Gio. Nov 21st, 2024

E alla fine la crisi di governo è arrivata. Le due ministre e il sottosegretario di Italia viva hanno abbandonato il governo Conte. Al momento non c’è più una maggioranza in Parlamento per sostenere l’attuale esecutivo. Ha avuto torto chi sosteneva, nelle settimane passate, che quello di Renzi fosse un bluff, che fosse una manfrina per ottenere qualche poltrona in più (fino al punto di indicare in Maria Elena Boschi una papabile ministra). È dunque crisi, ma, come per ogni altra mossa di questa Terza Repubblica non dichiarata, la crisi assume toni e modi irrituali. Il Presidente del Consiglio non è salito al Quirinale per consultare il Presidente della Repubblica. Conte, dicono le agenzie, prende tempo. Tempo per cosa? Con tutta evidenza lo strappo tra Italia Viva e le altre forze di maggioranza non si potrà ricucire. Dunque tempo in questo momento significa, può significare soltanto: ricerca di singoli voti in Parlamento, specie in Senato. Dal Gruppo misto o da dissidenti dei gruppi parlamentari di opposizione (nel cui novero rientra ora anche Italia Viva).

#AvantiConConte è l’hashtag lanciato a Consiglio dei Ministri in corso, immediatamente dopo la conferenza stampa di Renzi, Bellanova, Bonetti e Scalfarotto. Ogni ministro vi ha aggiunto una frase, più o meno pomposa, più o meno di circostanza, ma di fatto è l’unica reazione di PD, M5S e LeU alla crisi di governo.

Reazione all’unisono, tra l’altro, che sancisce definitivamente l’ibridazione completa, senza più alcuna distinzione, di tutto ciò che resta della fu gloriosa sinistra italiana con la creatura di Grillo e Casaleggio.

Insomma le forze di governo si aggrappano agli indici di popolarità nei sondaggi del Presidente del Consiglio. È una strategia che utilizza i sondaggi per gettare fumo negli occhi, sperando così di oscurare l’unico dato che, in politica e in democrazia, conta davvero. Ovvero che questo governo non ha più una maggioranza.

La prima osservazione, il primo dato che non può e non deve essere ignorato è questa personalizzazione estrema, questo arroccarsi intorno a e a difesa di Giuseppe Conte. Una personalizzazione (leaderismo sfrenato, si sarebbe detto non tantissimo tempo fa) che fa il paio con le considerazioni, tutte sul piano psicologico e individuale, nei confronti del leader (letto come anti-leader) del partito che ha aperto la crisi. Da ieri (da qualche settimana) Renzi è il baubau di turno: egocentrico, irresponsabile, narcisista, demolitore ecc., ecc. Per non parlare delle pessime considerazioni, dei giudizi al vetriolo, spesso chiaramente sessisti, nei confronti delle due ministre, soprattutto della capo-delegazione di Italia Viva Teresa Bellanova. Ma è oramai chiaro a chiunque come il politicamente corretto si applichi agli amici e alle amiche, mentre si interpreta per avversari e avversarie (anche per coloro che lo sono solo da settimane o giorni o addirittura ore).

Ma la politica non funziona, non deve funzionare, così, non è questione che possa essere interpretata sul piano delle dinamiche individuali o personali. Un governo regge finché ha una maggioranza in Parlamento. Una maggioranza regge finché ha un progetto politico chiaro. Un progetto politico chiaro deve avere consenso fuori e dentro i palazzi. Un consenso fuori e dentro i palazzi non può sovvertire le regole del diritto e della democrazia. Poi un leader può essere simpatico o antipatico, popolare o impopolare, uomo nuovo o riciclato. Checché ne dica D’Alema, che in questo frangente ha prodotto una delle sue battute più sgonfie, conta un tubo.

Il centrodestra è compatto nel negare qualsiasi appoggio al governo attuale, dunque il cammino della ricerca di voti per l’esecutivo Conte appare assai accidentato.   #AvantiConConte, al tempo di Conte che prende tempo, significa dunque sperare di recuperare voti raccogliticci. Magari “valorizzando” (espressione usata da Clemente Mastella che, attraverso la moglie Sandra Lonardo, senatrice di Forza Italia passata al Gruppo misto, pare stia lavorando a questo), a peso d’oro, con qualche favore per qualche territorio di qualche collegio di qualche senatore/deputato, nuovi responsabili. O costruttori europei, come li ha definiti Di Maio in un moto di ecumenismo.

Questa pare dunque la prospettiva più probabile al momento, pur di salvare Conte e salvarsi con Conte per qualche mese.

E tuttavia le aule parlamentari spesso si trasformano in pericolose trincee a chi si avventura per questo tipo di sentieri. Solo questione di tempo e Conte sarà impallinato ugualmente, dai mastelliani, dagli ex M5S o direttamente da franchi tiratori scontenti dei partiti di maggioranza. Difficile immaginare, ammesso che Mattarella permetta tutto ciò, a cosa si attaccheranno poi i tre partiti (PD, M5S e LeU) arroccati con e su Conte.

 

Alessandro Porcelluzzi

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