Il duro desiderio di durare si è trasferito dalla poesia d’amore alla politica.
Questi giorni di pandemia svelano, come una improvvisa radura illuminata, l’unica pulsione che anima la nostra intera classe politica.
Sarebbe persino divertente, se ciò non avvenisse in un momento di paura.
Occorre mettere in fila parole e atteggiamenti di tutti i livelli istituzionali.
Quando questa epidemia era agli esordi hanno provato a sminuire, a ridimensionare: anche se era noto all’intero pianeta da dove fosse partita, si sono lanciati (Presidente della Repubblica in testa) nella difesa della comunità cinese, assolutamente legittima per carità, presenziando però a eventi o presentandosi in luoghi affollati.
Il riflesso condizionato antirazzista di certa opinione pubblica ha esultato, probabilmente il virus altrettanto.
Accade poi per caso, si fa per dire, che le due regioni con i maggiori scambi commerciali con il mondo comincino a presentare un numero di casi crescenti.
E siccome appunto i nostri politici tutti sono guidati solo e soltanto dal duro desiderio di durare, è partita la battaglia dei soldatini.
Il Presidente del Consiglio appare decine di volte in TV: prima rassicura, poi ridimensiona, poi si dichiara fiducioso, poi ancora attacca i due Presidenti di Regione di Lombardia e Veneto.
In tutto questo anche la stampa passa dal negare il problema a seminare il panico, per poi scrivere articoli sulle cause del panico.
A chi viola la quarantena, a chi esce dalla zona rossa, poco più di 200 euro di multa. Ché siamo pieni di sceriffi e manettari normalmente: ma quando si tratta di attentare alla salute pubblica una pacca sulla spalla e andiamo avanti.
Fontana, il presidente della Lombardia, gira un video in cui si infila la mascherina e annuncia che si metterà in auto-quarantena perché una sua collaboratrice risulta positiva al tampone: un trattato di psicologia in due minuti di video pro panico. Invece il Sindaco di Milano, cioè la città capoluogo della Lombardia, lancia un altro video in cui si regalano perle sulla città che riapre, resiste, produce, paga, pretende: uno spritz al giorno toglie il coronavirus di torno.
Merita speciale menzione la chicca di Zaia, il presidente del Veneto: i Veneti e gli Italiani vinceranno il virus perché sono ossessionati dalla igiene personale e degli alimenti, mentre i Cinesi li abbiamo visti tutti mangiare topi vivi. Che, oltre a essere una battuta inqualificabile, è tecnicamente impossibile: anche il mio gatto, prima di addentarli, ai topi dava il colpo di grazia.
Non che al Sud con i governatori ci vada meglio.
Emiliano qui in Puglia ha prima detto che il coronavirus non sarebbe arrivato, e infatti ha permesso un evento da decina di migliaia di persone con il Papa. Ovviamente ha attaccato i Presidenti di Veneto e Lombardia, perché alla serena collaborazione ci tiene assai. Poi al primo caso accertato ha detto che avevano previsto tutto. E in queste ore si attribuisce ogni iniziativa (anche e soprattutto quelle che non spettano alla Regione). Abbiamo Hulk contro il Corona qui, bella sfida.
Per non parlare di governi di unità nazionale, di compromessi fobici, invocati ora da Salvini ora da Renzi.
Per fortuna in queste ore i nostri giornali (e pare anche gli organi preposti ai controlli) hanno deciso di ridurre il flusso di notizie.
Il Coronavirus ha paura del silenzio evidentemente. E soprattutto si teme che il cittadino metta in fila le scoperte di questi giorni:
1) durante le emergenze, solo un servizio sanitario pubblico ed efficiente ci può salvare (e invece in dieci anni i posti letto per lunghe degenze sono diminuiti del 80%);
2) durante le emergenze le baggianate su regionalismo, autonomia differenziata, federalismo spinto e autonomie locali (che accomunano praticamente tutte le forze politiche in circolazione) si sgonfiano come soufflé;
3) infermieri e specialisti della salute vari li puoi definire angeli e missionari per un paio di giorni, poi ti tocca riconoscere che sono dipendenti pubblici, con competenze vitali, sottopagati e trattati da anni come palle al piede;
4) le Sardine, in tempi di Coronavirus, vanno da Maria De Filippi a parlare di omofobia, immigrazione e riscaldamento globale.
Ok, lo so, l’ultima c’entra nulla.
Devo essere stato contagiato anche io, dalle boiate dei nostri politici.
Alessandro Porcelluzzi
Rispondo all’amico e collega coi miei dodecasillabi riguardanti l’altrettanto dura necessità di resistere. Nonostante tutto.
Al Coronavirus, alle boiate dei politici e a quelle dell’opinione pubblica.
A proposito: grande flessione nelle vendite della Birra Corona (quella roba dolciastra, orrore di tutti i consumatori di Peroni).
Gli italiani, nella loro infinita saggezza, evidentemente si fidano della scaramanzia, assai più che dei politici.
Gianfranco Domizi
MESSAGGI REMOTI
L’altrettanto dura necessità di resistere
Cos’è il casatiello, com’era il sartù,
ricorderò a stento le cose importanti,
però non adesso, ci sono i cantanti,
reperti consunti d’un vecchio Sanremo.
Ricordo la storia di Romolo e Remo,
nessuno ricorda i misfatti dell’Isis,
qualcuno proclama: “Peggiore è la crisi!”,
ma tutto è già vecchio, sei vecchio anche tu.
Gridando stronzate, vi piaccio di più,
funziona alla grande la vecchia risorsa,
è roba innocente, non turba la Borsa,
resisto nel mondo in un quadro d’insieme.
Per fare il simpatico elaboro un meme,
la vita è anche questo: io gioco, tu menti,
riprendono il volo le stelle cadenti,
le tette calanti ritornano su.
Convegni a Codogno in memoria del virus,
ne parla la stampa da Mantova a Lodi,
ritorna a Bibbiano la banda di Foti,
ritenta Schettino l’inchino in tutù.
E’ tutto di nuovo cattiva tivvù,
con Silvio, Dudù e l’egizie nipoti …
… vorrei tramandarvi messaggi remoti,
ma quando incomincio è finita la biro.
L’immagine che accompagna articolo e poesia è tratta da “Alan Ford”, di Magnus & Bunker: fuori inquadratura, parla il Numero Uno, capo dalla biografia infinita, e pertanto autentico emblema della durata quasi illimitata, o quantomeno esagerata.