“A tarda notte lo si poteva sorprendere, sulla panchina di fronte alla Rotonde, a fianco di Jeanne Hébuterne silenziosa, emaciata, esile, le lunghe trecce sulle spalle, pura, amorevole, vera madonna accanto al suo dio”.
Così si espresse Leon Indebaum, ( 1890- 1981) scultore e artista russo, amico di Amedeo Modigliani, riportando uno spaccato di vita, come fissato in un fotogramma, di Modì e di Jeanne Hebuterne, sua compagna di vita.
Corrado Augias, nel suo libro “ Modigliani, l’ultimo romantico”, riguardo al loro rapporto, scrive:
“Dicono di averli visti seduti per ore a un tavolino della Rotonde fissando qualcosa davanti a sé, senza scambiarsi una sola parola, presi in realtà l’uno dell’altra, consapevoli di una felicità che la semplice vicinanza rende concreta.
Del resto, era abitudine condivisa dai due compagni il sedersi l’uno di fronte all’altra e dipingersi”
In ambedue le citazioni viene nominata La Rotonde, un locale tra Boulevard Montparnasse e Boulevard Raspail. Punto di ritrovo degli artisti che nel primo Novecento soggiornavano a Parigi, come Pablo Picasso, Max Jacob, Amedeo Modigliani, Jean Cocteau. Ancor oggi molto noto e frequentato. Meta obbligata per chi ama ripercorrere i luoghi sacri di una Parigi indimenticabile, che ha saputo accogliere artisti da tutto il mondo.
Come non citare allora La Ruche, un altro luogo sacro nel quartiere Vaugirand, nei pressi di Montparnasse, con i suoi numerosi ateliers, dove dal 1902 hanno trovato ospitalità tantissimi grandi pittori e scultori, ma anche incisori, scrittori, poeti.
La struttura, precedentemente progettata da Gustave Eiffel, fu acquistata, ristrutturata e inaugurata nel 1902, dallo scultore Alfred Boucher, per dare la possibilità ad artisti talentuosi, ma che non avrebbero potuto permettersi un atelier personale troppo costoso a Parigi, di esprimere la propria arte condividendo spazio e idee con altri artisti.
Il nome richiama l’alveare per la forma e la struttura piena di finestre.
Simbolicamente è un luogo in cui il lavoro personale, ma anche condiviso, produce l’Arte nel senso più elevato del termine.
Oggi è sede di una fondazione, fortemente voluta da molti artisti quali Jean-Paul Sartre, Jean Renoir, Renè Char che, negli anni ‘60, la salvarono dalla demolizione, e oggi continua ad ospitare artisti.
Il solo guardarla dall’esterno apre il cuore. Sembra di sentire ancora le voci dei grandi,
i litigi, le loro risate. L’odore aspro degli acrilici. Il loro mondo straordinario che ritorna a noi.
“ La vita è un dono, dei pochi ai molti, di coloro che sanno e che hanno a coloro che non sanno e che non hanno”
Queste parole di Amedeo Modigliani suonano a tal proposito profetiche.
Mi piace ricordarlo tra i tanti che affollarono la Ruche perché quest’anno ricorre il centenario della sua morte.
Modigliani è nato a Livorno il 12 luglio del 1884 ed è morto a Parigi il 24 gennaio del 1920 a soli 36 anni. Conosciuto anche con i soprannomi di Modì e Dedo, è uno dei più grandi artisti del ventesimo secolo. Genio maledetto, stroncato da una vita dissoluta, dedita all’alcol e alla droga, e segnata da una salute cagionevole.
Trasferitosi a Parigi nel 1906, fu molto influenzato dalla pittura di Lautrec e di Cézanne, ma presto sviluppò un suo proprio stile.
Fu uno scultore originale: i visi scolpiti appaiono piatti, con occhi a mandorla, quasi maschere egizie, i colli allungati e i nasi storti. Questa, la scultura, sarebbe stata la sua arte prescelta se la sua salute non fosse peggiorata a causa dell’inalazione della polvere della pietra calcarea. Dovette quindi abbandonarla per dedicarsi completamente alla pittura.
Il suo successo si deve soprattutto ai ritratti femminili, che presentano due particolari caratteristiche: un collo molto lungo e affusolato e due occhi senza pupille, vuoti, alieni.
Molte furono le donne da lui ritratte e alcune furono da lui anche amate.
Con una però strinse un legame fortissimo e burrascoso: Jeanne Hébuterne, giovane pittrice, soprannominata “noix de coco” per il candore della sua pelle e il nero dei suoi capelli fluenti. Jeanne, protagonista di oltre 20 quadri, viene raffigurata con ogni abito, in ogni posa, con ogni stato d’animo.
Numerosi tuttavia sono gli aneddoti riportati sulla loro difficile relazione.
Una volta, durante un litigio, si racconta che Modì , ubriaco, le avesse scaraventato contro una sedia.
Il loro fu un amore indissolubile, inquieto e morboso che“li condusse ad una morte”, citando quei Paolo e Francesca, amanti dannati e immortali, di dantesca memoria.
Il 22 gennaio di 100 anni fa (1920), per la tubercolosi, Modigliani morì prematuramente. Jeanne, il giorno seguente, incinta del suo secondo figlio, si suicidò buttandosi dal quinto piano della casa dei suoi genitori.
La loro drammatica storia d’amore ha trovato eco in due testi di cantautori famosi: Vinicio Capossela ( Modì) e Patti Smith( Dancing Barefoot). Nonché nel romanzo di Luca Ricci ,“Gli autunnali”.
“ Quando conoscerò la tua anima, dipingerò i tuoi occhi”
Con queste parole, rivolte ad una giovane, timida, sensuale Jeanne, Modì avrebbe rubato per sempre la sua anima, destinandola a lui in eterno.
Tuttora i due amanti sono sepolti l’uno accanto all’altra nel cimitero Père Lachaise a Parigi.
Anna Bruna Gigliotti