Circa 81% degli over 16 ha completato il ciclo vaccinale. Circa il 90% ha almeno ricevuto prima dose. Sui dati in questi mesi ci sono versioni e visioni differenti, ma le principali fonti di informazioni raccontano questo. Il partito di destra, al governo, ha prima ipotizzato l’introduzione di un certificato verde.
Su questa ipotesi il partito di centro liberale ha subito sollevato barricate.
Quello di sinistra ha mosso molte obiezioni alla estensione del green pass ad ambiti diversi da ristorazione e tempo libero.
Alla fine il partito di destra al governo, considerando che l’unica utilità del green pass fosse incentivare la vaccinazione, che invece ha raggiunto comunque risultati assai soddisfacenti, ha deciso di non introdurlo.
È la Gran Bretagna del partito conservatore, del partito liberale e del partito laburista.
Qua invece da settimane usiamo scomuniche verso chi obietta nei confronti del green pass e, nonostante questo, siamo dieci punti sotto per la prima dose e quasi venti per ciclo completo.
Lungi da noi entrare a gamba tesa nel già teso, anzi tesissimo dibattito pubblico italiano sui temi del vaccino, della campagna vaccinale, dell’efficacia dei diversi vaccini in circolazione. Men che meno avventurarsi nella giungla delle dosi e dei richiami. Come già accennato, anche solo aver sollevato dubbi riguardo l’opportunità e l’efficacia dello strumento del Green pass, in Italia, è stato motivo sufficiente per una forma di ostracismo, per una levata di scudi poderosa. Tra le forche caudine sono già passati intellettuali pur ben corazzati, e fino ad allora coccolati, del calibro di Agamben, Cacciari, Barbero. Ergo, ce ne guardiamo bene. E tuttavia non possiamo non ammirare e invidiare una democrazia assai più solida e duratura, la Gran Bretagna. Al di là della Manica il dibattito sul Green pass c’è stato. Ma ha avuto toni e temi assai differenti. A nessuno, pro, contro, tiepidamente pro, tiepidamente contro, sono state lanciate accuse di negazionismo o, in senso opposto, dittatura sanitaria. E il focus del dibattito è stato il ruolo, ancillare e funzionale, del Green pass come incentivo alla vaccinazione. Qualcuno, commentando i dati della Gran Bretagna, ha rilevato come laggiù (lassù) i decessi, in questo periodo, siano quasi il doppio di quelli dell’Italia. E tuttavia questo dato può essere, con tutta probabilità, attribuito a un sistema sanitario che ha subito negli ultimi decenni la mannaia di un processo di privatizzazione selvaggia. Insomma, la differenza rispetto ai dati italiani, in termini di nesso causa-effetto, difficilmente può essere attribuita al ciclo vaccinazione/limiti alla vita sociale.
Forse ancora più interessante è il modo in cui la democrazia più antica e longeva del continente europeo ha reagito a questa fase. L’atteggiamento nei confronti del Green pass, da parte del governo guidato dal conservatore Boris Johnson, si deve al dibattito parlamentare, alla dialettica tra maggioranza e opposizione, alla vivacità e al pluralismo nel campo dell’opinione pubblica. La politica, la politica democratica, che è innanzitutto il prevalere del migliore argomento, in Gran Bretagna è viva e vitale. Inoltre quel dibattito ha avuto come stella polare un elemento di estremo pragmatismo: “Il green pass spinge le persone a vaccinarsi di più? È necessario, o invece la campagna vaccinale funziona da sé?”
Non è difficile cogliere la distanza siderale rispetto all’Italia (e all’altro grande Paese continentale attraversato dal conflitto sul tema, la Francia). Da noi, così come avvenuto tra i cugini oltre le Alpi, il dibattito non è stato un dibattito ma uno scontro tra fedeli di religioni, uno scisma, la divisione tra eretici e ortodossi. Più volte, durante la prima fase della pandemia, ci siamo ripetuti come un mantra “Andrà tutto bene, ne usciremo migliori”. Ci piacerebbe poter dire: ne usciremo più Inglesi. God save the Queen.
Alessandro Porcelluzzi