Dom. Nov 24th, 2024

In attesa dell’apertura delle scuole e delle prossime elezioni, offriamo ai lettori un repertorio di pensieri futili  “o forse no” di fine estate, riguardanti Flavio Briatore, non come imprenditore e personaggio televisivo, ma come bersaglio dei Social.

Svilupperò il tema a partire dalle sue vicende sanitarie, mentre Gianfranco Domizi, con il suo articolo nella rubrica La Rivoluzione della Specie, si dedica ai discussi rapporti di Briatore col genere femminile.

I fatti, come spesso accade, sono di una banalità sconcertante.

In Sardegna in queste settimane si sono sviluppati numerosi focolai. È sufficiente osservare l’andamento dei contagi nelle altre regioni del Sud per rilevare come sia la Puglia (l’altra grande meta del turismo interno di questi anni) il secondo polo del Coronavirus estivo.

Di questo virus abbiamo capito finora poche cose, perché i virologi si contraddicono tra loro e contraddicono se stessi di settimana in settimana. Ma sicuramente abbiamo compreso, è lapalissiano, che viaggia con noi: ergo più viaggiamo e più contagiamo.

Accade dunque che durante l’estate gli amministratori locali sardi abbiano cercato a più riprese di imporre limiti e divieti per arginare l’esplodere di focolai. Un dubbio, en passant: perché ad esempio non imporre il tampone pre ripartenza?

La vicenda sarda non avrebbe avuto la risonanza nazionale che invece oggi ha, se non ci fosse finito nel mezzo Flavio Briatore. Il suo Billionaire è uno dei locali (ripeto: uno, non l’unico) in cui è stato rilevato un focolaio di Covid-19. I numeri ballano, ma si legge di oltre 60 persone, di sicuro un cameriere in terapia intensiva. E soprattutto, qui il bollettino medico diventa campagna social, anche Flavio Briatore viene ricoverato. Pare per una prostatite, ma in ogni caso deve rimanere in quarantena.

Al nome di Flavio Briatore è partita una valanga di post e commenti sui social. Chi ha parlato di contrappasso, chi esplicitamente gli ha augurato la morte, chi ha visto il Covid come locomotiva lanciata bomba contro l’ingiustizia.

Perché il punto è esattamente questo: la sottile patina del politicamente corretto, della auto-narrazione dei buoni, si incrina immediatamente appena si parli di individui caratterizzati come avversari, nemici.

Flavio Briatore è solo l’ultimo di questi casi.

I tratti di questo imprenditore non lo rendono certamente simpatico. Briatore ha costruito intorno a sé e alle proprie attività l’immagine di un benessere talmente stereotipato ed esibito da essere più prossimo al pacchiano, al trash che al lusso.

I suoi locali in serie (nota: l’unico tentativo fallito, con tanto di polemiche contro i meridionali, proprio in Puglia, nel Salento) con le torme di microvip che li popolano sono la coda nostalgica di una Italia da bere defunta trent’anni fa.

I suoi commenti, superficiali e brutali, tra la taverna e il circolo della vela, sulla politica e sulla società, sull’economia e sul costume, servono solo da contrappeso nei talk-show a quelli altrettanto caricaturali degli intellettuali presunti.

Un personaggio (che della persona, come per chiunque abbia una vita pubblica, nulla conosciamo in realtà) per cui provare quasi tenerezza, a tratti imbarazzo.

Invece, come racconta benissimo Gianfranco Domizi nel suo pezzo su un aspetto specifico (la fidanzata di Briatore), su Briatore si scarica odio.

È quasi superfluo dire che il collettore di odio, di targetizzazione del nemico del momento, di gogna mediatica, anche in questo caso è il Fatto quotidiano, nello specifico Andrea Scanzi.

Lo schema è semplicissimo. Briatore appartiene al target degli untori del momento: da settimane si scarica l’ondata di contagi sulla movida, sui locali, su feste e ritrovi notturni. Chissà se qualcuno ricorda la polemica contro i runner.

Briatore ha un locale in una località molto esclusiva ed è conosciuto al grande pubblico. È ricco e se ne vanta. Ha polemizzato (come centinaia, migliaia di altre persone, più o meno a ragione) sulle dichiarazioni dei virologi, difendendo la propria azienda. E soprattutto: non è giallo-rosé. Viene da altri giri, ha altre simpatie e amicizie, è socio e intimo della Santanché. È dunque perfetto per diventare il bersaglio.

Come in un rito catartico, come in qualche culto esoterico, su di lui si può riversare ogni frustrazione, ogni istinto di violenza e di morte. È vietato odiare, è vietato insultare, è vietato usare, citare i caratteri di una persona (colore della pelle, orientamento sessuale, età, condizioni di salute): tutti questi tabù cadono, a intervalli regolari, quando i santoni lanciano il segnale. È come la valvola della pentola a pressione.

L’odio non sparisce, si accumula.

È sufficiente aspettare che gli stregoni dicano contro chi sia possibile scagliarsi. Fino a gioire della malattia, fino ad augurare la morte. Una volta nei grandi partiti si insegnava un concetto semplice: occorre sempre distinguere tra interessi soggettivi e interessi oggettivi di classe.

Come non si deve rimproverare individualmente l’operaio che, per portare la cena ai propri figli, interrompe uno sciopero, così non ha alcun senso attaccare la persona dell’imprenditore. Le battaglie, quelle in cui elevare il livello dello scontro, sono solo quelle che mutano gli equilibri tra gli interessi oggettivi. E non riguardano, non toccano, non commentano le biografie dei singoli.

Ma questa è nostalgia.

La tendenza di oggi è il travaso di bile a cura di Travaglio e Scanzi.

 

 

Alessandro Porcelluzzi

 

 

 

IL BOUQUET

Quant’è antipatico Flavio Briatore,

è solo un parvenu che gioca a far l’imprenditore,

confonde le ragazze, molesterà le suore,

io quando appare spengo il mio televisore.

 

Quant’è antipatico l’osceno vecchiardo,

che inquina coi suoi vizi il territorio sardo,

ma la pinguedine avanza, non è più quel gran ghepardo,

l’ho visto anche su Chi, e trabocca di lardo.

 

 

Quant’è antipatico chi fa il capitalista,

e gioca un po’ con tutto, poi fa il negazionista,

è l’ora della prostata, che Priapo l’assista,

colpisse ancora il Covid, è il primo della lista.

 

Quanto sta antipatico al popolo rosè,

gli indirizza dei post, anche di Scanzi ce n’è,

si sdegna, condivide, lo associa a Santanchè,

Salvini e Berlusconi ed è completo il bouquet.

 

(IL BOUQUET Opera di Gianfranco Domizi)

 

 

 

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