Lo sterminio pianificato nei minimi dettagli tecnici degli Ebrei in Europa da parte del regime nazista e dei suoi alleati è uno snodo della Storia per cui è stato necessario persino coniare nuovi nomi: più di uno sterminio, più di un genocidio, un unicum nella pur millenaria scia di sangue che accompagna la presenza umana sulla Terra.
Le foibe sono invece uno dei tanti episodi di pulizia etnica, specie nei territori contesi e di confine, di cui il Novecento è stato costellato.
Solo che questo riguarda l’Italia e, a lungo, è stato obliato e volutamente per ragioni ideologiche. Non bisognava parlar male del regime di Tito (e della resistenza comunista in genere).
Come spesso accade, quando si vuole negare, rimuovere qualcosa, essa ritorna in forma distorta e disfunzionale, ed ecco che a lungo le foibe sono state brandite, specie dalla estrema destra, contro la storia e la storiografia ufficiale. L’istituzione della giornata del Ricordo, in memoria delle vittime delle foibe, rappresenta una doppia cura. Ha tolto alla estrema destra un argomento polemico. E ha riparato alla omissione colpevole della storia e della memoria ufficiale.
L’intervento di Montanari è stupido e dannoso perché legge la realtà al contrario. Prende una ovvietà (Shoah e foibe sono incommensurabili) per sostenere che sia stato un errore istituire la giornata del ricordo delle foibe. E arriva a sostenere che questa ricorrenza sia una vittoria della destra estrema (tra l’altro con un nemmeno celato attacco al Presidente della Repubblica). Il che appunto non solo è falso, ma è proprio il contrario della verità e di come si sono svolti i fatti.
Un atto di riparazione, di memoria condivisa, che ha anche il vantaggio di disinnescare una guerra sul passato del Paese, è visto da Montanari come scalpo delle destre radicali. Che Montanari sia oggi (o tra poco, non ho ben capito) rettore non è uno scandalo.
È solo la conferma di come si possa fare carriera pur essendo completamente inadeguati al ruolo.
Perché la compostezza, la postura istituzionale, la sobrietà che è anche eleganza e misura delle parole e nelle posizioni, sono qualità che Tomaso non possiede.
E certe qualità, come il coraggio di cui parlava, via Don Abbondio, Manzoni, se non le hai, non te le puoi dare.
Alessandro Porcelluzzi