Sab. Nov 23rd, 2024

Neoliberismo è diventato un concetto canaglia. Non descrive più nulla, serve solo come amuleto o come anatema. Tutti condannano il neoliberismo. Come per mafia e terrorismo siamo pieni di pentiti e dissociati del neoliberismo. A destra e a sinistra tutti i mali e le disgrazie sono imputati al neoliberismo. In economia o nel costume, a livello locale o a livello globale, se vuoi condannare qualcuno senza argomentare è sufficiente accusarlo di neoliberismo.

Ad ascoltare ogni campana tutti sono o sono stati neoliberisti e al contempo nessuno è stato, vuole essere stato e vuole essere neoliberista.

Solo che, quando un concetto viene stiracchiato così, smette di avere significato. Diventa solo una spranga, un’arma impropria. E a sto punto meglio ricorrere alle parolacce.

Eppure il neoliberismo ha precisi confini teorici (Hayek, von Mises, Friedman) e precise applicazioni pratiche (prima il Cile come esperimento, poi la piena realizzazione nella Gran Bretagna della Thatcher e negli Usa di Reagan).

Ora invece, come spiegato, qualunque sciagura è frutto del neoliberismo. E diventano neoliberistiche anche stagioni e tendenze ed esperienze politiche che non lo sono affatto.

Si possono esprimere giudizi più vari, ma la Terza Via, l’Europa dopo Maastricht, le trasformazioni dei partiti della sinistra e della destra in Italia e altrove, le politiche di austerità, le riforme del welfare (l’elenco sarebbe infinito, ma mi fermo alle prime cose che mi vengono in mente) non c’entrano alcunché col neoliberismo. Alcune attingono ad altre correnti (l’ordoliberismo ad esempio), altre hanno cause e origini in cui il neoliberismo c’entra come il cavolo a merenda.

 Tra l’altro chiamare i fenomeni con nomi impropri, attribuire loro caratteristiche che non hanno, significa anche impedire e impedirsi una riflessione e un ripensamento teorico importanti. Alla fine la canaglia, anche se si tratta di un concetto, imbroglia anche chi tenta di trarne vantaggio.

Alessandro Porcelluzzi

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