“Cada libro, cada tomo que ves, tiene alma. El alma de quien lo escribió, y el alma de quienes lo leyeron y vivieron y soñaron con él.”
E quest’anima si accresce man mano che il libro viene letto da più persone.
Il libro per lo scrittore spagnolo Carlos Ruiz Zafòn, scomparso a 55 anni lo scorso 19 giugno, ha in sé qualcosa di magico, qualcosa che lo trascende, che va oltre il suo corpo cartaceo, la narrazione. Oltre l’intenzione dell’autore stesso.
Come ebbe a dire lo scrittore in una video intervista per Repubblica TV di qualche anno fa, essere scrittore è anche essere feticista del libro. Amare il suo odore, il contatto tattile, le pagine. Tuttavia al di là dell’oggetto, quello che contano sono il linguaggio, l’idea, lo stile, la storia, l’intrigo e come è scritto. Insomma un pezzo di carta può essere bello ma non è letteratura.
Come non trovarsi d’accordo con lui: del proprio libro si ama tutto e quel tutto è un universo in cui lo scrittore muove i suoi passi e traccia percorsi per chi vorrà seguirlo.
Ma il lettore che ripercorre luoghi, vite, emozioni, diventa egli stesso parte di quel mondo immaginario e lo filtra attraverso un suo proprio sentire intimo, esperienziale, emotivo.
Il libro alla fine, pur in apparenza intatto, non sarà più lo stesso. Vive una, due, dieci , migliaia di vite, per quanti occhi avranno scorso le sue pagine. Per quante mani lo abbiano toccato, sfogliato, letto, sentito.
Amo molto questo scrittore, come amo la sua città d’origine, Barcellona, in cui è nato il 25 settembre 1964.
“ Questa città è stregata, lo sai Daniel? Si infila sotto la pelle e ruba l’anima senza che uno se ne accorga”.
Così dice uno dei personaggi del celebre romanzo “L’ombra del vento”, il primo best seller spagnolo della sua generazione ad avere un successo mondiale.
Il romanzo fa parte di una quadrilogia: Il cimitero dei libri dimenticati, Il gioco dell’angelo, Il prigioniero del cielo, Il labirinto degli spiriti. Tutti editi da Mondadori e tradotti da Bruno Arpaia.
E Barcellona diventa lo sfondo di storie a tratti fantastiche, misteriose, con tessiture gotiche e misteriche.
Ed ecco alcuni luoghi di Barcellona che incontriamo, attraversiamo, seguendo guardinghi, come ombre noi stessi, i personaggi :
La chiesa di Santa Maria del Mar dove il protagonista de “ Il gioco dell’angelo” scoprirà il mistero del libro preso dal cimitero dei libri perduti.
El Rey de la Magia, un negozietto in Calle Princesa, dove si vendono carte, cappelli.
Insomma un regno di magie e inganni.
“ Le vetrate della porta lasciavano intravedere a stento i contorni di un interno cupo e rivestito da tendaggi di velluto nero che avvolgevano vetrine con maschere e aggeggi di gusto vittoriano, mazzi di carte truccati […] Il campanello all’entrata annunciò la mia presenza”.
El Xampanyet, uno dei ritrovi più tipici della movida barcellonese, sito in Calle Montcada.
Qui si può gustare un frizzantino bianco accompagnato alle tipiche tapas.
“ Le andrebbe di mandar giù qualche crocchetta di prosciutto e un frizzantino allo Xampanyet, che è qui a due passi, tanto per rifarci la bocca?”.
Così dice Fermin a Daniel in un passo de “L’ombra del vento”.
Sempre nello stesso libro, troviamo Daniel a passeggio davanti a Palau de la Musica e, osservando il gioco misterioso delle sculture, afferma:
“ A volte mi sembrano tanto vicine da poterle toccare con mano, e altre invece, mi sembrano distanti tanto quanto la luna”.
Palazzo Guell, opera geniale di Gaudì, sarà scenario di una notte turbolenta in “ Il gioco dell’angelo”.
La Biblioteca di Catalunya dove David passerà interminabili ore “ accerchiato da tomi che sapevano di sepolcri papali”.
Insomma tanti sono i luoghi riconoscibili perché reali e meta di visita obbligata per tutti gli appassionati lettori di Carlos Ruiz Zafòn, ma anche tanti quelli immaginari, come Il cimitero dei libri dimenticati, ma non introvabili se percorriamo con “altri occhi” i vicoli , le piazze, le strade di questa meravigliosa città.
Ad una domanda sul perché avesse scritto i suoi romanzi a Los Angeles, città dove si era trasferito nel 1993 e dove era impegnato nell’attività di sceneggiatore, lo scrittore ha risposto dicendo che Barcellona è talmente dentro di lui che può scrivere di lei dovunque. Anzi è più facile per lui scrivere in California perché Los Angeles è come una tabula rasa, una lavagna su cui scrivere senza condizionamenti , permettendogli di concentrarsi meglio sul suo lavoro.
Comunque ogni tanto ha sentito la necessità di tornare sul “luogo del delitto”,cioè Barcellona, per ripercorrere i sentieri dell’Anima e far meglio respirare i suoi personaggi.
Voglio terminare questo mio articolo con una sua poesia che suona come un saluto suo a noi, nostro a lui:
Se si tratta di te, io sono felice
È la tua voce che mi tranquillizza.
È il tuo modo di parlare, il tuo modo di chiamarmi,
quel nomignolo che mi riservi.
È il fatto di immaginarti perché non posso vederti.
È dovermi figurare la smorfia della tua bocca.
È che sei tu.
E quando si tratta di te, io non lo so che mi succede.
Per quanto cerco di trattenermi, se si tratta di te, io sono felice
…e che l’ombra del vento ti sia amica, Carlos Luiz!
Anna Bruna Gigliotti