Ven. Nov 22nd, 2024

La crisi della Terza Repubblica è innanzitutto tutto la crisi del M5S. Per cogliere la contraddizione a volte occorre spostare lo sguardo sui dettagli. Il giornale di riferimento del M5S, verrebbe da dire, se avesse un senso, uno dei suoi luoghi di elaborazione ideologica, il Fatto quotidiano, qualche mese fa sparava a zero su chi si opponeva alla alleanza col PD alle regionali. Barbara Lezzi in Puglia, assieme alla candidata Laricchia, era bersaglio un giorno sì e l’altro pure, di Scanzi e Travaglio. Fin dopo le elezioni, quando quattro su cinque dei consiglieri pentastellati eletti decidevano di passare in maggioranza. Oggi la stessa Lezzi viene citata come un oracolo, sempre dagli stessi Travaglio e Scanzi, perché con Di Battista e altri si è opposta al sì a Draghi ed è di fatto fuori dal Movimento. Perché al Fatto quotidiano l’alleanza piaceva assai finché si era al governo con Conte. Ma lo stesso Conte, che è meno barricadero di quanto lo vogliano dipingere i suoi, ha benedetto l’integruppo. E quindi sempre Scanzi e Travaglio, per non contraddire il premier rimpianto, sono anche loro per l’integruppo. Cioè vogliono parlare come voce sola come forza di governo, ma difendono la posizione di chi ne vuole rimanere fuori. D’altro canto, anche chi ne rimane fuori, rimpiange, forse ancora di più il leader spodestato, che però si è accodato al governo. E si prepara, non si sa bene quando, a guidare la coalizione. Un visconte dimezzato tra grillini su due lati della barricata. E se i Dimaiani saranno sicuramente alleati con il PD e LeU (o come si chiamerà al prossimo giro), i Dibattistiani non si sa. Quindi Conte potrebbe dover scegliere addirittura tra più coalizioni. Un Bis-conte, dopo il Conte bis.

Alessandro Porcelluzzi

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