Gio. Nov 21st, 2024

Quando ti metterai in viaggio per Itaca

Devi augurarti che la strada sia lunga,

fertile in avventure e in esperienze.

I Lestrigoni e i Ciclopi

o la furia di Nettuno non temere,

non sarà questo il genere di incontri

se il pensiero resta alto e un sentimento

fermo guida il tuo spirito e il corpo.

In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,

nè nell’irato Poseidone incapperai

se non li porti dentro

se l’anima non te li mette contro.

Questi versi sono tratti dalla poesia Itaca di Kostantinos Petrou Kavafis, poeta e giornalista greco, nato ad Alessandria d’Egitto il 29 aprile del 1863 e ivi morto nel 1933, nel giorno del suo compleanno, un destino capitato a pochi eletti tra cui Raffaello Sanzio, William Shakespeare, Ingrid Bergman.

Il suo valore di poeta, uno dei più grandi poeti greci del Novecento, è stato riconosciuto solo dopo la sua morte.

In verità i suoi versi così innovativi ebbero non pochi detrattori tra i suoi contemporanei.

 Kavafis ha infatti vissuto isolato e le sue poesie circolavano solo tra i suoi amici più intimi.

 Solo nel ’35 una casa editrice di Alessandria pubblicò la sua opera omnia: 150 liriche.

“Senza riguardo senza pietà senza pudore

mi drizzarono contro grossi muri.

Adesso sono qua e mi dispero.

Non penso a altro: una sorte tormentosa;

con tante cose da sbrigare fuori!

Mi alzarono muri, e non vi feci caso.

Mai un rumore una voce, però, di muratori.

Murato fuori del mondo e non vi feci caso“.

Ad Alessandria egli visse quasi tutta la sua esistenza, allontanandosene solo per brevi viaggi.

In quegli anni, tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, la città era un centro cosmopolita ricco e vitale coi suoi commerci fiorenti, una borsa attiva, club di tennis e di polo, ville europee circondate da giardini. Tutto questo prima che il nazionalismo nasseriano la snaturasse, opacizzandola per sempre.

I suoi genitori provenivano dalla comunità greca di Istanbul e lui qui scoprì il sesso attraverso contatti con ragazzi di ambo i sessi. Innamorato del mondo greco, amava in maniera particolare Alessandria perché crogiolo di varie culture. Città tollerante e permissiva.

 Nei suoi versi, scritti e riscritti fino a raggiungere la forma perfetta voluta, egli usava un idioma proprio e personalissimo tanto che il premio Nobel Seferis disse di lui:

“Egli non esiste al di fuori delle sue poesie”.

I suoi versi carichi di sensualità, ma anche di consapevolezza della caducità del vivere, raccontano di eros e di piacere da godere in un attimo fuggente e a volte sfuggente.

 Le viuzze, le taverne, il mercato, carico di profumi, diventano luoghi di incontri nascosti da rimpiangere quando la perduta giovinezza sarà un ricordo.

“Questo ricordo lo vorrei raccontare…

Ma così, si è già spento… non resta quasi niente

perché lontano, ai miei primi anni verdi sta.

Pelle come se fatta di gelsomino…

Era agosto – di agosto ? – quella sera…

Ricordo appena gli occhi: erano, credo, blu…

Ah sì, di un blu zaffiro“.

La vita per Kavafis è un viaggio necessario, la cui meta è solo un pretesto.

La Necessità (Ἀνάγκη) del cammino ci rende degni viaggiatori della nostra stessa esistenza .

Ogni uomo deve essere come Ulisse che si mette in viaggio per raggiungere Itaca, ma non è la fretta di arrivare alla meta che ci renderà felici, ma l’esperienza vissuta  fino in fondo nell’attesa di raggiungerla.

Tienila sempre in mente, Itaca.
La tua meta è approdare là.
Ma non far fretta al tuo viaggio.
Meglio che duri molti anni;
e che ormai vecchio attracchi all’isola,
ricco di ciò che guadagnasti per la via,
senza aspettarti da Itaca ricchezze.

Itaca, la sua più bella poesia, è metafora del sogno umano di poter conoscere attraverso l’esistenza stessa. La meta a questo punto è necessaria ma irrilevante. Un ossimoro che potremmo definire filosofico.

Itaca ti ha donato il bel viaggio.
Non saresti partito senza lei.
Nulla di più ha da darti.

E se la trovi povera, Itaca non ti ha illuso.
Sei diventato così esperto e saggio,
e avrai capito che vuol dire Itaca.

Anna Bruna Gigliotti

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