La vita è una catena di fatti, eventi, coincidenze che sono il risultato di un inconsapevole cercare di chiudere quel cerchio in cui Tutto è uno e Uno è tutto.
Per puro caso, tranquillamente seduta sul mio divano, ho alzato gli occhi dal libro che stavo leggendo e mi sono trovata immersa in una carrellata di immagini naif, coloratissime, che come nel domino, si appoggiavano l’una sull’altra. C’è voluto poco per rendermi conto che erano immagini scolpite e dipinte su delle lapidi. La trasmissione che in sottofondo stava andando per farmi compagnia, era Geo, una delle poche, per me, interessanti e degne di vera attenzione trasmesse dalla TV. Ho chiuso il libro ed ho cominciato a prestare una vivida attenzione.
Si parlava del cimitero allegro di Maramures, in cui sono presenti la bellezza di 800 tombe istoriate nel legno di quercia e dipinte con colori forti giallo rosso verde e bianco, colori della natura balcanica e grande predominanza del blu.
Questo cimitero si trova a Sapanta, nel distretto di Maramures, nella Romania settentrionale.
L’idea della prima lapide nacque dalla mente e dalle abili mani del poeta pittore scultore Stan Ioan Pătraș, nel 1934, che realizzò la sua stessa lapide.
Disse di sé ciò che avrebbe voluto di lui si dicesse.
Dopo di allora, i parenti dei defunti si rivolsero a lui affinché con i colori e con le parole, ricordasse il loro caro. La sua attività così speciale, fu ripresa alla sua morte da un “allievo” che ne continuò l’impresa.
Non so cosa pensasse il Patras, ma so quale è l’intendimento di chi ha continuato a realizzare tombe così speciali. Infatti nella trasmissione citata prima, lo scultore pittore che ne ha continuato le gesta, con parole amorevoli narrava di ascoltare le testimonianze di amici e parenti del defunto al fine di poter descrivere in modo poetico, ma vero, con poche parole, la vita, la morte, aiutandosi poi con lo scalpello sul legno, e dipingendo, il fatto più eclatante che lo riguardasse o la causa della morte. Aggiungeva che non inventava nulla, altrimenti il defunto sarebbe diventato un’altra persona e dichiarava di non esprimere giudizio alcuno e al contempo, nessuno però poteva intervenire dopo avergli commissionato la lapide in cui le parole venivano citate in prima persona, come se fosse lo stesso defunto a raccontare di sé con estrema verità.
Bisogna sottolineare che i rumeni, forse, perché discendenti da una antica cultura dacia, credono nella immortalità dell’anima e la morte è solo il passaggio per una vita migliore, per cui bisogna stare allegri. La morte si può, quindi, rendere solenne con parole oltreché poetiche, anche umoristiche e con immagini dai colori smaglianti.
C’era così tanta poesia in quell’artista artigiano, che mi ricordava qualcosa, qualcuno, e quasi dimenticavo di avere sulle ginocchia… L’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master. Ah! Le coincidenze! ma esistono davvero?
E.L.Master, riconosciuto dopo innumerevoli difficoltà, è infatti morto dimenticato e in miseria, come uno tra i maggiori poeti americani del “900, ha descritto nella Antologia, vizi e virtù della società americana, attraverso 248 epigrafi di personaggi, che raccontavano in prima persona la loro storia. Alcuni, pochi, viventi, che pur con il nome cambiato, si riconobbero e tutti gli altri, nel mondo dell’altrove, nati dalla sua fervida immaginazione sull’appoggio dei racconti della madre, non scevri di pettegolezzi, Collocò queste epigrafi sulla collina di un paesino inesistente che prendeva il nome dall’omonimo fiume: Spoon River .
Fernanda Pivano che tradusse l’intera opera, scrisse che :”l’autore definiva questo libro qualcosa di meno della poesia e di più della prosa.”
Non mi dilungo sulla Antologia Di Master, perché non voglio adombrare la forte emozione scaturita dalla conoscenza dell’allegro cimitero di Maramures, anche se non posso fare a meno di metterli in parallelo.
Affascinata da sempre dalla poesia di Master, che non dimentichiamolo, era sulle mie ginocchia, (sic!) ero però calamitata dalle immagini televisive.
In un attimo la parola Poesia, che può comunicare invenzione e verità, è diventata immensa più di quanto già non fosse. Apre infatti un cerchio che unisce E.L.Master, ed un poeta dei Balcani, di cui si tace anche il nome:
Da un lato, Master, figlio della grande America, scrittore e poeta di immaginari ritratti in versi, sulle vittime del perbenismo, puritanesimo, maldicenze e ipocrisie di una certa società americana, che contribuisce con la sua Antologia a fare anche una denuncia politica, e dall’altro un artista artigiano di un lontano paesino della Romania, sconosciuto ai più, che con l’umiltà di un poeta descrive con semplice verità la vita di persone veramente vissute, senza pretesa alcuna, se non per tramandarle al futuro come moniti, insegnamenti, che possano far sorridere o piangere senza disperazione.
Dicevo di un cerchio, che unisce popoli lontani. Quella trasmissione e quel libro sulle mie ginocchia nello stesso momento, altro non erano che la testimonianza del bisogno di restituire ai morti la verità, bisogno che è comunque una necessità dei vivi secondo la tradizione, la cultura, il significato e il valore che ciascuno dà alla vita ed alla morte.
Nadia Farina
***
Alcune epigrafi dell’allegro cimitero:
Corta è stata la mia vita
Come alba appena schiarita
Rugiada che rinfresca i fiori
e sparisce con i primi calori
***
Della mia vita non c’è molto da raccontare
Avevo appena incontrato l’amore
quando come un pezzo di ghiaccio,
mi sono dissolto nel sole.
***
Dottor Scublik mi chiamano così,
vennero con la mucca malata in un grigio martedì,
la bestia non voleva mangiare
Una cornata mi mandò all’ospedale
Sotto terra andai a finire
mentre la mucca beata nell’erba
sta a muggire.