Un uomo credeva di essere morto, e nessuno riusciva a convincerlo del contrario. Fu mandato da un famoso specialista, il quale gli chiese: “I morti sanguinano?”, e l’uomo rispose: “No, certamente”.
L’illustre clinico allora gli ferì leggermente il braccio con un bisturi, e il braccio si mise a sanguinare. “Fantastico!” esclamò l’uomo: “Non credevo che i morti potessero sanguinare!” (F.D’Agostini, Logica in pratica. Esercizi per la filosofia e il ragionamento comune).
Dovremmo cominciare a preoccuparci di non finire come l’uomo del racconto. Di fronte a una serie di prove (non solo una, come invece capita al nostro protagonista e alla sua derealizzazione) che tutta una serie di convinzioni è esplosa a causa del (in una certa misura, e con la dovuta prudenza, anche: grazie al) Coronavirus, la politica potrebbe imboccare la strada di un aggiustamento delle convinzioni precedenti. Accomodare, invece che elidere. Rimodulare invece che sostituire.
Il risultato collettivo di questa gigantesca operazione di autoillusione sarebbe ritrovarsi matti oltre che ammaccati dagli effetti economici, sanitari, sociali del Coronavirus. Occorre dunque mettere in fila gli errori e gli orrori di queste settimane.
Ad esempio il ministro Speranza che assicurava che il nostro sistema sanitario nazionale fosse in grado di reggere egregiamente all’ondata. Salvo poi scoprire la mancanza di mascherine, la penuria di posti letto in lunga degenza, ospedali a decine di km da dove servono, interi reparti divenuti focolai per mancanza di protezione, protocolli, ordini assurdi, circolari ministeriali contradditorie tra loro e via discorrendo.
O il Sindaco di Milano Sala, che mentre la sua regione diventava caso mondiale, lanciava video e campagne per dire che Milano non si ferma, Milano rimane aperta, credendo che il virus fosse arrestato dall’ottimismo e dalla produttività. E ancora il segretario del PD Zingaretti che si faceva fotografare in pieno aperitivo, salvo poi risultare positivo al Coronavirus (ieri ha fatto sapere di essere guarito).
Non se la cava meglio l’opposizione, con Salvini che è passato, nel giro di pochi giorni, dalla chiusura delle frontiere al chiedere di tenere Milano aperta al chiudere tutto come nulla fosse. Sui Presidenti di Regione, da Fontana a Zaia, da Emiliano a Santelli, meglio stendere un velo pietoso, perché si è raggiunto il punto più basso della storia della politica dell’Italia repubblicana.
E le bozze di decreto, anticipate con ore o giorni di anticipo in dirette del Presidente del Consiglio, a singhiozzo, un po’ alla volta, a piccole dosi. E il balletto dei numeri, i morti per con su per tra fra Coronavirus, le mascherine che prima non servono, poi servono, il virus che prima si trasmette solo con le “goccioline” poi invece resiste sugli oggetti, e i “non so”, “non sono un esperto”, ogni sera alle 18.
Nel frattempo, fuori dai nostri confini, Orban chiede e ottiene pieni poteri e funziona benissimo come arma di distrazione per i nostri democratici a giorni alterni. Perché in realtà Orban è Orban non da oggi.
Perché la fragilità delle democrazie al di là della fu cortina di ferro è cosa nota e non da oggi. Perché, ancora, forse dovremmo preoccuparci, il giusto, anche della nostra di democrazia. Che è, o dovrebbe essere, un po’ più solida, matura, temprata. E invece andiamo avanti a Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri senza batter ciglio.
Anzi: tutti (si fa per dire: la stampa di regime) a spellarsi le mani per la statura appena scoperta di Giuseppe Conte. Il Parlamento e le forze politiche, anche quelle di opposizione, spingono ancora più in là la tendenza al proprio svuotamento. Fondamentalmente per coprire il vuoto di idee.
Nessuno rappresenta, nessuno ha nemmeno idea di come si possa rappresentare, l’Italia che da questa esperienza uscirà in ginocchio.
I lavoratori precari, dai contratti a termine alle finte partite Iva, ne usciranno dissanguati e indebitati, oltre che senza lavoro. Ogni giorno che passa si allunga la lista dei bar, dei negozi, delle attività artigianali che non riapriranno più. È di oggi la notizia di tantissimi lavoratori aeroportuali lasciati a casa. Molte imprese ristruttureranno così i propri debiti.
Non c’è una forza politica, non esiste una forza sociale che possa caricarsi oggi la rappresentanza di questi che possiamo già chiamare (per assonanza con gli sconfitti della globalizzazione) “sconfitti del Coronavirus”. Non facciamo l’errore del paziente dell’aneddoto. Se sanguiniamo vuol dire che siamo ancora vivi.
Alessandro Porcelluzzi
CARO AMICO TI SCRIVO …
(come sempre su “Lintelligente”)
Ma di che ti lamenti, Alessandro?
Negare l’evidenza è una scienza,
occorre disciplina, occorre volontà,
di due Giuseppi faranno un solo santo,
poi tutti in ginocchio in posizione d’obbedienza,
cappelle separate e anche Salvini pregherà.
Non ho le mascherine, uso lo scafandro,
la spesa al Conad un’erotica incombenza,
i pensionati alle poste invocano pietà;
e chi lavorava, e ne faceva un vanto
(“Non mi disturbi, deve avere pazienza”),
oggi è un povero stronzo, che non sa cosa farà …
… se rischiare il virus in una zona rossa,
per fare l’eroe in cambio di un rimborso,
se starsene a casa al primo colpo di tosse,
o andare allegramente ad infestare la città.
“L’anno che verrà?, io mi sto preparando:
a negare come tutti il sentimento di realtà.
Sai che ti dico?, è fastidiosa l’evidenza,
ma di che ti lamenti? … caro amico Alessandro.
( Opera di Gianfranco Domizi)