Dom. Nov 24th, 2024

“Inquietudine” è il titolo di una nota Opera del pittore e scultore Mario Pavesi. “Il cavallo”, collocato in piazza Martiri a Reggiolo di Reggio Emilia, raggiunge le dimensioni di 4,50 m x 2,80 m di altezza. Il messaggio contenuto nell’opera, come asserisce lo stesso Pavesi, ha come destinatario i giovani. Il cavallo è l’animale simbolo che ha aiutato nei secoli passati l’uomo a vivere e a progredire è la metafora del progresso e del dominio sulla natura . L’opera “Inquietudine” è rappresentata appunto da questo animale che, girando il capo all’indietro, ripensa nostalgico ai valori che questa società si è lasciata sfuggire nei secoli. I sentimenti più importanti a cui fa riferimento l’artista, sono la capacità di emozionarsi e quella di amare.

Tutto lineare, quindi. “Cristallino”, potrebbe asserire un comune osservatore un po’ distratto dalla quotidianità, se non fosse che l’arte lascia sempre spazio a soggettive, complesse e controverse interpretazioni.

Uno degli elementi che più ha animato la discussione sull’opera, riguarda la coda dell’animale. Il suo aspetto rigido, con la forma più simile ad una lancia (secondo alcuni a un fallo) che alla parte terminante di un equino, ha fatto sorgere dubbi in merito al reale messaggio subliminale che l’artista voleva inviare. A tale proposito però, Mario Pavesi ha completamente smentito tale analogia.

La coda non ha assolutamente un significato fallico”, ha ripetuto sovente l’artista. Tuttavia, seppur la coda col fallo non abbia nulla a che vedere, la sua rigidità e la forma eretta restano evidenti. Se poi andiamo ad analizzarla contestualmente al resto del corpo, non ci si può esimere dal riconoscere che il cavallo sembra tutt’altro che nostalgico e malinconico, anzi, dalla sua brusca frenata e dalla postura in generale, si evince che l’animale è intento a intraprendere un’iniziativa aggressivo-difensiva, finalizzata al contrattacco.

La natura amica e alleata che si ribella con vigore contro un’umanità ingrata, oltre ad essere un’interpretazione metaforica plausibile, ​mi sembra anche più affine allo spirito creativo e ribelle dell’artista che l’ha concepita.

Vero è che se, da un lato, il cavallo nella simbologia storica è sinonimo di fedeltà, sostegno e progresso, è altrettanto veritiero che quello più memorabile di tutti i tempi è senza ombra di dubbio il cavallo di Troia. Quindi… e… se Mario Pavesi avesse voluto intenzionalmente “regalare” alla comunità di Reggiolo un’opera travestita di “Inquietudine” per farci prendere coscienza che nulla è come sembra, e che a volte dietro un pensiero nostalgico si può nascondere una nefasta profezia? E se fosse proprio l’opera stessa la profezia che annuncia la ribellione della natura umiliata e martoriata dall’uomo che contrattacca impavidamente scagliandosi contto le nuove generazioni? Se l’autore  volesse cautamente spronarci a riflettere sul fatto che stiamo sbagliando tutto e che se non ci fermiamo e ribbelliamo con forza non c’è futuro per nessuno?

Chissà… Non sono in grado di dare adeguate risposte a queste complesse domande. Posso affermare però che l’opera “Inquietudine” di Mario Pavesi, al di là dei messaggi manifesti, nascosti o subliminali, ha raggiunto sicuramente il principale obiettivo che tutti gli artisti di spessore si prefiggono, e cioè quello di sollevare dubbi in merito ai grandi temi che riguardano la nostra esistenza, la consapevolezza della realtà che ci circonda  e il futuro dell’umanità.

Antimo Pappadia

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