“Con questo sole è meglio restare in casa; alla stazione che già da sei ore rosolava sotto il solleone, ci aspettavano le nostre carrozze “
(Tomasi di Lampedusa).
Così si esprimeva il principe di Salina nel Gattopardo, in una Sicilia sotto il solleone.
Eh sì ,perché ci si rosola davvero in questo periodo in cui il sole, secondo lo zodiaco, si trova nel segno del Leone. Una calura estiva che inizia il 23 luglio e dura fino alla prima metà di agosto.
Lo sapevano bene gli antichi romani che nei giorni del solleone sul Colosseo aprivano il velario, un sistema di 80 tende triangolari che permetteva al popolo di seguire le esibizioni dei gladiatori anche nelle ore più calde.
E’ un periodo così “bruciante” per tutti che anche chi ama l’estate nella sua pienezza ne rammenta in seguito gioia e dolori.
Chi come me, ahimè, ha già una certa età non può non ricordare quell’orecchiabile canzone di Edoardo Vianello , un 45 giri del 1965, “Il peperone” che ha accompagnato la nostra “scottata” giovinezza e che recita così:
Da quando tu prendi,
tu prendi il solleone
sei rossa, spellata,
sei come un peperone.
Bagnata dall’acqua,
dall’acqua di sale,
baciata dal vento
che viene dal mare,
accanto alla riva pian piano ti lasci
bruciare dal sol.
Con tutte le creme
massaggi la pelle
ma giorno per giorno
ti riempi di bolle,
le gambe, le braccia,
il naso e le spalle,
ti lasci bruciar.
Erano gli anni in cui bisognava arrossare la pelle al sole, il terrore dei raggi ultravioletti ancora non terrorizzava, anzi essere abbronzatissimi in quegli anni rappresentava lo status symbol di un certo benessere economico raggiunto.
Le spiagge pullulavano di lidi e i bikini erano i costumi più gettonati perché facevano sentire emancipate le giovani donne che esponevano allo sguardo critico, ma nello stesso tempo ammirato, dei maschi gran parte della loro pelle “baciata e bruciata dal sol”.
Volendo accarezzare note poetiche più calde e sensuali , come non ricordare la poesia “Estate” di Ada Negri che ci trasporta in pigre atmosfere dolci, gialle, abbaglianti, roventi :
Nei mesi estivi il solleone
rende i muri così abbaglianti
che a fissarli vien sonno:
tende gialle e rosse
si abbassano sui negozi;
il nastro di cielo
che s’allunga fra due strisce
parallele di tetti
è una lamina di metallo rovente.
Dolce è non far niente,
accucciati sulle pietre roventi,
respirando il caldo.
Voglio terminare questo mio omaggio al Solleone con la poesia del mio amato Trilussa che mi diverte con il suo romanesco, ma mi fa riflettere sulla gioia, sul dolore, sui ricordi. Sulla vita.
Er solleone abbrucia la campagna,
la Cecala rifrigge la canzone
e er Grillo scocciatore l’accompagna.
— È la solita lagna! —
dico fra me: ma poi
penso che pure noi,
chi più chi meno, semo tutti quanti
sonatori ambulanti.
Perché ciavemo tutti in fonno ar core
la cantilena d’un ricordo antico
lasciato da una gioja o da un dolore.
Io, quella mia, me la risento spesso:
ve la potrei ridì… ma nu’ la dico.
Nun faccio er cantastorie de me stesso.
Ed ora non mi resta che augurare un buon Solleone a tutti !
Anna Bruna Gigliotti