L’analfabetismo funzionale è l’incapacità cognitiva cronica di utilizzare in modo congruo le informazioni che abbiamo a disposizione. Pertanto risulta che l’analfabeta funzionale ha una visione della vita limitata, miope o distorta.
La definizione analfabetismo funzionale fu introdotta dall’UNESCO nel 1984 dalla necessità di creare uno standard che andasse oltre l’alfabetizzazione base stabilita nel 1958, che si limitava solo alle capacità di leggere e scrivere.
Molto è stato stilato e detto in merito a questa tematica e i dati che sono stati estrapolati dai vari istituti di ricerca sono veramente preoccupanti. Se ne è parlato così tanto che oggi tutti più o meno hanno la consapevolezza che un’elevata parte della popolazione sia affetta da analfabetismo funzionale. Il problema però, è che ognuno di noi è persuaso del fatto che la questione riguardi sempre gli altri e mai se stesso.
Molte persone sono convinte che un’ampia parte della collettività non abbia la capacità di comprendere la complessità della società in cui viviamo, che non abbia gli strumenti analitici per esaminare informazioni che quotidianamente ci giungono e che non sappia decodificare un libro, un articolo di giornale o un discorso di un leader. Il punto però resta quello a cui ho fatto accenno poc’anzi, e cioè che quasi tutti (per non dire tutti tranne eccezione) sono certi che l’oblio funzionale sia una maledizione da cui “gli altri” devono al più presto essere liberati, mentre noi, dall’alto della nostra conoscenza, abbiamo il dovere etico e l’obbligo ontologico di illuminarli, renderli consapevoli, istruirli. E’ sempre l’altro ad essere analfabeta, complottista, negazionista, fannullone, ignorante, incompetente e perché no, anche cretino, stupido, incapace e perfino sottosviluppato.
Finanche quando davanti all’evidenza prendiamo consapevolezza che eravamo noi ad aver mal interpretato un dato oggettivo, diciamo che la colpa è sempre dell’altro e affermiamo perentoriamente che o per sinistre premeditazioni o a causa di una conclamata incompetenza, qualcuno ha fatto sì che quell’informazione fosse poco chiara o ambigua. Ma torniamo al nucleo della questione che stavamo analizzando: come si fa a distinguere chi ha una visione diversa dalla nostra dall’analfabeta funzionale conclamato? Ma se io non riesco a comprendere le ragioni dell’altro e l’altro le mie, chi dei due è analfabeta funzionale? Lo siamo forse entrambi?
E’ probabile! L’incapacità di non comprendere le ragioni dell’altro e/o la mancanza di una visione ampia di un dato oggettivo, rappresenta lo zoccolo duro dell’analfabetismo funzionale. Secondo il mio modesto parere, quanto più neghiamo le ragioni che muovono le concezioni altrui, tanto più il nostro analfabetismo funzionale è radicato.
Come ho già descritto in altri articoli, K. Popper diceva che la verità per essere tale deve avere due indissolubili caratteristiche: deve essere indispensabile e universale. Se io ad esempio, smetto di respirare, muoio, e questo vale per tutti indistintamente. Ciò che non è universale e non è indispensabile per ogni essere umano, non appartiene ad una verità oggettiva e rientra nel campo delle opinioni. A tale proposito, già nel secolo precedente a Popper, F. Nietzsche aveva detto che i “fatti non esistono, esistono solo interpretazioni.”
Pertanto, dopo essermi scusato per aver scomodato a favore di questa causa personaggi del calibro di Nietzsche e Popper, mi sentirei di suggerire che, prima di accusare di incapacità funzionale il prossimo, forse, qualche riflessione sarebbe d’obbligo. Ogni dato oggettivo ha sempre qualche elemento di indiscutibilità, ma come abbiamo visto la sua interpretazione può essere influenzata dal vissuto personale e sociale, dalla condizione economica, dall’età che si ha, dalla cultura che si possiede e da altre infinità di varianti, ed è qui che deve entrare in gioco la nostra competenza funzionale.
La consapevolezza di non poter mai essere completamente obiettivi e porci nei confronti dell’altro con un approccio ermeneutico (come direbbe H. G. Gadamer) è sicuramente il primo passo da fare ed è ciò che distingue l’analfabeta funzionale da una persona intellettualmente competente. La mancanza di volontà nel voler comprendere le ragioni altrui, oltre ad essere una palese espressione del nostro analfabetismo funzionale, ha anche un’altra terribile conseguenza, quella di spingere il singolo, o in caso di dinamiche sociali, parte della collettività, ad inasprirsi. Chi si sente solo e biasimato tende a perdere aderenza con la realtà e questo metterebbe a rischio i soggetti o gruppi di persone più vulnerabili a maturare interpretazioni radicali incoerenti, che possono sfociare nell’irreale se non nel vero e proprio delirio.
Oggi, la supponenza intellettuale, l’incapacità di comprendere le ragioni degli altri, la presunzione della propria superiorità dottrinale rispetto a ideologie diverse, stanno creando nella collettività una vera e propria frammentazione ideologica e sociale che se non viene arginata, rischia di creare una “epidemia di aggressività” che sicuramente non ci condurrà verso quei valori in cui abbiamo sempre creduto e cercato di affermare.
Antimo Pappadia