Gio. Nov 21st, 2024

La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle. ( Sant’Agostino)

Mi soffermo a riflettere su questa frase e mi meraviglio della sua incredibile attualità.

Io credo, infatti, che sia importante imparare a sdegnarsi, perché l’indignazione è un atto critico verso qualcosa che ci offende, sminuisce e degrada noi stessi o altri. La consapevolezza di ciò non deve però svilire nella rassegnazione per qualcosa che comunque non possiamo  modificare, ma deve spingerci a cambiarla con un atto di coraggio.

E’ ciò che hanno fatto molte donne illuminate nel corso dei secoli, per raggiungere la parità di genere.

Ma quante voci, anche autorevoli, si sono levate per impedire loro di essere libere di potersi esprimere al di là della famiglia in cui venivano rilegate. Ne cito alcune:

Eschilo: Il bene pubblico è interesse dell’uomo: guai se decide la donna

Erasmo da Rotterdam: Le donne corrono dietro agli stolti; fuggono i saggi come animali velenosi.

James Joyce: La donna è spesso il punto debole del marito.

Luigi Pirandello: Quando una donna dice di tacere per pietà, ha già ingannato.

Benito Mussolini: La donna deve obbedire. […] Essa è analitica, non sintetica. […] La mia opinione della sua parte nello Stato è in opposizione ad ogni femminismo. Naturalmente essa non dev’essere una schiava, ma se io le concedessi il diritto elettorale, mi si deriderebbe. Nel nostro Stato essa non deve contare.

Ma ci sono anche altre voci influenti che si sono opposte ai giudizi mortificanti, ingiusti e maschilisti, sopra citati.

Ne riporto alcune:

Madame de Staël: O donne, voi siete le vittime del tempio in cui siete adorate.

Simone de Beauvoir: Una donna libera è il contrario di una donna leggera.

Rita Levi-Montalcini: Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza.

Nilde Iotti: (Discorso di insediamento alla Camera dei Deputati) Io stessa – non ve lo nascondo – vivo quasi in modo emblematico questo momento, avvertendo in esso un significato profondo, che supera la mia persona e investe milioni di donne che attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci si sono aperte la strada verso la loro emancipazione. Essere stata una di loro e aver speso tanta parte del mio impegno di lavoro per il loro riscatto, per l’affermazione di una loro pari responsabilità sociale e umana, costituisce e costituirà sempre un motivo di orgoglio della mia vita.

Da pochi giorni si è celebrato, come ogni anno, sebbene in forma diversa e meno pubblica, a causa del Covid19, l’8 marzo, cioè La Giornata Internazionale della Donna.

Questa celebrazione ha origine da quell’8 marzo del 1917, quando a San Pietroburgo le donne manifestarono contro la guerra, chiedendone la fine. Ebbe così origine la Rivoluzione russa di febbraio. In seguito, nella Seconda Internazionale delle donne comuniste a Mosca, fu scelto proprio l’8 marzo come data per la Giornata Internazionale dell’operaia.

In Italia, la Festa della Donna iniziò ad essere celebrata nel 1922 , ma solo nel 1945  prese forza, quando, dopo la liberazione dal fascismo, UDI ( Unione Donne Italiane) le diede finalmente una connotazione politica e di rivendicazione sociale.

L’8 marzo del 1946 è stata scelta la mimosa come fiore simbolo della Festa.

La mimosa è un fiore bellissimo che nasce spontaneamente, un fiore povero e alla portata di tutti. Però quel rametto con tanti piccoli fiori “accolti” simboleggia la collettività, la forza dell’unione.

La sorellanza. Un fiore che non passa inosservato per il colore acceso e per quel suo odore intenso.

La strada che le donne dovevano percorrere era davvero lunga e piena di ostacoli ed esibire in pubblico quel ramoscello fiorito divenne un atto di coraggio, più volte ostacolato. Un modo per esprimere una volontà di esserci e di non volere arretrare davanti ad opinioni avverse.

Sul difficile cammino delle Donne, molti scrittori si sono espressi.

Un libro per tutti: Il Coraggio delle Donne del 2020, scritto a quattro mani da Dacia Maraini e Chiara Valentini.

«Ci chiedevamo a che punto eravamo, che giudizio dare dei vecchi e dei nuovi movimenti femminili, quante delle nostre speranze si erano realizzate e quanto restava ancora da fare. In quelle discussioni su un punto ci trovavamo pienamente d’accordo, l’ammirazione per lo straordinario coraggio di donne di ogni tempo per l’affermazione di sé stesse e per i sacrifici compiuti nel cammino di emancipazione e liberazione del genere femminile» (Chiara Valentini a Dacia Maraini).

Un saggio in forma epistolare nella cui prima parte si dà vita ad un excursus storico che va dai primi movimenti femministi passando per la fondazione della “Casa delle donne”, il referendum sull’aborto, fino ai casi, aumentati in modo esponenziale, di femminicidio durante la pandemia.

Le autrici  raccontano anche loro stesse e le proprie, personali esperienze.

Nella seconda parte vengono delineate figure di donne coraggiose e che tante battaglie hanno fatto per l’emancipazione della donna. Per il suo riscatto. Per la sua dignità.

Una lotta ancora in divenire, affinché il sogno non perda le sue ali.

A tal proposito, riporto dei versi tratti dal libro” La bambina e il sognatore” di Dacia Maraini

I sogni sono stracci di nuvole,

scomposti e inconsistenti.

Mi fanno sentire vivo, capisci?

Vivo come non sono mai stato.

Voglio terminare questo mio articolo riportando un’altra bellissima poesia della giovane poetessa Rupi Kaur, tratta dalla sua silloge “Milk and honey” del 2014.

Un inno alla femminilità in gloria. Ne abbiamo assoluto bisogno.

mi piace che le smagliature

sulle mie cosce sappiano di umano e

che noi siamo tenere eppure

rudi e selvagge da giungla

quando occorre

ecco cosa amo di noi

la nostra capacità di emozioni

la nostra impavidità verso il crollo

il medicarci le ferite con grazia

il solo fatto d’esser donna

di definirmi

donna

mi rende integra

e completa

Anna Bruna Gigliotti

Un pensiero su “Lo sdegno e il coraggio”
  1. Quando un uomo e una donna non vanno mai d’ accordo è meglio che si separino per non stare sempre a litigare , ma se hanno messo al mondo i figli allora per il bene dei figli e di loro stessi è eglio che smettano di litigare .

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