Gio. Nov 21st, 2024
I Lais di Maria di Francia “Marie ai num, si sui de France”. Potrebbe sembrare una parodia del famoso spot televisivo degli anni ’80 “Qui, je suis Catherine Deneuve”, invece è tutto ciò che conosciamo riguardo l’identità e il luogo di origine di Maria di Francia, definitivamente così battezzata da Fauchet nel XVI secolo. Laconiche notizie, certo, ma già molto, se confrontate al panorama letterario in volgare del medioevo, contraddistinto da testi privi di autore, dove l’anonimato è fenomeno di suggestive ipotesi. Quella generica indicazione toponomastica serve ad indicare una diversità geografica, linguistica e ambientale fra la condizione di partenza della scrittrice e quella di arrivo. La produzione di Maria – di lei conosciamo tre Opere, I Lais, Le Fables e L’Espurgatoire – va collocata nel XII secolo, sotto il segno anglonormanno; la materia dei Lais, le citazioni della Bretagna insulare, la conoscenza della lingua inglese, rivelano la frequentazione della cerchia letteraria sviluppatasi alla corte di Enrico II Plantageneto. Logico che la scrittrice, non essendo più nella sua terra di nascita, sia portata a dire di esservi nata. Ma chi era in realtà Maria di Francia? Molte sono state le ipotesi sulla sua misteriosa identità: Maria contessa di Champagne, figlia di Luigi VII ed Eleonora d’Aquitania; Maria, sorellastra di Enrico II e badessa di Shaftesbury; Maria, badessa di Reading; Maria, figlia del conte normanno Galeran de Meulan e infine Maria, sorella di Thomas Bechet e badessa del monastero di Barking. Addirittura ci sono state audaci illazioni in cui viene negata a Maria un’identità femminile, ipotesi che non fa breccia nel mio personale modo di vivere gli scritti di questa autrice; Maria è una donna colta, saggia, che vive e scrive alla corte di Enrico, il sovrano che darà un’impronta decisiva alla rinascenza del XII secolo, dando vita a quella che si considera la prima monarchia moderna, con una corte di dignitari, eruditi, giullari, istrioni che assunse una fisionomia sempre più mondana. Tutto ciò ben si confà a chi, come Maria di Francia, sperimenta la difficile fusione fra il messaggio cristiano e l’amor cortese, una duplicità che viene spartita fra l’opera di ispirazione religiosa L’Espurgatoire e l’opera mondana I Lais, dove Maria si assume il compito di presentare una norma poetica tentando di conciliare frivole materie terrene con il messaggio che superi la pura e semplice etica d’amore, e la sua formula “cortese” è vincente. I Lais, fino ad allora brevi racconti tramandati oralmente e destinati a svanire dalle memorie, rappresentano e inaugurano un genere nuovo e moderno, sono la risposta disinvolta all’esigenza di comunicare il proprio sapere ed acquistare il privilegio per sé e per la propria opera dell’immortalità. A lungo è stato discusso l’origine della parola lai (laid in antico irlandese), di radice celtica che disignava originariamente non tanto un racconto quanto una melodia, una canzone. Quale avventura dunque sta alla base del lai e quanta parte gioca l’invenzione nella stesura scritta? Non spetta a noi ingabbiarci in analisi troppo acute, a noi spetta il piacere di godere della bellezza, della vaghezza, del mistero, dell’effetto “nebbia degli anni” che i Lais di Maria di Francia ci regalano, partendo proprio dall’introduzione con cui la scrittrice stessa, prendendoci per mano, ci guida nel suo fantastico mondo: Chi ha avuto in dono da Dio la sapienza e l’arte del parlare non deve tacere né nascondersi, ma volentieri rivelarsi. Quando una grande virtù è molto ascoltata, allora subito comincia a fiorire, e quando è lodata da molto, allora i suoi fiori sbocciano. … Chi vuole difendersi dall’errore deve studiare e applicarsi ad iniziare una gravosa impresa: così può allontanarsi dal male ed evitare un grande dolore. …Perciò ho cominciato a pensare di scrivere qualche bella storia, mi vennero in mente i lais, che avevo ascoltato. … In cuor mio pensavo e dicevo, di offrirli a voi. Se vi piacerà accettarli, grande felicità mi darete, ne sarò lieta per sempre. Non consideratemi troppo ardita se oso farvi questo dono.
Roberta Borgianni

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