Lo scenario di questi ultimi giorni è notevole.
Siccome un gruppo di Forza Nuova, durante una manifestazione contro il green pass, ha vandalizzato la sede della Cgil, il centrosinistra ha proposto di mettere fuori legge Forza Nuova.
Ma anche altre organizzazioni di estrema destra, incalzano alcuni. Ogni volta che si propongono azioni di questo tipo (e accade con una certa regolarità, cambiando solo la sigla sotto osservazione), si richiama la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, la legge Scelba, l’apologia del fascismo e il tentativo di ricostituzione del partito fascista. Si citano con grande faciloneria questioni che sono in realtà disquisizioni e diatribe da giuristi, e costituzionalisti, (cosa si configura come apologia? Cosa significa e quali caratteristiche deve avere un tentativo di “ricostituzione”?), ma che nell’urgenza della cronaca vengono brandite come sciabole. Dalle armi della critica alla critica delle armi, come scrisse il Moro di Treviri.
In realtà, secondo Peppe Provenzano, vicesegretario del PD, anche Fratelli d’Italia sarebbe di fatto fuori dall’arco parlamentare/costituzionale/repubblicano. Perché, sempre secondo Provenzano, Giorgia Meloni non ha preso sufficientemente le distanze dai disordini romani e dal gruppo che ha dato l’assalto alla Cgil. Anche questa affermazione merita dieci secondi (non di più) di riflessioni: perché Provenzano evidentemente sogna un parlamento con la sola maggioranza pro Draghi, senza la fastidiosa (unica) opposizione di Meloni. Un parlamento senza opposizione alcuna, unanimemente pro Draghi: un parlamento siffatto in effetti sarebbe un capolavoro di democrazia e pluralismo.
Il centrodestra nel frattempo non è che dica di no alla messa al bando di Forza Nuova.
Preferisce mettere al bando, o almeno lo propone, tutti gli estremismi. Quindi va bene mettere fuori legge Forza Nuova e Casa Pound (ecc. ecc.) ma mettiamo pure al bando i centri sociali e i partitini che si ispirano a regimi totalitari di colore rosso e comunque non nero. Bandire i banditi tutti. Proprio su questa linea si è mosso con una mozione, che sollecita Parlamento e governo nazionale, il Consiglio regionale pugliese. In questa mozione si chiede di applicare la legge Scelba per lo scioglimento delle organizzazioni, cito letteralmente, “che fanno apologia dei totalitarismi di qualsiasi matrice ideologica”. Un capolavoro: già è assai difficile, come detto sopra, che qualche sigla di estrema destra possa davvero essere sciolta in base alla Legge Scelba; figuriamoci organizzazioni che non si richiamano, neanche vagamente, al fascismo, unico (per ovvie ragioni) regime citato nelle disposizioni transitorie della Costituzione. Ma tant’è.
Perché però mettere solo al bando la/le formazione/i politica/che dei violenti di questi giorni? È troppo poco.
Ed ecco che dal Governo si annuncia una stretta sulle manifestazioni. Perché, come noto, il modo migliore di salvare le democrazie da tentativi sovversivi o eversivi, da pericolosi sbocchi autoritari o totalitari, è comportarsi esattamente come i regimi che si vogliono evitare. Non colpire individualmente le azioni criminali (o meglio: usare tutti i mezzi, servizi di sicurezza e servizi segreti, in anticipo per evitare che accadano), sia mai. No: meglio far sentire stretta la morsa, soffocare il dissenso, far credere all’opinione pubblica che davvero uno Stato abbia da temere da qualche teppista rosso o nero. Instillare paura di paure più grandi a venire.
Perché in realtà ciò che sta emergendo solo ora è che, dal 15 Ottobre, alcuni settori potranno essere paralizzati dalla applicazione estensiva del green pass. Trasporti e logistica fra tutti. Settori particolarmente interessanti per diverse ragioni. In primo luogo si tratta di settori da tempo colpiti dal peggioramento delle condizioni contrattuali: i più precari, i più parcellizzati, i meno retribuiti. In secondo luogo settori da cui dipende gran parte dell’economia italiana, sempre più dipendente dalle esportazioni, e dunque con maggiori contatti con l’estero. In terzo luogo ambiti lavorativi che non hanno mai smesso di lavorare, per i quali non c’è stato lockdown. Da qui la sorpresa, solo per chi non abbia occhi per vedere, della imponente e potente protesta dei portuali di Trieste, che chiedono il ritiro del green pass, senza alcun cedimento ad altri compromessi. Sanno, i lavoratori del porto di frontiera, che il green pass è requisito per lavorare solo in Italia, non nei Paesi di arrivo/destinazione delle navi. Un dato curioso che apre qualche interrogativo: siamo Europei a giorni e provvedimenti alterni? Siamo improvvisamente diventati i più prudenti e rigorosi d’Europa o, come sostengono i portuali, mettere nelle mani dei datori di lavori uno strumento, che permette la esclusione dal lavoro, rappresenta invece un grimaldello infilato nella già compromessa unità dei lavoratori?
I lavoratori del porto di Trieste sono in grande maggioranza vaccinati. Non li si può certo accusare di essere di estrema destra né di essere infiltrati dall’estrema destra. Non sono negazionisti, non sono no vax, non sono neofascisti. Per questo disorientano anche e soprattutto il fronte progressista, perché sono una anomalia rispetto a ciò cui siamo abituati, assuefatti da tanto, troppo tempo. Si sente, nel loro voler procedere uniti fino al diritto al lavoro di tutti, l’eco di battaglie del passato. Sussulti, che si pensavano dimenticati, di quella che fu la coscienza di classe. Che vincano o perdano, che abbiano ragione oppure torto, che vadano avanti o si fermino, i portuali di Trieste ci stanno regalando un tuffo nel passato: una fotografia, forse in bianco e nero, di quando l’Italia era operaia, e dunque più giovane e bella. “Tornate all’antico e sarà un progresso”, ci ha lasciato scritto Giuseppe Verdi.
Alessandro Porcelluzzi