Bruna Gigliotti