“In un mondo che
Non ci vuole più
Il mio canto libero sei tu
E l’immensità
Si apre intorno a noi
Al di là del limite degli occhi tuoi”
Era mentre passavo sotto il balcone della vecchia casa nel borgo quasi deserto, che improvvisamente ho canticchiato dento il mio respiro questo ritornello di Lucio Battisti. Cosa era stato che me lo aveva portato alla mente? Due fiocchi, uno rosa e l’altro azzurro, appesi ad un portone di legno scuro, un portone senza citofono ma con un grande battaglio. Li ho guardati intensamente, non se ne vedono più tanti, tuttalpiù fuori dalla porta di un appartamento, quasi mai sul portone di un condominio. Sarà perché bambini non nascono più o perché non si ha più voglia di condividere una gioia con persone che probabilmente non si conoscono e a cui a stento si rivolge un indifferente saluto davanti all’ascensore?
Persa in questi pensieri, due vocine mi chiamano:
Dove vai?
Mi guardo intorno, non c’è anima viva.
Chi mi sta parlando?
Siamo noi, i fiocchi. Non passa nessuno, nessuno ci guarda, ma tu sembri interessato, vuoi che ti raccontiamo la nostra storia?
Poiché nulla mi stupisce e meno che mai, il sentir parlare le cose, mi dichiaro attento e curioso.
Devi sapere che mentre nel mondo si soffriva la drammatica crisi del 1929 dovuta al crollo delle banche di New York, a Bologna, una levatrice pensava bene di festeggiare la nascita di un bambino appendendo un fiocco sulla porta di casa.
Come sia nata nella mente della levatrice quell’idea, non è dato sapere. Chissà che non fosse a conoscenza del fatto che in alcune parti d’Italia, si metteva un fiocco nero, segno di lutto, sulle porte dove era un morto? Forse, si poteva comunicare ma in modo più gioioso, anche una nascita.
Fatto sta che la cosa piacque tanto ai cittadini, che il partito fascista, nel 1933, pensò di distribuire un fiocco a tutte le mamme dei nascituri. Divenne così un simbolo per comunicare a tutti un evento da condividere con la collettività. Non bisogna dimenticare che si invitava la popolazione a contribuire all’aumento demografico, con il regalo anche delle famose mille lire per figlio.
Sai di che colore era questo fiocco?
Era bianco. Bianco come il velo da sposa, come la lana delle pecore in Irpinia, dove la culla di un neonato veniva adornata con fiocchi e matassine di lana per proteggerlo dalla malia, ovvero, cita il vocabolario, la capacità misteriosa di conseguire effetti inconsueti e sconcertanti non necessariamente per opera di magia vera e propria. Bianco come bianche erano le penne di piccione buttate dalle finestre delle stanze in cui era nato un bambino, piccione con cui si faceva il brodo per la puerpera.
Quindi, un uso superstizioso, nonché protettivo nei confronti di una nuova vita.
Te ne do molti esempi: I romani, usavano serti di alloro edera ed erbe aromatiche. Gli ateniesi per la nascita di un bambino, appendevano nastri e strisce di lana alla porta di casa, se poi il neonato era maschio, si integravano con ramoscelli d’ulivo, difesa contro gli spiriti maligni. Erano utilizzati anche mazzetti di prezzemolo ed erbe aromatiche e così anche in India, almeno fino a poco tempo fa, si adornava con questi la porta della capanna.
Vuoi dirmi che appendere fuori della porta qualcosa per comunicare la nascita di un bambino, è storia antica nonché diffusa?
Certamente! Ma più che per comunicare una nascita, si volevano proteggere mamma e bambino dai demoni. In Olanda, si usavano trine e merletti colorati a forma di fiore. In Ungheria, un nastro o uno straccio rosso, rosso è il colore del sangue, un mezzo che contrasta il malocchio. In Sicilia usava appendere alla porta un Rosario, un tovagliolo sfrangiato, immagini di Santi e, dietro la porta, una granata ( pietra rossa) e un vaso con il sale. Ma ancor di più, con la scusa di proteggere la puerpera e il neonato dai colpi d’aria, si tappava ogni fessura di porte e finestre affinché il maligno non avesse possibilità di entrare. In alcune parti della Germania, si appendeva, ma solo se maschio, un ramo verde.
E quando nasceva una bambina?
In qualche modo, attraverso varie usanze, già le si disegnava il futuro. In Calabria, si recava in dono alla mamma, un vassoio su cui poggiavano una conocchia e un fuso. Ad altro, una femmina non poteva aspirare, e sono passati poco più poco meno, solo cinquanta anni …
Vogliamo tornare alla differenza di colore dei fiocchi?
Pare che al bianco si sia aggiunto l’azzurro, colore della veste della Vergine, e poi il rosso, colore di cui ti ho detto, che col tempo si è schiarito in rosa, per distinguere i due sessi, uso non recente, anche se, e sembra non fare testo, il fatto che la copertina in cui era avvolto il neonato D’Annunzio, fosse azzurra già nel 1863. L’abitudine comunque di distinguere i due sessi con i colori, sembra essere nata nell’Italia settentrionale e poi diffusa nel resto della penisola. A Roma, nel secolo scorso, le balie delle case signorili, si adornavano con nastri e galle rosse se la balia allattava un maschio, bianco o giallo, se era femmina.
Come sapete tutte queste cose?
Hanno scritto in tanti sulla nostra storia, ma un articolo di tanti anni fa, firmato da Giuseppe Vidossi, ci ha illuminato.
Allora lo ringrazio anche io. Alla fine, la ricerca di uno, diventa conoscenza di tanti ed è così che il sapere si allarga a macchia d’olio. Adesso vi lascio con una parola che comprende tradizione, superstizione, protezione, vicinanza affettiva, solidarietà, visione ottimistica del futuro e tanto altro ancora:
AUGURI!
Ma perché quel ritornello che cantava nella mia mente? Una domanda a cui sarebbe bello saper rispondere.
Nadia Farina
La foto è un’opera di Nadia Farina – Natività