“Siamo governati da una comunità governante della cui totalità ignoriamo quali pensieri abbia, e da un governo senza idee politiche, senza coscienza politica. In quanto ai ministri presi individualmente, ci risulta che alcuni di loro non pensano né hanno mai pensato nulla… Ci reggono ora, signori, e probabilmente ci reggeranno quando cambierà il governo, persone con le quali, anche volendolo, non possiamo esercitare quella virtù del rispetto, che costruisce le città, la virtù socializzatrice per eccellenza. Platone pretendeva che governassero i filosofi: non chiediamo tanto, riduciamo al minimo il nostro desiderio, chiediamo che non ci governino degli analfabeti.”
Questa lunga citazione sembra scritta oggi, e invece il suo autore è Ortega y Gasset e ha quasi un secolo. Una dimostrazione lampante di quanto sia illusoria sia l’idea di progresso. Ora come allora la fiducia nei governanti è ridotta al lumicino. E le nostre democrazie sembrano destinate ad essere abitate, popolate da classi dirigenti che fanno di tutto per rendere poco autorevole, poco credibile la propria voce.
Viviamo nell’epoca degli esperti di comunicazione, dei social media manager, degli spin doctor. A giudicare da ciò che accade delle due l’una: o i nostri politici hanno pessimi consiglieri e consulenti o non li ascoltano affatto. Si pensi all’epic fail recente del Ministro Boccia. Si discute del Natale, delle regole negli spostamenti e nelle riunioni che saranno definite nel prossimo DPCM (sorvoliamo sulla questione, pure rilevante, che questo strumento, su cui nutrono dubbi fior di costituzionalisti, sia oramai diventato strumento legislativo ordinario e a tamburo battente). Il Ministro Boccia, credendo probabilmente di conquistare le prime pagine, sostiene che Gesù Bambino possa nascere tranquillamente due ore prima.
Sarebbe pure divertente, questa incursione del ministro per gli affari regionali, del politico e docente di economia in giacca e cravatta, in una materia solitamente di dominio esclusivo di uomini che in genere indossano invece l’abito talare. Sarebbe divertente se la condizioni non fossero quelle attuali: una pandemia e la riduzione, per scopi di salute pubblica, di cui non si intravvede la fine, delle libertà dei cittadini. Infilare le mani e i piedi persino in una tradizione familiare, in questo frangente, suona stonato. Se il senso era invece cercare un accordo con la CEI per l’orario delle messe la notte di Natale, non vi era nessuna necessità di farne uno slogan che si è rivelato un boomerang. Perché quando un messaggio giunge distorto, di solito si impara durante la prima lezione di comunicazione, la responsabilità è del mittente.
Spesso non si tratta nemmeno di cattiva comunicazione, ma di assenza di cognizione della realtà. La ministra De Micheli è stata chiamata in causa per un altro dossier bollente sul tavolo del governo: la riapertura delle scuole.
L’Italia tricolore o tripartita, gialla arancione e rossa, ha lasciato a casa ovunque alunni e docenti delle scuole superiori, nelle zone rossa anche seconda e terza media. A questo si aggiungono le ordinanze regionali, soprattutto quelle pugliesi, che hanno creato un imbarazzante scarico di responsabilità da chi governa ai governati (le famiglie possono richiedere la Dad anche per fasce di età per cui è prevista la didattica in presenza). In ogni caso, poiché non esistono evidenze scientifiche che i focolai si sviluppino all’interno delle aule scolastiche, da tempo sono sotto accusa i trasporti pubblici.
Ovviamente (ci siamo oramai abituati) durante l’estate nulla è stato fatto per potenziare i trasporti pubblici negli orari di entrata e di uscita da scuola. La battagliera ministra dei trasporti sostiene che aumentare le corse non servirebbe a nulla perché se per ipotesi, invece di due corse tra le 7 e le 7,30, ve ne fossero quattro o sei, gli alunni userebbero le ultime due. Qui siamo di fronte a una teoria impossibile da confutare poiché per farlo avremmo bisogno di precedenti, di evidenze. Tocca dunque dar credito alla sola parola del ministro De Micheli, tramutatosi in Oracolo di Delfi.
Ergo, cosa propone Paola De Micheli? Fare scuola dalle 8 alle 20, compresi il sabato e la domenica. Spalmati su dodici ore e sette giorni settimanali, alunni e docenti non ingolferanno più i trasporti.
Bisogna ammettere: c’è del genio. Possiamo ammettere che la De Micheli non abbia alcuna idea della didattica. Possiamo persino accettare che non conosca le caratteristiche della infrastruttura scolastica. Si può sorvolare sulla ignoranza rispetto ai contratti del personale della scuola, docente e non docente. Ma avanzare una ipotesi di questo tipo significa ignorare la quantità di persone che la scuola, considerata come istituzione, muove (9 milioni di persone, considerando solo gli alunni), il numero di famiglie e la organizzazione delle stesse che essa implica.
Ecco, se questa è la migliore proposta che la Ministra dei Trasporti dell’attuale governo è in grado di offrire, possiamo farne a meno. Della proposta e della ministra, forse pure dell’attuale governo.
Alessandro Porcelluzzi
Se qualche giovinetto …
Se qualche giovinetto ci seguisse,
noi giornalisti intenti a dare conto
di come al meglio andrebbe questo mondo
con qualche idea brillante e meno risse,
giammai la citazione capirebbe …
… oppure forse sì, che ne sappiamo?,
sperduta fra notizie in primo piano,
ne lesse a scuola e la cultura crebbe.
Un dì significò: “Mò ve l’ho detto,
qualcuno l’avrà udita, e quindi resta”,
descrive adesso chi con poca testa
pronuncia una cazzata ed il suo effetto.
Al giovinetto forse interessato
al chiacchiericcio attuale ed al non-senso
consiglio Porcelluzzi e inoltre penso
all’ilare “Intervista all’Avvocato”.
Stavolta la parafrasi è d’obbligo. Noi uomini maturi colti (?) e maturi (?) dovremmo aver sentito almeno una volta citare il verso del Metastasio (Pietro Metastasio, 1698 – 1782): “Vóce del sén fuggita Pòi richiamàr non vale”, per far riferimento “a chi tardi e invano si pente di parole sfuggitegli in un momento di irriflessione” (Treccani.it).
A questa irriflessione allude il titolo di Alessandro … anche se non sarei sicuro del “pentimento” degli incauti odierni per definizione: i politici! Il verso, peraltro, sostiene letteralmente un concetto più circoscritto: la fuoriuscita di parole ascoltate da qualcuno finisce per avere effetti irrimediabili. Mi cito: “Mò ve l’ho detto, qualcuno l’avrà udita, e quindi resta”.
Ma forse il significato ultimo si realizza infine nel disincanto contemporaneo: le parole oramai fuoriuscite non suscitano grandi pentimenti negli incauti, ma neanche grande interesse negli ascoltatori: si perderanno presto nel chiacchiericcio generale, sconfinando addirittura nel non-senso (come l’ormai famigerato “lanciafiamme” di De Luca) …
… o come le parole scherzosamente attribuite da Roberto Roversi (paroliere) e Dalla (compositore ed esecutore) all’ “uomo-FIAT” per definizione, l’Avvocato Gianni Agnelli, in un brano del 1976, che, proprio per la sua sopraggiunta antichità, il nostro ipotetico giovinetto potrebbe non conoscere. “Intervista con l’Avvocato”: https://www.youtube.com/watch?v=Dk86vc2S9yk .
Gianfranco Domizi