Il distanziamento sociale e le pratiche restrittive imposte dal COVID19 ci stanno facendo comprendere il valore che realmente assume, nella nostra vita, il mondo relazionale, con la rete di rapporti familiari, amicali, di colleganza, vicinato, ecc.
Le situazioni che ci rendono emotivamente più fragili riattivano in noi il bisogno primario del contatto, quel gratificante intreccio sensoriale di odore, suono, tatto, che ci ha accolti quando siamo venuti al mondo, rimanendo il primo antidoto ad ogni stato di timore o insicurezza, per tutto il corso della nostra crescita in seno alla famiglia. Essere tenuti in braccio, accarezzati, baciati, abbracciati, coccolati, è un’esperienza fortemente consolatoria, e rinunciare a questi aspetti sensoriali della nostra vita significa rinunciare a una parte del nostro cosmo. Ecco perché la drammatica circostanza che stiamo vivendo rivela quali sono realmente i limiti e le fragilità della relazionalità dematerializzata del mondo virtuale che, per quanto si stia rivelando un’ancora di salvezza, consentendoci di mantenere i contatti con il mondo esterno e con le persone della nostra vita, ci priva proprio di quegli aspetti di cui, specialmente in questo momento, avremmo maggiormente bisogno. Contrariamente a quanto si possa pensare, la deprivazione sociale non crea disagio soltanto perché provoca malinconia, nostalgia, o senso di solitudine. In una specie di esseri sociali, come è quella umana, il valore della vita sociale investe molti altri aspetti. Per comprendere meglio, prendiamo in prestito la scala dei bisogni di Maslow, che indica e definisce molto bene, individuandone anche una disposizione gerarchica, quali sono quei bisogni che l’essere umano deve soddisfare per vivere pienamente la sua vita. Maslow identifica e propone una sorta di piramide in cui, al primo posto, inserisce i bisogni fisiologici, legati alla sopravvivenza, come fame, sete, sonno, termoregolazione, respirazione, sesso, omeostasi, calore e riparo, riposo, movimento. Il nostro istinto di autoconservazione ci spinge a dover soddisfare questi bisogni prima di qualunque altro. Immediatamente dopo vengono i bisogni di sicurezza: buono stato di salute, sicurezza fisica e protezione, tranquillità e prevedibilità, assenza di ansie e preoccupazioni, stabilità familiare e occupazionale, certezza morale. Seguono i bisogni di appartenenza, di affetto e di amore, che richiedono, per essere soddisfatti, di appartenere ad un nucleo familiare, avere rapporti di amicizia, relazioni sentimentali e intimità sessuale, essere amati e amare, riconoscersi parte di un gruppo dove poter sperimentare partecipazione e cooperazione, condividere e comunicare, essere un elemento della comunità. Ai bisogni di appartenenza fanno seguito quelli di stima: fiducia, rispetto, approvazione, riconoscimento, apprezzamento, sono elementi fondamentali affinché si possano sviluppare, in un individuo, autostima e autocontrollo. I bisogni di appartenenza conducono a quelli di autorealizzazione, vale a dire all’esigenza di strutturare una propria identità, alla conquista di un ruolo sociale, all’opportunità di sfruttare facoltà fisiche e mentali, esprimere creatività, moralità, libertà e autonomia, sperimentare senso di accettazione e assenza di pregiudizi. Seguono il bisogno di estetica e conoscenza, che sono quelli più elevati e per questo i più sacrificabili, ma rappresentano quelle caratteristiche specifiche dell’essere umano che lo contraddistinguono dalle altre specie e ne sublimano l’esistenza, uniti ai bisogni spirituali, che si esprimono nella ricerca del significato delle cose, della vita e della realtà, nel desiderio di ordine, pace, armonia e bellezza.
La gerarchia di questi bisogni non indica una divisione netta degli uni dagli altri, ma soltanto la primarietà, in base alla quale la soddisfazione dei bisogni più elementari è la condizione per fare emergere i bisogni di ordine superiore. Alla base della piramide ci sono i bisogni essenziali alla sopravvivenza mentre salendo verso il vertice si incontrano i bisogni più immateriali. E’ importante sottolineare che, mentre i bisogni fondamentali, una volta soddisfatti tendono a non ripresentarsi, quelli sociali e relazionali tendono a rimanere sempre vivi e attivi, ed anzi a rafforzarsi, in vista del raggiungimento di obiettivi sempre più ambiziosi. Per questa ragione, nella vita relazionale, affettiva, lavorativa e sociale, non si giunge mai ad uno stato di completa soddisfazione, cosa che determina quella spinta motivazionale verso il bisogno di evolvere, crescere e migliorare. Nella condizione di deprivazione sociale e carenza di stimoli in cui siamo costretti a vivere a causa della pandemia, molti di questi bisogni non trovano risposte adeguate, e questo incide, in forme e misure differenti, sulla nostra integrità psicofisica, provocando rallentamenti e regressioni in vari aspetti della nostra personalità. La mancanza di tutti quegli stimoli esterni provenienti dal contatto con la natura, con contesti vitali e abitativi differenti dal nostro, può arrivare ad indebolire il nostro sistema cognitivo, incidendo su capacità di memoria, attenzione, concentrazione. I bisogni fisiologici riescono, più o meno, ad essere soddisfatti. Qualche problema si verifica, in alcuni casi, nel campo della sessualità, che non può essere vissuta appieno e in maniera gratificante, non consentendo un regolare riequilibrarsi delle energie libidiche che influenzano il sistema nervoso e l’umore. Anche l’assenza o la riduzione di movimento penalizza l’organismo sia sul piano fisico che mentale. Come la mancanza di divertimento inteso come possibilità di condividere avventure ed emozioni con i nostri simili. La nostra sicurezza deve fare i conti con l’imprevedibilità di una nuova realtà, con le ansie e le paure derivanti dal rischio di malattia, con le preoccupazioni economiche e lavorative che generano grande incertezza per il futuro. La frustrazione dei bisogni di appartenenza e di affetto, che riescono ad essere solo parzialmente soddisfatti, destabilizza l’equilibrio del nostro mondo emotivo, privandoci di quelle emozioni e sensazioni che generalmente lo alimentano. Autostima e fiducia in sé stessi vengono minate dalla carenza di contatti sociali e professionali, che priva di quegli aspetti di riconoscimento, stima e considerazione, che ci fanno sentire importanti e produttivi. Si indebolisce, così, l’autopercezione di valore, forza, capacità e adeguatezza, poiché definiamo noi stessi anche attraverso ciò che realizziamo con gli altri, e al rimando che ne traiamo. L’autorealizzazione è un bisogno che si consegue attraverso un cammino continuo e costante che necessita, per essere soddisfatto, della possibilità di esprimere al meglio il proprio potenziale.
Ecco perché quello che stiamo vivendo può diventare estremamente frustrante, andando ben oltre gli effetti immediatamente percepibili. E divenirne consapevoli è il primo passo per trovare soluzioni che possano arginare gli effetti, ma soprattutto per comprendere il vero valore delle cose ed imparare a ridimensionare e ricollocare tanti aspetti della nostra vita.
Nunzia Manzo