Nel corso della sua opera Carl Gustav Jung prestò particolare attenzione alle fiabe, considerandole una forma di espressione dell’inconscio collettivo e una rappresentazione semplice, quanto efficace, degli archetipi umani. In questa forma di racconto si rintraccia una saggezza, espressa con grande semplicità, che attraverso la comparazione degli archetipi fiabeschi con le caratteristiche dell’epoca attuale, fornisce interpretazioni che spiegano fenomeni come quello relativo alla psicologia del femminile. Che si tratti di fiabe più o meno antiche e tradizionali o in qualche modo rielaborate, esse rappresentano una sorta di specchio della realtà, nelle vicende, nei personaggi, nelle relazioni e nelle trame, in cui si possono riconoscere modelli che rispecchiano emozioni e sentimenti dell’animo umano, nonché materiale prezioso per analizzare idee e pregiudizi correnti. Le figure femminili presenti nelle fiabe mettono in risalto concezioni sulla donna appartenenti alla mentalità comune e ancora vive nella società attuale, mostrando quanto esse siano radicate.
Una delle figure femminili archetipiche è quella della strega brutta e cattiva, piena di odio e desiderosa di fare del male, una donna temibile e malvagia, da annientare, come prevede la tradizione misogina e maschilista. Le streghe sono esistite e condannate al rogo perché accusate di compiere malefici: le donne hanno sempre avuto conoscenze ed esperienze in questioni come nascita, cura e nutrimento, che le mettono in una relazione di continuità con la vita e la morte, una forma di potere che ha sempre indotto a considerarle streghe anche nella realtà! La fata è la figura benefica opposta alla strega, che porta aiuto e fornisce soluzioni, anch’essa comunque considerata strana e capricciosa. Al contrario delle streghe, collocate nelle tenebre, le fate sono legate alla luce, sono bellissime e gentili, oppure goffe e grassottelle, ma capaci di fare magie e miracoli. Sono incoraggianti e benevole con gli uomini ma a patto di ottenere da questi fiducia e collaborazione: atteggiamenti umani negativi possono indisporle e renderle punitive. Sono anch’esse dunque figure di una certa ambiguità, che tradiscono pregiudizi di inaffidabilità, capricciosità, volubilità caratteriale, usualmente assegnati alle donne. Le figure femminili si dividono dunque in quelle malvagie, e quelle buone e positive che però sono tali non per risorse personali, ma grazie ad un potere magico conferito dall’esterno! Nelle fiabe troviamo anche figure di donne reali, appartenenti a varie categorie sociali ed economiche (regina, principessa, domestica, contadina), che ricoprono principalmente ruoli familiari e parentali (madre, moglie, sorella, figlia, matrigna). Ma la figura femminile caratteristicamente presente nelle fiabe è quella della fanciulla perseguitata, soprattutto nella sua innocenza, esposta a diverse forme di prepotenze e maltrattamento, nei contesti più disparati e nelle vesti più varie. Fanciulle vittime di madri ingiuste o matrigne gelose, sorelle o sorellastre invidiose, di maschi tiranneggianti (padri, fratelli, parenti, estranei), o di calunnie e dicerie della comunità, che prima di conoscere il trionfo, grazie alle proprie virtù (che di solito consiste in un buon matrimonio, in cui un uomo ricco e prestigioso fornisce l’unica occasione possibile di mobilità sociale!), sono costrette a patire grandi sofferenze. L’enfasi viene posta sull’accettazione paziente delle disgrazie, sullo spirito di sacrificio e sulla rassegnazione, elementi inequivocabilmente appartenenti al destino delle donne… Seppure sembrano trasportarci in mondi magici e meravigliosi, le fiabe non sono poi così incantevoli. Quelle tradizionali propongono donne passive e incapaci, dedite quasi esclusivamente al culto della propria bellezza, e figure maschili attive, intelligenti, forti e coraggiose. I maschi rivestono quasi sempre posizioni di potere mentre la figura femminile segue gli stereotipi di mamma, sposa felice, donna che non lavora, ecc.; salvo che in rare eccezioni, nelle fiabe non si parla mai di donne che si realizzino a prescindere dall’uomo, o che dispongano di beni e ricchezze personali. La storia degli stereotipi di genere comincia con le favole, dove la donna, per affrontare e risolvere qualunque tipo di difficoltà, può solo confidare nell’arrivo di un baldo giovine inviatole dalla sorte nel posto giusto, al momento giusto.
La narrazione è il modo più antico attraverso cui spiegare il mondo e la storia, indicare regole e costumi, trasmettere messaggi e modelli, valori culturali e sociali. Rappresenta un atto sociale che contribuisce a tessere la cultura di un popolo. Ai bambini vengono narrate storie ritenute più innocue di quanto non siano; in realtà esse forniscono precise indicazioni su concetti come bello e brutto, su ciò che è bene e ciò che è male, cosa è lecito e morale e cosa invece inaccettabile, e suggeriscono ciò che può considerarsi auspicabile per ciascuno. I libri di lettura, e le fiabe in particolare, hanno un ruolo fondamentale sulla concezione che i bambini creano di se stessi e del mondo perché forniscono modelli semplificati, in cui è facile identificarsi, definiscono le loro mappe di orientamento nella società, e le rappresentazioni della vita che vanno a crearsi. Anche se sono spesso considerati come una semplice fonte di intrattenimento, contribuiscono alla costruzione del loro carattere, talvolta del loro destino.
Nunzia Manzo