Complessi, imago, sentimenti e credenze, sono i fattori concreti della psicologia umana, che andranno a incidere sulle caratteristiche dello sviluppo psichico del soggetto fin dai primi anni di vita e di conseguenza influiranno anche sull’età adulta. Sono fasi di sviluppo psicologico chiamati anche “I romanzi familiari” vissuti con grande intensità affettiva, ma se si è stati sottomessi alle loro dinamiche senza uscirne dal loro passaggio naturale, il soggetto rischia di vedere frantumarsi il suo processo di soggettivazione. Sartre, con il suo romanzo, “L’idiota della famiglia”, ci ha mostrato, la sua interpretazione dell’odiato Flaubert , come sia drammatico essere schiacciati da questi romanzi familiari e di come sia allo stesso tempo difficile uscirne. Far ridere la sorellina facendo lo stupido, a Flaubert ha dato la possibilità di ritrovare la sua matrice per la soggettivazione, proprio perché nella relazione ludica si era attivato il desiderio dell’Altro. Il primo complesso dei tre scandisce la vita familiare nella nostra cultura è il complesso di svezzamento (primi sei mesi): esso ruota attorno all’imago della madre. Non indica solo il distacco dal seno materno, ma soprattutto il distacco dalla madre al momento della nascita. È questo il vero trauma originario del soggetto umano. In questa fase il bambino è dominato dall’angoscia di una frantumazione organica che è in primo luogo frantumazione dell’unità intrauterina. Il complesso di svezzamento è quindi il complesso del corpo-in-frammenti contraddistinto dai fantasmi di fusione con la madre e di cannibalismo. Ogni qualvolta affiorerà, in un certo soggetto, la nostalgia del rapporto fusionale con la madre, riemergerà l’angoscia del corpo in frammenti. È questo il significato dell’istinto di morte che non è interpretato da Lacan come un istinto biologico alla maniera di Freud, ma come l’aspirazione mai sopita a perdersi nel grande corpo materno.
Il complesso di svezzamento fissa nello psichismo la relazione di nutrimento nella modalità parassitaria imposta dai bisogni della prima infanzia dell’uomo. Essa rappresenta la forma primaria d’imago e quindi fonda i sentimenti più primitivi e arcaici che lega l’individuo alla famiglia. La costruzione dell’imago materna ha riferimenti anche con le funzioni biologiche ma, al tempo stesso, ricopre una grossa funzione nello psichismo dell’uomo. Questo è consequenziale al fatto che l’uomo nasce fisiologicamente con una struttura motoria ancora immatura rispetto anche al suo apparato psichico che, ne risulta più completo. Il bambino nei primi sei mesi di vita, è già dotato di fonti percettive e psichiche, ma non è allo stesso modo per il suo apparato motorio, che risulta minacciato e impossibilitato nella coordinazione, al punto tale da sentirsi totalmente dipendente da chi lo accudisce. Questa sensazione di impossibilità coordinazione fisica rinvia nell’uomo la sensazione del corpo in frammenti, che in età adulta potrà essere avvertito con il segnale e le sensazione della portata di angoscia del fantasma di frammentazione e di smembramento, quelli che a volte compaiono nelle analisi dei sogni. Vediamo quindi come nell’uomo, lo svezzamento è principalmente condizionato da un ordine culturale.
Lo svezzamento poiché attraversa questo periodo delicato, può facilmente provocare un trauma psichico, anoressie mentali, tossicomanie orali, nevrosi gastriche, sono una conseguenza a questo periodo.
Traumatico o meno il periodo lascia una grossa traccia nello psichismo umano. La sostituzione della vita biologica che interrompe il corpo pulsionale si accompagna a una crisi psichica, che cerca di risolversi con la soluzione dialettica organizzata attraverso il simbolo.
La tensione vitale che si sostituirà con l’intenzione mentale, sarà sempre poi la questione che muove la filosofia, la letteratura, e il pensiero esistenzialista a interrogarsi intorno alla questione della mancanza a essere. Tuttavia l’imago materna richiede la sua sublimazione, in modo che il soggetto possa in futuro costruirsi relazioni più mature di natura più complesse. Nel momento in cui si resiste a questo cambiamento, ciò diviene fattore di morte. L’argomento riguardante la pulsione di morte citato da Freud nel saggio “Al di là del principio di piacere”, mette in risalto la volontà, di voler far ritorno al vissuto di questa imago. Anche la psicologia delle relazioni oggettuali di Melanie Klein ha approfondito l’argomento della pulsione di morte legato al conflitto odio/amore del periodo infantile “schizo-paranoide”, organizzato dalla totale dipendenza all’oggetto materno.
Mi permetto di prolungarmi su quest’aspetto della pulsione di morte, mettendo in risalto che anche certe forme psichiche tendenti verso la morte, si rivelano in alcuni tipi di suicidio assai particolari, che si presentano come non violenti, manifestandosi nella loro forma orale del complesso: lo sciopero della fame nell’anoressia mentale, l’avvelenamento lento in certe tossicomanie orali, la dieta ferrea nelle nevrosi gastriche, sono classici esempi di come il soggetto, attraverso l’abbandono alla morte, cerca di ritrovare l’imago della madre.
Nel prossimo numero analizzeremo gli altri due complessi, quello di intrusione e e il complesso di Edipo
Alessandro Nenna